"Gio, sai mantenere un segreto?". "Sempre, papà". "Un giorno allenerò l'Inter". Da fonti certe sappiamo che in casa Simeone sarebbe andata più o meno così, il resto lo ha confermato addirittura lo stesso Cholo, spiegando che in famiglia tutti sanno già della sua voglia di allenare l'Inter, pure il cane e la donna delle pulizie. Ciò però non toglie che la sua uscita fosse un tantino sopra le righe, almeno per quanto ci abituano i nostri tecnici in Italia. La sincerità e la schiettezza del mister dell'Atletico si scontrano con il professionalismo di Pioli, che gli ha urlato di mettere giù le mani dalla sua Inter: "Non saremo delle star, ma siam noi, con questi giorni fatti di ore andate per un weekend e un futuro che non c'è" (il messaggio del tecnico nerazzurro liberamente ispirato al noto 'inno' di Ligabue). L'ex laziale rimane comunque tranquillo: chi dice che già dal prossimo anno al suo posto ci sarà l'argentino è lo stesso che un mese fa lo aveva fatto fuori dando per certa la firma di Marcelino.

A proposito di inni, a margine della partita contro lo Sparta Praga quello ufficiale dell'Inter ha riecheggiato a vuoto nel settore solitamente occupato dalla Curva Nord. Eppure a settembre nessuno avrebbe avuto da ridire se gli fosse stato preannunciato che l'ultima partita della fase a gironi di Europa League sarebbe risultata inutile ai fini della qualificazione o che i nerazzurri avrebbero accumulato dallo Sparta un distacco di 6 punti. D'altronde abbiamo avuto la fortuna di esser capitati in un gruppo che oltre alla formazione ceca, terza nel proprio campionato dietro a Plzen e Slavia Praga, comprendeva il Southampton, oggi dodicesimo con 17 punti in 14 giornate di Premier League, e l'Hapoel Be'er Sheva, che non ha bisogno di presentazioni. Lo sciopero del tifo organizzato ha influito soprattutto sulla 'performance' di Icardi, apparso più assente del solito senza il sostegno della CN69. "Quattro sconfitte in cinque partite. Questo è quello che vi meritate per il vostro impegno indecoroso... Vergognatevi!". L'Inter però risponde agli striscioni tirando fuori dignità e orgoglio, anche perché stavolta in campo c'era tutt'altro undici.

"Non si può sempre perdere, per cui giochiamoci, certe luci non puoi spegnerle". Pioli se la gioca tenendo a riposo nove undicesimi dei big impegnati fino allo stremo nel 3-0 subito a Napoli (titolari solo Ranocchia e Ansaldi) e dando fiducia ai calciatori meno utilizzati e alla freschezza dei giovani. Se i tre punti sono inutili, ben più importanti sono i segnali che arrivano da talenti come Pinamonti e Miangue, entrambi già più incisivi dei 'grandi' nell'azione del primo gol di Eder. Nella festa delle seconde linee l'italo-brasiliano non si accontenta e in una serata sola decide di raddoppiare il proprio score dei gol siglati in carriera con l'Inter dopo il rigore parato da Carrizo: tutti concentrati e affamati fino al 94', come non si vedeva da tempo. Una risposta per i tifosi e soprattutto per i 'titolarissimi', con il cerchio dei colpevoli che via via si restringe. Lo ha capito la Curva e forse, dopo aver cacciato De Boer, adesso anche la società. Sarebbe troppo semplice se tutto venisse risolto con un ennesimo ribaltone in panchina e l'arrivo di Simeone, che ha un contratto fino al 2018, ma si libererebbe se Suning decidesse di pagare la modica clausola da 40 milioni. Al silenzio del Cholo, che non parlerà più del suo futuro (soprattutto con il figlio), Pioli e l'Inter hanno risposto con un altro urlo. Non resta che continuare su questa scia negli ultimi tre impegni di dicembre con Genoa, Sassuolo e Lazio, poi i primi conti da farsi assolutamente a gennaio.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 09 dicembre 2016 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
vedi letture
Print