Non solo Simone Inzaghi, nella lunga intervista concessa ai microfoni di Tuttomercatoweb Andrea Ranocchia, ex difensore dell'Inter, ha parlato di tutti gli allenatori avuti nella sua esperienza in nerazzurro.

CONTE - "Il suo addio? Non so cosa sia successo in quei giorni. Non lo sa nessuno al di fuori della società e dello stesso Conte. Non l'ho voluto nemmeno chiedere, sono rapporti personali e decisioni personali. E poi ognuno pensa al proprio futuro. Per me è stato un allenatore fondamentale. Cosa ci ha dato in più Conte rispetto a ciò che già vi aveva dato Spalletti? Mentalità, disciplina, modo di intendere l'allenamento, modo di intendere la partita. Lui cura l'aspetto del calciatore a 360°, ha riassestato un po' l'ambiente con la sua modalità e con lui s'è portato avanti un percorso vincente. La storia dell'Inter negli ultimi 12 anni è stata un po' strana. Siamo passati dall'era Moratti che aveva vinto tutto, poi Thohir e poi Suning. Quando ci sono questi cambiamenti per ridare stabilità all'ambiente ci vuole tempo. Ma nel calcio non hai tempo: hai una settimana, il tempo che passa da una partita all'altra. Spalletti ha messo il primo tassello della nuova Inter: è stato fondamentale. E' un allenatore forte, che forma giocatori e forma un ambiente. Però quelli erano anni in cui dovevi sfidare una Juventus che era tra le migliori al mondo e tu sei alle prese con un nuovo percorso: fai fatica. Però è Spalletti che ci ha riportato in Champions e anche a livello economico, di blasone, s'è cominciato a ricostruire. Poi è arrivato Conte che ha aggiunto la sua disciplina, il suo modo di ragionare. E quello è personale. Non dico che lui sia l'unico in grado di vincere all'Inter, però in quel momento è stato bravo a mettere tutti i tasselli nel modo giusto per arrivare allo Scudetto. In quel momento lì la sua mentalità ha fatto crescere tutti, dalla società all'allenatore passando per chi ruota attorno alla squadra. Adesso l'Inter è una società strutturata, di altissimo livello e secondo me è solo questione di tempo prima di tornare a vincere. Potevamo rivincere già lo scorso anno, non c'è riuscito per poco. Abbiamo avuto un black-out tra febbraio e marzo e lì ci siamo un po' bruciati. Non tanto nelle ultime quattro giornate come dicono, è più a gennaio/febbraio che abbiamo faticato. Quest'anno invece il Napoli ha fatto un campionato a parte: ha mentalità, vince, ha talenti. E' più un merito del Napoli questo campionato, ha creato un vuoto. Ci sono anche demeriti delle avversarie, certo, ma Spalletti ha fatto un grande lavoro".

SPALLETTI - "Non è stato apprezzato abbastanza il suo lavoro. Lui mette le basi. E' difficile che una squadra da un anno all'altro prima arriva settima e poi vince lo Scudetto. Il Napoli è stato costruito negli anni, arriva sempre lì: secondo, terzo, secondo, poi terzo... E quest'anno sta facendo meglio. Ma sì, all'Inter il lavoro di Spalletti è stato molto sottovalutato. La gestione del caso Icardi? Molto difficile. La verità è che non avrei voluto essere nei suoi panni. Però è stato bravo, ha raggiunto l'obiettivo di arrivare tra le prime quattro. Con un'ultima partita particolare, piena di emozioni, ma anche lì alla fine ce l'abbiamo fatta. Conte è stato più bravo a pretendere alcuni acquisti? Questi allenatori sono quelli che hanno uno storico importante, di vittorie e di trofei. Quando hanno avuto i primi colloqui con Conte a mio avviso si erano già chiariti su molti aspetti. Lui veniva da anni in cui aveva allenato e vinto con la Juve, era un simbolo della Juve e a quel punto se accetti l'Inter non puoi sbagliare neanche una virgola. Prima di accettare un incarico così credo abbiano messo nero su bianco i vari movimenti da fare. Immagino sia così per tutti i grandi allenatore: Guardiola, Klopp o Ancelotti prima di firmare con un club immagino pretendano determinate garanzie. Probabilmente anche Spalletti vincendo il campionato e diventando un allenatore vincente alla prossima squadra che allenerà chiederà garanzie diverse e più importanti. E a quel punto può davvero pretenderle. Funziona così per i grandi allenatori come per i top player".

PIOLI - "Lo scorso anno gli ho scritto, gli ho fatto i complimenti. L'ho avuto per pochi mesi ma lui è un allenatore bravo, che crea gruppo e ha uno staff molto buono. Vincere il campionato è difficile, chiunque lo vinca e chiunque l'abbia vinto in passato è perché se l'è meritato. Vincere un campionato è davvero difficile perché in un anno subentrano tantissime cose: non è fortuna, non c'entra la decisione arbitrale. Chi vince il campionato è perché lo merita e lui è stato bravo a creare questo feeling con la squadra. Lo scorso anno si vedeva che aveva creato questo rapporto di compattezza con la squadra, si percepiva. Come quest'anno si vede il feeling tra Spalletti e la sua squadra. Poi c'è da mettere comunque la sua crescita come allenatore, quando parliamo di Pioli all'Inter parliamo del 2016..."

DE BOER - "A me non piace parlare male delle persone. Un allenatore che non conosce in alcun modo il calcio italiano fa fatica e lui non conosceva in alcun modo il calcio italiano. Non conosceva calciatori, non conosceva nulla. La lingua è stata un problema grande, se non riesci a trasmettere con le parole i tuoi messaggi alla squadra fai fatica, si parlano due lingue diverse. E poi era un periodo di grande confusione all'Inter: ti dico la verità, io il suo periodo all'Inter nemmeno lo ricordo troppo bene... Sarà stato con noi due mesi".

MANCINI E DI NUOVO SPALLETTI - "Quando è arrivato ho giocato, poi siamo ripartiti nella stagione successiva non più e quindi col passare delle settimane ho iniziato a valutare soluzioni diverse. Ma io col Mancio mi sono trovato bene, ti dico la verità... E' stata anche una bella esperienza essere allenato da lui perché poi è un allenatore vincente e quando arrivano allenatori di quel calibro lì comunque ti danno qualcosa. Poi c'è l'allenatore con cui crei più o meno feeling, ma quella per me è stata semplicemente una scelta tecnica. Lì per lì ti rode, vuoi giocare. Ma oggi posso dire che mi ha allenato il ct della Nazionale. Ci siamo scambiati qualche messaggio, ma non c'è mai stata la possibilità di rientrare in Nazionale, quello no. Per giocare in Nazionale devi giocare bene e tanto, io negli ultimi anni giocavo sempre 15-16-17 partite a stagione. Per vestire la maglia dell'Italia non bastano. I sei mesi in Inghilterra mi hanno un po' aperto gli occhi, mi hanno fatto capire che c'è anche un altro modo di vivere e intendere il calcio. Quella è stata una bellissima esperienza. Quando sono tornato dall'Hull City non sapevo se sarei rimasto o meno, era appena arrivato Spalletti. Dopo un po' Luciano mi dice: 'Guarda che io sono contento se rimani, mi dai una mano'. S'è creato subito un bel rapporto personale: lo sento ancora due-tre volte al mese, ci scriviamo. Il rapporto umano è molto importante per me, più di quella professionale. Perché poi ho sempre pensato che, una volta smesso, quei rapporti sarebbero rimasti. E oggi è così, vuol dire che qualcosa di buono l'hai dimostrato, Ma non a giocare perché a giocare in Serie A sono tutti bravi, dico a livello umano. Il calcio è un ambiente difficile e io nella mia carriera ho sempre privilegiato i rapporti personali. Dopo quel discorso sono andato a parlare con la società. Anche loro erano contenti della mia eventuale permanenza e quindi a quel punto sono rimasto. Poi dopo s'è istaurato un altro tipo di rapporto, perché ci tenevo a vincere con l'Inter. E dopo Spalletti è arrivato Conte, erano tanti anni che glielo dicevo e alla fine è davvero arrivato. Poi vinci il campionato e quando vinci ci stai bene, anche se non giochi 40 partite. Col gruppo stavo benissimo, l'ambiente era ideale e la mia famiglia stava bene a Milano. C'era la possibilità di vincere trofei e a quel punto non mi è più venuto in mente di andare via. Quando sei in una grande squadra anche se vinci sei sempre soggetto a critiche. L'Inter per tanti anni ha fatto fatica, le critiche erano normali. E poi con l'era social s'è ampliato tutto a tutti i livelli. Però a me è andata diversamente e ancora oggi quando torno allo stadio mi salutano, mi fanno i cori. Questo per me vale più di 50 Scudetti... Ripeto: l'aspetto umano è fondamentale perché poi la vita è lunga. A 35 anni finisce la parte sportiva, ma poi ne hai molti di più per tutto il resto".

LEONARDO - "Arrivo all'Inter e Benitez era stato cacciato tre giorni prima. Con Leo mi sono trovato bene, subito. Una brava persona. Come allenatore è bravo però percepivo che non era tanto quello che voleva fare. E infatti dopo poco ha cambiato".

GASPERINI E GLI ALTRI - "Era difficile per quel gruppo capire Gasperini. Arriva ma anche lì, ti dico la verità: sono stati anni molto frenetici e vivevamo tutto così, molto velocemente. Alla giornata. In quel periodo giocavo. La continuità l'ho trovata con Mazzarri come con Stramaccioni, anche con Gasp giocavo, ma era difficile, anche perché ogni volta cambiare allenatore, strategia e metodologia di lavoro non è facile. Far bene in quegli anni era difficilissimo. E al contrario negli ultimi anni ho rivisto nell'Inter una grande programmazione. Anche gli allenatori che sono arrivati: Spalletti, Conte e Inzaghi hanno sempre dato la sensazione di stabilità". 

Sezione: Copertina / Data: Mer 22 marzo 2023 alle 13:23
Autore: Raffaele Caruso
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