Stretta alle corde per quarantacinque minuti, l’Inter ha sofferto. E ha reagito, costruendo una vittoria importantissima su di un campo complicato in cui il Brescia ha mostrato ottimi spunti e ha costretto la squadra di Conte a soffrire per strappare i tre punti. Forse la grandissima azione di Lukaku metterà una volta e per sempre in pace tutti: Big Rom ha gli spunti del fuoriclasse, sta entrando nel prime della sua carriera. Ma contro il Sassuolo, il Parma e al Rigamonti di Brescia si è visto perché è necessario questo tipo di 9, all’Inter di oggi. Che fa manbassa, in trasferta: 5 vittorie su 5, prima volta nella storia in cui l’Inter segna nelle prime tredici partite della stagione. Effetto Conte, questo è certo. Per trovare il meglio in una serata complicata. 

PRESSIONE - Il Brescia ha giocato un’ottima partita e ha meritato di più di finire la gara a mani vuote. A volte la differenza fra recuperare il risultato e fuggire con il pieno della refurtiva la fanno i campioni: è il caso di Lukaku, come si diceva poc’anzi. Ma anche di Diego Godin, un giocatore che si sta reinventando e che convive con il fatto di dover far gli straordinari giocando di fatto ogni due giorni: con lui a destra, la GDS torna difficilmente perforabile (il gol subito, di fatto, è un autogol) ed è proprio lo Sceriffo ad alzare la voce nel secondo tempo, chiamando alla concentrazione i compagni e scuotendoli dal torpore della stanchezza che ha attanagliato l’Inter soprattutto dopo il gol dell’1-2. 

DISCONNESSI - L’Inter ha sofferto molto l’ampiezza del Brescia che grazie a un insolito schieramento a tre è riuscito a portare pressione e a togliere spazi alla manovra interista: Sabelli era in costante proiezione offensiva e di fatto ha tolto dalla partita Asamoah, rimasto timido per tutta la gara, fino alla sostituzione. Candreva aveva più spazio e in un primo momento sembrava potesse spadroneggiare, anche perché Corini predicava prudenza e ha tenuto volontariamente la squadra molto bassa: rotto l’incantesimo grazie al gol di Lautaro, i padroni di casa sono usciti e hanno cominciato a tartassare di giocate la difesa dell’Inter che è sembrata come un pugile che ha finito le forze al tredicesimo round e caracolla per il ring, cercando di far passare il tempo della ripresa senza subire colpi letali. Con la lucida follia di chi sa che la vittoria è un gioco di attimi, è arrivato Lukaku a sferrare il jab vincente che ha portato a Milano i tre punti. Senza una gestione tranquilla, ma con una grande applicazione mentale.

DIMENSIONI - La scorsa stagione, a questo punto del campionato Lautaro aveva fatto registrare un gol in una manciata di presenze. Sotto l’egida di Antonio Conte, Martinez ha fatto registrare sette gol di cui due, pesantissimi, in Champions League: il Toro è un progetto di grandissimo giocatore e l’ha dimostrato ancora una volta, correndo a perdifiato e abbinando alla sua garra una qualità indispensabile per legare il gioco e alternarsi nei movimenti con Lukaku. Nelle ultime sei gare, fanno sei gol: il modo migliore per scrollarsi di dosso le polemiche contro la Sampdoria e focalizzarsi sui prossimi obiettivi. Conte è stato bravo perché tutti sanno quanto creda in Lukaku, ma è riuscito a infondere lo stesso tipo di fiducia anche in Lautaro. Magari i due non si cercheranno dopo i gol, ma il modo in cui ha cominciato a sostituire discrezionalmente le due punte, unito a una serie di attenzioni e richieste particolari per le sue punte di diamante, fanno sì che Lukaku e Lautaro possano continuare a conoscersi e cercarsi in campo; nel frattempo, fanno il bene dei compagni e segnano gol pesantissimi. 

VIDEO - ALLA SCOPERTA DI... - REINIER JESUS, LE MANI DELL'INTER SUL NUOVO FENOMENO BRASILIANO

Sezione: Copertina / Data: Mer 30 ottobre 2019 alle 08:15
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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