Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Alfred Joseph Duncan racconta il gol al Milan e, in generale, la sua storia. Ecco qualche passaggio della chiacchierata dell'ex Primavera interista.

Primavera dell’Inter. Racconta Stramaccioni: «Alfred era il boss del convitto di Interello. Mbaye in allenamento faceva entrate da Coppa d’Africa su tutti ma con lui niente, non si permetteva».
"È vero, Mbaye mi chiamava “capo”. Vivevamo tutti insieme a Interello e, quando gli altri facevano casino in salotto, io li facevo stare in silenzio. Siamo ancora amici". 

Come si arriva da un collegio di Cape Coast all’Italia?
"Un amico di mio zio ha detto che potevo venire a giocare qui, mi aveva visto giocare in strada. La mia famiglia però voleva farmi studiare e io volevo diventare un giornalista, magari di politica o economia. Abbiamo provato ed è andata bene: mi ha preso subito l’Inter".

C’è una storia su quel provino: in campo due giovani africani, Chibsah con le scarpe rosse, Duncan con le scarpe bianche, l’Inter sceglie il ragazzo con le scarpe bianche. Erano due giocatori di Serie A.
"È vero, ho fatto il provino con Chibsah e praticamente l’Inter è stata la mia prima squadra. Fino a 12 anni giocavo nel mio collegio contro altre scuole, poi quasi solo calcio di strada. Però Ausilio quel giorno ha detto: “Lui lo tengo”. Ricordo ancora i primi giorni nella mia famiglia italiana: mai avuto un freddo così". 

E il razzismo, è un problema? A leggere l’ultimo tweet, una polemica contro un insulto da ignoranti, sembrerebbe di sì.
"Sì, è un problema e io ne voglio parlare il meno possibile. Secondo me più ne parli, più aumenta. In strada ovviamente non succede, in campo e sui social sì". 

È una tattica, insultare per provocare un avversario, oppure cattiveria?
"Un po’ e un po’". 

 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Ven 11 marzo 2016 alle 11:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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