Grinta, sofferenza e cuore. L’Inter doma uno splendido Genoa e scava una voragine tra lei e le inseguitrici del campionato.
Il Genoa parte benissimo. Linee di passaggio chiare e nette, ricerca continua dell’uomo vicino in possesso e rigorosamente palla a terra. Trame veloci e corse incontro al compagno per offrire lo scarico. Gli uomini di Gilardino vengono a Milano con le idee ben chiare e uno schema tattico speculare a quello interista, ma più dinamico, almeno in avvio. I quinti sono sempre alti e costringono Dumfries e Dimarco a una fase difensiva perenne, per almeno 20 minuti. Si forma una gabbia sulla trequarti, preparata benissimo dall’allenatore dei liguri, con 4 genoani a presidiare la zona di Asllani, Barella e Mkhitaryan, non permettendo un’uscita pulita della palla. Gudmundsson svaria su tutto il fronte d’attacco e si muove di continuo senza dare punti di riferimento. Viene a prendere palla a destra e sinistra e si abbassa a impostare sulla linea dei centrocampisti. Quando si abbassa lui è Messias che si alza andando a occupare la posizione vicino a Retegui, riferimento davanti. Quando i difensori dell’Inter sono in possesso palla, a turno lo stesso numero 10 ex Milan e l’altra mezzala Frendrup escono forte e vanno a schermare la propria trequarti insieme a Retegui e Gudmundsson. Quando una delle due ali o l’attaccante chiama la pressione forte, anche i quinti Sabelli e Martin escono. L’atteggiamento del Genoa è propositivo e aggressivo. Il giro palla è di qualità grazie ai tempi di Badelj, che distribuisce a destra e sinistra trovano sempre l’uomo libero vicino.
L’Inter nella prima parte del primo tempo è frastornata dall’atteggiamento genoano, gagliardo senza palla e intelligente con il possesso, e non può far altro che abbassare il baricentro e difendersi ordinatamente. Asllani, come successo contro l’Atalanta, ci mette un po’ a entrare in partita e liberarsi dalla gabbia genoana. Lo stesso vale per Miki e Barella, che dopo un avvio compassato, riescono a trovare spazi alle spalle dei centrocampisti rossoblù grazie anche al terzetto difensivo Pavard-De Vrij-Carlos Augusto che alza il baricentro e con traccianti veloci e precisi supera la diga genoana creata apposta sulla trequarti per schermare le linee di passaggio. Asllani alza il raggio d’azione e non viene solo a ricevere palla basso, ma comincia a compiere corse in avanti per allungare la squadra e creare i presupposti per delle azioni d’attacco. Le fasce non sono coinvolte con frequenza. Dimarco e Dumfries non riescono a essere liberati per le loro corse sul fondo con e senza palla, e invece stazionano sempre nella zona centrale del campo, perché il Genoa non è solo bravo a creare densità in mezzo, ma anche sulle fasce, grazie ai raddoppi dei braccetti Vasquez e De Winter che non stanno mai statici e schiacciati in difesa, ma corrono sempre in avanti attivamente, aiutando i quinti. Entrambe le catene funzionano molto bene.
Nella seconda parte del primo tempo è l’Inter che prende il pallino del gioco e riesce a creare azioni pericolose, grazie anche all’intraprendenza di Sanchez che prende il compito di abbassarsi, offrire un appoggio ai centrocampisti, e far viaggiare la palla con velocità sulla tre quarti. È la sua posizione ibrida dietro Badelj ma non attaccato a Bani a creare i maggiori problemi al Genoa Nel secondo tempo è ancora il Genoa a fare la partita, alzando ancor di più i giri del motore e la qualità del palleggio. Gli ingressi di Spence e Vitinha danno quell’elettricità e imprevedibilità che era mancata nel primo tempo. Gudmundsson con la sua qualità si abbassa da mezzala e insieme a Strootman cuce il gioco e fa partire le azioni d’attacco, chiedendo uno-due e buttandosi nello spazio tra de Vrij e Pavard, che comincia a soffrirlo. Il Genoa attacca bene, rigorosamente palla a terra e con pochissimi cambi di gioco, ma con transizioni veloci. L’Inter difende compatta anche se rischia qualcosa perché si abbassa troppo a ridosso dell’area di rigore, specialmente nella parte centrale del secondo tempo. L’entrata di Bisseck e Arnautovic ridà quel vigore e quella fisicità in difesa e attacco che era mancata, con un Lautaro non in serata e un Pavard stanco e continuamente stressato da quella parte. Barella invece nel secondo tempo, visto la difficoltà dei suoi, alza i giri e sale in cattedra, con una prestazione di quantità degna del migliore centrocampista box to box in circolazione. Con un numero 23 un secondo prima in attacco a destra a supporto di Arnautovic e un secondo dopo in difesa a raddoppiare, i nerazzurri non si disuniscono e riescono a soffrire senza subire il gol del pari. 3 punti d’oro che lanciano Thuram e compagni verso la seconda stella.
Riccardo Despali
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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