Radja Nainggolan parla a 'Sportweek' e nella chiacchierata con il settimanale della Gazzetta dello Sport non possono mancare alcuni riferimenti all'esperienza nerazzurra. Il belga, peraltro, al Cagliari è in prestito, visto che il suo cartellino è ancora di proprietà dell'Inter.

Guerriero, gigante… Soprannomi che sono motivo di orgoglio o di fastidio?
"Se la gente mi apprezza vuol dire che qualcosa di buono ho fatto,qualche ricordo ho lasciato. Sì, sentirmi definire in un certo modo è motivo di orgoglio".

In cosa ti consideri un gigante?
"Io posso solo dire di aver sempre fatto quello che andava fatto, in campo ho sempre dato il massimo. Il mio stile di gioco ha fatto il resto. La forza, la voglia, potrei dire la rabbia che metto in partita spingono le persone a vedermi come un gigante".

E da dove arriva l’energia che trasferisci in partita?
"A me non ha regalato niente nessuno. Ho avuto un’infanzia difficile, mia madre ha tirato su me e mia sorella da sola. Giocare in una certa maniera è stato uno sfogo e il modo per far capire che non mi accontento mai".

Oggi, dopo la scoperta del tumore al seno che ha colpito tua moglie Claudia, ti sei scoperto ancora più forte?
"Io sono sempre lo stesso. È un momento particolare, difficile. Claudia è forte, ha grande coraggio, sta cercando di camuffare al meglio le sue emozioni, sta seguendole cure alla perfezione, in casa, soprattutto con le bambine, si sforza di essere quella di sempre. Ogni tanto ci sono discussioni perché per una donna la perdita dei capelli è uno dei momenti peggiori durante la malattia. Se sono tornato a Cagliari è anche per lei. Qui ha i genitori, le amiche, i luoghi cari. In questo modo riesce ad affrontare meglio la situazione".

Cosa vuol dire esperienza?
"Ho giocato alla Roma e all’Inter: squadre che hanno l’ambizione di vincere, con giocatori forti, carismatici e dai caratteri diversi. L’esperienza che mi sono fatto in quei club, con compagni di un certo tipo, mi aiuta a tenere unito un gruppo come questo del Cagliari, dove l’ambiente societario e di squadra è meno complesso e più familiare. Sappiamo che l’obiettivo è la salvezza, ma il gruppo è sano e motivato. E con questi presupposti è facile andare oltre".

E a gennaio, quando tornerai a San Siro per affrontare l’Inter, quale accoglienza ti aspetti dai tifosi?
"All’Inter, all’inizio sono stato fischiato. Anche giustamente, perché parlavo sempre di Roma e della Roma. Ma la gente non capisce una cosa: io non sono uno che ci tiene a essere amico dei tifosi. Credo che il tifoso debba sostenere la squadra, e non il giocatore. Ho sempre pensato che l’essere diventato un beniamino a Cagliari e Roma fosse il frutto del mio impegno rivolto alla squadra. Insomma, dopo quattro anni e mezzo di Roma era chiaro che nei confronti della mia ex squadra sentissi un attaccamento che non riuscivo a provare verso la nuova. Non me la sentivo, appena arrivato, di baciare la maglia dell’Inter. Chi lo fa per compiacere i tifosi ha poca personalità. Sarebbe come conoscere una ragazza e dirle subito: tu sei l’amore della mia vita. Non esiste".

Quindi?
"Quindi, appena sbarcato a Milano, dissi che il dispiacere di aver lasciato la Roma era più forte della gioia di essere all’Inter. Non potevo essere innamorato di una società in cui ero da un giorno. I tifosi non la presero bene. Poi conobbi alcuni di loro, gli spiegai il senso delle mie parole e capirono. Se dovessi giocare tre, quattro stagioni nell’Inter, probabilmente direi le stesse cose che ho detto della Roma. Ma non oggi".

In estate, andando via, hai dichiarato: “Conte mi stimava,la sua è stata una scelta extracalcistica”. Quante volte il Radja uomo ha fregato il Nainggolan calciatore?
"Io sono quello che sono, ho sempre vissuto allo stesso modo. Il mio errore è stato ripetere a trent’anni gli stessi errori commessi a venticinque. Dovevo essere più intelligente. Ma cerco di vivere come una persona normale. Nainggolan calciatore nasce dalla felicità del Radja uomo".

Hai detto pure: “Mi sarebbe piaciuto essere allenato da Conte”.
"Per ciò che ho visto nel mese in cui abbiamo lavorato insieme, penso che avrei potuto dargli qualcosa. Ci fece capire subito il modo e lo spirito con cui dovevamo giocare. E riuscire a trasmettere alla squadra le proprie idee in così poco tempo è prerogativa solo dei grandi".

Il calcio ti piace come il primo giorno?
"Quando calpesto l’erba sono felice, mi sento giovane e mi diverto. Fuori, mi sono accorto che nei grandi club vedi cose troppo strane".

In che senso?
"Succedono cose che non potrebbero succedere mai a Cagliari, per esempio. Un posto piccolo dove non ci sono segreti. Altrove ho visto tanta falsità. Dagli spogliatoi escono notizie che non dovrebbero mai uscire. Una volta, a Roma, ebbi una mezza discussione con Manolas, una cazzata, eppure il giorno dopo era su tutti i giornali. All’Inter uguale. Anche adesso, come fa a venire fuori che nell’intervallo di una partita Lukaku e Brozovic si mettono le mani addosso?".

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Sezione: Copertina / Data: Sab 26 ottobre 2019 alle 08:45 / Fonte: Sportweek
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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