E i bambini? Perché nessuno pensa mai ai bambini? Quante volte questa frase ha fatto capolino nelle nostre case a seguito d’immagini scabrose e scene che scuotono gli animi di coloro che vi assistono? In un weekend come quello appena trascorso, tuttavia, la domanda che è balenata nella testa di molti, soprattutto di coloro che si sono mostrati contrari alla sospensione della giornata di campionato, è stata: Perché nessuno pensa mai ai tifosi?

Sia chiaro, la morte di Piermario Morosini ha sconvolto a tal punto l’intero mondo del pallone, che ogni tipologia di discussione, riguardante la decisione presa dalla Federazione di rinviare l’intera giornata calcistica nazionale, sembra veramente superflua. È stato giusto, infatti, fermarsi quantomeno a riflettere sulla pericolosità di determinate situazioni e sulle condizioni del sistema sanitario sportivo italiano che possono e che devono essere migliorate.

Che cosa c’entrano quindi i tifosi? Il teatrino messo in atto in sede di Consiglio di Lega, in merito alla decisione sulla data del recupero della giornata, ha palesato ancora una volta come (sfruttando le parole del DS giallorosso Franco Baldini) i dirigenti della Serie A riescano “ogni volta a dimostrare quello che sono: persone che anche nelle situazioni più tragiche non riescono a non cadere nel ridicolo”. Con Zamparini, Agnelli e Cellino a spingere per uno slittamento, con Galliani, Baldini e Ghirardi astenuti per indifferenza in merito alla decisione, è toccato al Direttore Generale dell’Inter, Ernesto Paolillo, spalleggiato dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, farsi carico del “fardello tifoserie”.

Già perché in questa sceneggiata coloro che ancora una volta si sono sentiti “presi in giro” dal circo mediatico della Serie A sono proprio i tifosi. In pochi, tranne l’Inter a quanto pare, hanno pensato che un eventuale slittamento avrebbe avuto delle ripercussioni non tanto a livello di vantaggi in campionato, bensì a livello organizzativo per tutti quei tifosi che, per seguire la propria squadra del cuore, hanno prenotato biglietti, alberghi e viaggi con settimane e forse mesi di anticipo. L’Inter, questa volta, si è schierata apertamente dalla parte dei tifosi, vincendo una battaglia che riavvicina il pubblico ad una società che qualche mancanza in questa stagione l’aveva pur dimostrata.

Si è quindi chiuso nella giornata di ieri, con i funerali di Piermario Morosini, uno dei weekend più brutti della storia del calcio italiano. Di tutti i messaggi di cordoglio per gli affetti del giovane calciatore bergamasco quello che meno è rimasto negli annali è sicuramente quello di Sulley Muntari. Da ex compagni di squadra, il centrocampista Ghanese ha preferito ricordare il suo rapporto con Morosini all’interno di un’intervista carica di odio e di rancore verso i colori della sua ex squadra: l’Inter.

Marco Branca ha sicuramente commesso degli errori sul mercato nelle ultime due stagioni e, a livello dirigenziale, è a lui che si imputa la cacciata del rimpianto Gabriele Oriali. Ciononostante l’attacco diretto e senza giri di parole dell’ex nerazzurro è sembrato non solo fuori luogo, ma, in ogni caso, privo di riscontri logici.

Muntari parla di sé stesso come un professionista serio, che aveva “smesso” i panni del bad boy per vestire quelli del perfetto giocatore, eppure, di lui, il popolo interista si ricorda l’ultima sfuriata con Leonardo che ha portato all’ultima cessione in prestito al Sunderland, si ricorda del doppio giallo in 30 secondi nella partita contro il Catania e delle infinite ammonizioni che ogni partita hanno riempito i referti degli arbitri italiani.

“No caro amico, non sono d’accordo, parli da uomo ferito” cantava Marco Ferradini nell’eterno Teorema e nel più classico dei copioni, infatti, Branca e Ausilio risultano degli incompetenti, i clan che affollano lo spogliatoio interista non permettono agli allenatori di esprimere le proprie idee e Massimo Moratti, l’amato presidente, è l’unico dirigente nerazzurro capace di parlare di calcio dopo la partenza di Oriali. Tutte queste frasi, tuttavia, sono state già sentite e risentite da personaggi che, nel bene o nel male, dall’Inter hanno avuto tanto ma che, in questo momento, nell’Inter non ci sono più.

Perciò caro Sulley “cuore di diavolo” Muntari, se i pessimi dirigenti nerazzurri ti hanno concesso di vivere il sogno rossonero, fai un grande favore all’intero popolo nerazzurro: quella parola non è degna di essere pronunciata dal grande professionista quale sei. Quella parola, INTER, la meritano in pochi e tu, Sulley, non te la sei minimamente conquistata. 

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Ven 20 aprile 2012 alle 14:05
Autore: Emanuele Tramacere
vedi letture
Print