Chiunque abbia giocato a calcio – ma penso valga per qualsiasi sport di squadra e persino nelle sfide individuali – sa perfettamente che gli insulti e le provocazioni sono all’ordine al del giorno. Non è giusto. Non dovrebbe esserlo. Ma è e sarà sempre così. Io stesso, nella mia dilettantistica carriera dai pulcini sino all’Under 21 – che per me è equiparabile all’aver vinto Scudetti e Champions League – rispondevo sempre agli avversari che provavano ad intimorirmi. E anzi, se dopo essere stato beccato, riuscivo pure a segnare allora esultavo con i miei compagni, con il pubblico amico e successivamente lanciavo il mio sguardo di sfida al difensore avversario che non era riuscito ad evitare un nostro gol, magari aggiungendo qualche frasetta provocatoria.

Attenzione però: mai e poi mai mi sarei permesso di offendere qualcuno per colore della pelle o classe sociale. Semplicemente perché i razzisti mi fanno schifo. Siamo tutti uguali, anche se purtroppo nella storia dell’umanità in troppi hanno provato a far credere che non fosse così. Discorso diverso il rispondere a tono alle minacce e alle ingiurie irripetibili ricevute. Non ero mai il primo ad offendere. Mai. E anzi, ritenevo che chi provasse a prendermi di mira lo facesse solo ed esclusivamente perché avesse paura – sportivamente parlando – di me e della squadra in cui militavo. E fondamentalmente credo che tale timore sia passato nella testa di Ibra contro l’Inter nel Derby di Milano. Con la differenza che le frasi dello svedese sono vergognose, da bullo di quartiere. Equiparabili, o forse peggiori, a chi si permette di dargli dello zingaro solo per le sue origini. Per me – e qui faccio un discorso generale - anche se non sei razzista, ma ti esprimi con frasi che rimandano a quel tipo di insulti, devi vergognarti. Non può valere tutto. E non devono essere tollerate invettive che comprendono diverse sfaccettature di trash talking.

Tutto è da stigmatizzare totalmente, a prescindere dal calciatore e dalla squadra in cui militi (anche Lukaku ha sbagliato perché non doveva reagire. Ma il suo comportamento - seppure non di certo esemplare - rappresenta al meglio una reazione umana ad una cattiveria ricevuta). Quello offusca i giudizi. Anche se ripensando a quanto successo nel Derby di Coppa Italia trovo una spiegazione piuttosto semplice su quanto successo. Ibrahimovic dopo aver visto per l’ennesima volta che il Capitano del Milan, Romagnoli - quello tanto osannato da parte della critica rossonera, ma che in realtà non ha mai dimostrato ancora di valere tali elogi – non riusciva a tenere Lukaku, ha voluto colpire sul personale Romelu. Conscio della forza del 9 nerazzurro. E di quella dell’Inter. Nonostante la classifica di Serie A, dove il Milan, per il momento è primo con merito tutti i milanisti, tifosi e addetti ai lavori, sanno perfettamente che i rivali cittadini sono semplicemente più forti. E non lo sopportano. Rosicano e si difendono come possono. Per questo poi fanno finta di nulla (non tutti per fortuna) sui 27 tiri a 4 (di cui 1 nello specchio) della partita, sostengono che il rigore di Barella non ci fosse e danno la colpa della sconfitta solo al rosso dello svedese. Punti di vista differenti. Come chi reputa chiusa la questione con le scuse di Ibra ai compagni di squadra. Scemo io che pensavo dovesse rivolgerle al bomber nerazzurro.

Tant’è. Passiamo ad altri discorsi. Quello di mercato. Qualora Dzeko dovesse arrivare in nerazzurro (è difficile) Conte avrebbe quel puntero tanto agognato in tutte le sessioni di mercato da quando è approdato a Milano. Sinceramente però non bolliamo Sanchez come un giocatore minore, perché non è così. Anzi. Il cileno, oltre ad essere più giovane, particolare non poco, quando scende in campo ed è in condizione può davvero fare la differenza. Contro tutti. Certo, si infortuna spesso e non ha continuità. Ma i dubbi sull’ex United sono di natura fisica, non tecnica. Attendiamo aggiornamenti…

VIDEO - NERAZZURLI - "FINALMENTE ERIKSEN", ESPLOSIONE DA DERBY PER TRAMONTANA

Sezione: Editoriale / Data: Ven 29 gennaio 2021 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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