Esiste un piacere imparentato con la tristezza. Deve essere ricercato nello stesso momento in cui si avverte la spiritualità di una dimensione trascendente. Per ripristinare negli occhi il sentimento della fantasia, c'è da infilarsi nell’inesauribile forza della ragione. Nagelsmann conosce l’appiattimento dietro al serbatoio, lo detesta. Nel manuale bipartito onde elettriche in tensione e baricentro come misura di pedine scatenate in avanti. E di fronte a loro s'allarga il brullo della collina. Tutto intorno, nei contorni del placido vivere, una consapevolezza che è pura passione, furiosa manifestazione della natura. Restare in quella terra di mezzo è la categoria della proiezione. Nessun calciante nerazzurro è estraneo ai pericoli, nessuno può davvero sfuggire alle penombre di San Siro. Quando si diradano, ecco aprirsi il fascio di luce annaffiato da sapienza tecnica e un arsenale esplosivo.

STURM UND DRANG. Individualità potenti rompono i vincoli di leggi divine e comuni convenzioni nella bolgia della Scala del calcio. Non esiste conformità, solo un puro determinismo quando Sané incolla lo scarpino alla sfera: lectio magistralis, proiezione del suo accademico mondo pregiato. Sguardo sereno verso i gradi d'apertura del compasso di Kimmich, artefice della brillante traiettoria. Petto, morbido collo ad alleggerire la pesantezza del pallone: così l’azione si trasforma in un dipinto dai caratteri indecifrabili. È noioso per i tedeschi restare lì dietro in incognito, asserragliati nello studio comprensivo dei colpi d'autore. Si sa, il Superuomo non vaga nell'indefinito, occupa terreni gerbidi, oscuri boschi, s'arrangia in mezzo alle storture. Si prende il rischio di un'idea non rivoluzionaria ma efficace, nei vortici di quel 4-2-2-2 onnipresente, materializzato nell'occupazione delle linee. E basta un nulla, un pigro movimento, una rotazione errata, un impennamento dell'anima interista, che ci si ritrova dall'altra parte, in gesti perduti, in inutili furori, che servono solo a perpetuare il significato dell'umana imperfezione.

L'OPERAZIONE JOYSTICK. Il minuto 46 del confronto apre alla personificazione dello spazio. Un incalzante succedersi di contingenze potenzialmente interessanti creano qualche brivido nell'area bavarese. D'Ambrosio spara alto la cartuccia proveniente da sinistra, Dzeko calcia addosso a Neuer col piattone dopo uno sviluppo sporco, nemmeno la mischia furibonda da corner conduce sul binario della risoluzione speranzosa. Neuer firma la licenza del girotondo su Lautaro, Sané fa come gli pare, caricando il joystick per avviare l'operazione tic, tac, tic, tac. Uno due fulminante, scambio ripetuto (non vi si è bloccata la televisione, tranquilli) ad altezza cognitiva disumana. La carambola su D'Ambrosio vale il trapasso d'una nuova intenzione spirituale. Natura naturante, creatrice inesauribile, senza freno né regola. Tant'è che Correa getta sul fondo il regalo d'esterno in impostazione 'insufficiente' di Lucas Hernandez. Quando il linguaggio tecnico si fa digitale, la razionalità è costantemente attratta, ma al contempo rifiutata. Trascendenza su Scala del calcio: non è un quadro del Metaverso, è la piramide spazio-temporale del Bayern Monaco. Che rimane lì, tra accelerazioni estemporanee, attacchi mozzafiato, linee altissime e rischi all'orizzonte. Loro si divertono, gli avversari un po' meno.

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 08 settembre 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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