Ala pura, concreta, efficace e modo di giocare esteticamente super. Dribbling, tiro, velocità e cross, il giusto mix delle qualità che dovrebbero caratterizzare un esterno micidiale. Questo e moltro altro è stato Francesco Moriero, ex centrocampista che veste la maglia nerazzurra per tre stagioni (1997-1998,1998-1999 e 1999-2000), conquistando la Coppa Uefa nella finale di Parigi contro la Lazio al termine della prima annata. Nel libro delle giocate leggendarie rimarrà per sempre la sua rovesciata contro il Neuchatel Xamax, uno degli ostacoli superati dall'Inter di Simoni nel cammino verso il grande epilogo francese.
Arriva a Milano dopo una trattativa particolare: triennio con la maglia della Roma e rebus di mercato nel maggio del 1997. In questo periodo raggiunge l'accordo con il Milan, ma dopo solo due mesi arriva alll'Inter nell'ambito di uno scambio con André Cruz, brasiliano ex difensore che in rossonero non raccoglie grande fortuna, e che a propria volta aveva già firmato un pre-accordo con i nerazzurri. Alla fine Moriero approda alla corte di Moratti ("Per me lui rappresenterà l'Inter per sempre"), con il presidente che paga la simbolica cifra di un milione di lire per il cartellino. Dopo un'ottima prima stagione e le due successive che lo frenano per qualche problema fisico di troppo, nell'estate del 2000 si trasferisce al Napoli.
Indimenticabile numero 17 ( e 7 poi), l'attuale allenatore si racconta in questa intervista esclusiva con FcInterNews, ripercorrendo la propria avventura nella Milano nerazzurra e considerando un'attualità che vede un'Inter da work in progress, che da poco ha cambiato tecnico ("Mazzarri ottimo, ma con Mancini si tornerà al top") e conquistato un pareggio in un derby particolare ("Brutta gara, ma atteggiamento positivo"). In questa bella chiacchierata non può mancare anche un passo a ritroso nel tempo, 'applaudendo' un certo Ronaldo ("Il numero uno al mondo") e rievocando l'esultanza che proprio lo stesso Moriero e il Fenomeno resero famosa: quella dello 'sciuscià'.
L'attualità della Milano calcistica parla di due squadre con alcune difficoltà, e il derby di domenica sera lo ha confermato. Che considerazioni porta questo match?
"Non è stata una bella partita. Milan e Inter avrebbero potuto, e dovuto, dare di più. Se c'era una squadra con più scusanti quella era sicuramente quella nerazzurra, perché il recente cambio-tecnico porta schemi nuovi e idee tattiche differenti. E per assimilare tutto alla perfezione ci vuole del tempo. Per Mancini era difficile fare di più in così pochi giorni. Però ho visto una squadra viva, anche se il Milan ha avuto più di un'occasione per vincere. Gli episodi hanno detto no ai rossoneri, con l'occasione di El Shaarawy e quella di Poli nel finale, ma è stato importante constatare l'atteggiamento dell'Inter: molto positivo, con tanti uomini reattivi sin da subito. Non è stato un match spettacolare, ma il derby insegna proprio questo: a volte l'estetica viene a mancare. Ma è normale in questo tipo di sfide".
Via Mazzarri, ecco Mancini. Ti aspettavi un cambio così repentino, considerando il blasone (e lo stipendio) del tecnico jesino?
"Negli ultimi anni l'Inter non aveva abituato a questo tipo di cambiamenti. Forse l'ultimo anno che ricordo come 'travagliato' è proprio il nostro nel 1998-1999, con quattro allenatori cambiati. Comunque l'Inter ha risposto con un allenatore importantissimo, che conosce il calcio italiano. Le dinamiche dell'esonero di Mazzarri fanno pensare che la società voglia tornare a grandi livelli nel breve tempo. Credo sia normale che, in assenza di gioco e risultati, sia l'allenatore a pagare. Ormai noi tecnici siamo abituati. Mazzarri non è riuscito a imporsi, per vari motivi, e Mancini è il profilo ideale. È andato via un allenatore bravo, ma quello che è arrivato lo è ancora di più".
Un giocatore 'alla Moriero' avrebbe fatto comodo a Mazzarri?
"Non saprei, credo che sarebbe stato difficile collocare un giocatore con le mie caratteristiche nel suo modulo. Perché io ero un'ala pura, un giocatore offensivo e il calcio di oggi è totalmente cambiato. La mia Inter aggrediva sempre e pressava altissima. Ho provato a fare l'esterno basso, ma avevo solo 17 anni, nell'Inter di Mazzarri avrei fatto fatica. Il tecnico toscano ha insegnato tantissimo a noi allenatori italiani, e lo reputo uno dei più preparati a livello tattico nel nostro campionato. Se non il migliore".
Abbiamo sfiorato il periodo in cui hai vestito la maglia nerazzurra. Hai giocato a Milano per tre anni vivendo situazioni differenti tra loro. Come ricordi l'esperienza all'Inter?
"Positivi, assolutamente. Solo chi ha vissuto una realtà del genere può comprendere fino in fondo cosa vuol dire essere parte della famiglia interista. C'era Moratti, tantissimi campioni, tutti umili e uniti per creare e sviluppare un progetto vincente. Anche se poi non andò proprio così. Avevamo il numero uno al mondo (Ronaldo, ndr) e ci divertivamo tantissimo in campo".
Recentemente il tuo ex tecnico Simoni è tornato sul fattore arbitrale che, durante quel periodo, probabilmente ha inciso in modo significativo circa l'esito finale del campionato. Considerando il tornado che ha creato anni dopo Calciopoli, avevate il sentore che qualcosa c'era già?
"Noi pensavamo di vincere sempre, sapendo che la Juventus era molto forte e che difficilmente concedeva qualcosa. Batterli era un'impresa, ma considerando quello che successe dopo è normale che uno ci rimane male. Probabilmente, senza quel 'meccanismo', avremmo avuto la possibilità di dar maggiori soddisfazioni ai tifosi rispetto a quello che raccogliemmo effettivamente in quegli anni. Magari avremmo conquistato uno o due scudetti in più. In ogni caso resta grande il rammarico".
Ecco per te una fotografia che immortala Moriero che 'lustra' lo scarpino a Ronaldo. Quali emozioni ti crea rivedendo questa scena?
"Mi viene in mente la finale di Coppa Uefa del '98, quella vinta a Parigi contro la Lazio e tutti i momenti passati insieme a Ronie e a tutti gli altri miei compagni. Proverò sempre tantissimo affetto nei confronti dei nostri tifosi, della società e dell'intera famiglia nerazzurra".
Tornando all'attualità, in veste di allenatore dove interverresti per migliorare la rosa di Mancini in vista di gennaio? Cerci sarebbe la soluzione ideale?
"Cerci è un giocatore importantissimo e farebbe comodo a qualsiasi squadra in Italia. Inter compresa. Penso che Mancini abbia già parlato con la società per costruire una squadra a propria immagine e somiglianza, per cercare di tornare alle vittorie che un club come l'Inter meriterebbe. Sicuramente cercheranno giocatori in grado di lottare per il massimo".
Il terzo posto è obiettivo utopico o reale?
"Credo che si possa raggiungere, ma prima si dovranno raggiungere degli equilibri che ancora mancano. Oltre a una certa continuità di risultati, ma il campionato è ancora lungo e il tempo è dalla parte del Mancio. L'Inter può e deve fare meglio, la società deve tornare a dettar legge ovunque. Adesso c'è un allenatore ideale".
Recentemente Moratti ha lasciato la carica di presidente onorario del club, pur mantenendo la propria quota societaria. Quanto perde l'Inter avendo una figura di questo livello in 'seconda fila'?
"Inter vuol dire Moratti, è stato il mio presidente e lo rimarrà per sempre. Quando rilascia le interviste dimostra sempre il proprio 'essere interista' e, senza nulla togliere all'attuale presidente, mi piacerebbe rivederlo al comando per guidare i propri ragazzi. Con un Moratti in 'seconda fila' l'Inter perde tantissimo a livello di immagine, ha fatto tantissimi acquisti e conquistato numerosi trofei. Adesso servirà molto tempo a Thohir per costruire una creatura come quella di Moratti".
I tifosi ti ricordano con tanto affetto, che messaggio senti di mandar loro?
"Li saluto con molto affetto, e poi il tifoso interista non mi ha mai fatto mancare il suo supporto. In ogni parte d'Italia mi ringraziano sempre, mi scrivono su Facebook, mi salutano e continuano ad amarmi. Questo mi fa enormemente piacere, perché vuol dire che ho lasciato un buon ricordo, sia come giocatore che come persona. Il mio messaggio per loro è questo: 'Teniamo duro e insieme torneremo la grande squadra che ha dettato legge ovunque e contro chiunque'".
Gli ultimi sviluppi della tua carriera non ti hanno particolarmente sorriso (addio al Catanzaro, esonerato dal presidente Cosentino, ndr). Cosa riserverà il futuro per il Moriero allenatore?
"Ormai sono sette anni che faccio questo lavoro, ho acquisito tanta esperienza e ho imparato una cosa: purtroppo nel calcio di oggi c'è questa 'moda' di attribuire all'allenatore ogni colpa. Sono stato esonerato dopo aver perso un match al 97', avendo solamente cinque punti di ritardo dalla prima in classifica con una squadra in ottima forma. Non basta più il lavoro, la passione e l'abnegazione. Conta solo il risultato, credo che il calcio italiano debba farsi un esame di coscienza se vuole tornare a essere l'esempio che era un tempo. Oggi c'è solo tanta fretta di vincere, ma senza avere alla base un progetto chiaro con idee precise".
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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