Il giorno di Beppe Marotta. Tocca all'ad sport dell'Inter essere protagonista del Festival dello Sport di Trento con un evento monografico dal titolo 'Inter Nos', nel quale il dirigente nerazzurro si racconta a tutto tondo. Queste le sue dichiarazioni:
Che momento vive l'Inter?
"Positivo, perché nella continuazione di un ciclo iniziato qualche anno fa c'è una maggiore consapevolezza nei nostri mezzi. Possiamo dire di poter giocatore da protagonisti come da storia del club. Non è l'incidente di percorso che influisce, fa parte di ogni disciplina. Vanno lette le prestazioni che ci fanno dire di poter essere autorevoli protagonisti".
Come è giusto approcciarsi all'Inter? E' quella delle prestazioni splendide nel derby e col Benfica o quella che va in difficoltà col Bologna?
"Si diceva Pazza Inter per sottolineare questi momenti altalenanti. Ma in queste stagioni c'è una tale compressione di appuntamenti tra club e nazionali che è normale vedere cali di tensione che vanno gestiti nel modo migliore. Qui ci deve pensare la società ma soprattutto lo staff tecnico, soprattutto i nuovi profili che emergono nel mondo del calcio che aiutano a vincere o perdere ma anche a creare un consuntivo che testimonia il valore della società".
La seconda stella è l'obiettivo, mai come quest'anno nessuno si è nascosto tra giocatori e staff.
"Credo che nasca da un fatto: essere ambiziosi non è un difetto ma un pregio, tenere l'asticella alta è uno stimolo perché tutto lo staff, chi va in campo e chi sta dietro, abbia un obiettivo. Non va confuso con l'arroganza, che è un difetto e ti porta a essere antipatico; la rivalità c'è sempre, ma i dirigenti devono trasmettere questo messaggio positivo".
Sulla questione Lukaku.
"Per chi come me ha visto tante dinamiche non c'è da spaventarsi. Nel calcio il Dio denaro lo fa da padrone ma ormai è il passato, quando si vive un rapporto di fiducia può diventare sfiducia ma anche delusione. Fa parte dello sport, uno sport ricco dove il denaro la fa da padrone. Lukaku fa parte di un passato recente, guardo al futuro che è la cosa più importante".
Di recente lui ha detto che se dovesse parlare tutti sarebbero sotto shock.
"Liberissimo di farlo, ma non credo dica certe cose...".
La panchina di Istanbul ha pesato sulla sua decisione?
"Non credo, l'accettare la proposta da parte dell'Inter non dipende da un episodio ma da un rapporto di grande rispetto e riconoscenza da parte nostra. Non vedo cosa possa creare come polemica, è una cosa sterile sulla quale non vogliamo cadere".
Vuoi dire qualcosa in vista di Inter-Roma?
"Ho sentito la storia dei 50mila fischietti... Cerchiamo di vivere bene il presente, concentrarci sulle nostre forze. I tifosi potrebbero viverla come una distrazione in un momento in cui la squadra ha bisogno del loro supporto. Anche se il tifoso paga e ha il diritto di criticare qualunque cosa accada in campo".
Scudetto o Champions?
"Per la lotta allo Scudetto siamo altamente competitivi, come riscontro di valori emersi e oggettivi. Chiaro che vincere la Champions sarebbe una fonte di emozione, di gratificazione nei confronti di tutti gli interisti; non dobbiamo dimenticare il 2010. Sappiamo che è molto difficile, ma bisogna fare un distinguo: lo Scudetto lo vince chi arriva primo, è come una corsa a tappe tipo Giro d'Italia; in Champions League ci sono fattori che concorrono, non sempre la squadra più forte vince. Si può affrontare una squadra in un momento particolare, con qualche giocatore infortunato, oppure una squadra alla tua portata. Si può dire che sia più facile vincere la Champions che il campionato, dove vince il migliore. Quindi dico campionato".
Cinese o arabo?
"Domanda più precisa?"
Il fenomeno del calcio arabo può essere simile a quello cinese o più duraturo?
"Lo sport è qualcosa di universale, quindi è nel DNA dei popoli mondiali. Ci sta che nel corso della storia si verifichino episodi come questi: qualche anno fa i giocatori più avanti con gli anni, in prepensionamento andavano a fare esperienza in Cina, poi per motivi che non conosco bene il fenomeno si è chiuso in breve tempo. Ora c'è questo fenomeno arabo, che ha portato vantaggi economici ai club europei. Ma la valutazione va fatta nelle prossime due stagioni: sono arrivati tanti proventi, ma dal punto di vista di qualità e competitività i campionati rischiano di impoverirsi perché vanno a prendere giocatori nel pieno della carriera. E l'impoverimento rende il prodotto meno appetibile per i broadcaster".
Milan-Inter o Inter-Juventus?
"La vittoria dà sempre grande adrenalina. Sono due società importanti, dipende dai momenti. Vincere un derby importante vuol dire qualcosa in più".
Roberto Mancini o Luciano Spalletti?
"Sono rimasto amareggiato dalla scelta di Mancini, non immaginavo ci abbandonasse perché pensavo potesse continuare nel suo percorso di gestione della Nazionale. Allo stesso tempo ho accolto con soddisfazione la scelta di Spalletti come ct, l'ho detto anche a Gabriele Gravina. La scelta è molto positiva, l'ho visto molto carico come se fosse spinto da una missione. Lo ammiro nonostante abbia vissuto dei momenti critici, lo so perché fui tra quelli che proposero l'avvicendamento all'Inter. Ma il rapporto umano è un'altra cosa, la stima è grande".
Giusto attribuire a Spalletti l'inizio del ciclo proseguito da Conte?
"Ho proposto il cambiamento perché era necessario in quel momento storico. Ma posso dire che il suo lavoro è stato propedeutico per l'arrivo dello Scudetto".
L'Inter dove arrivasti nel 2018 aveva lo stesso monte ingaggi di quella di quest'anno. Vuol dire che il percorso è stato corretto?
"E' stato corretto alla luce del cambiamento del modello di riferimento del calcio globale, dopo il Covid è stato introdotto un concetto che è quello della sostenibilità. L'equazione 'chi più spende più vince' non esiste in nessuno sport, ma allestire una squadra competitiva nell'ottica degli ingaggi è un fatto rilevante: un conto è cercare di non buttare via i soldi, ma un altro è non buttare via uno strumento importante perché bisogna considerare la competitività anche in ambito europeo dove ci sono disponibilità maggiori come in Premier League".
Chi fu a creare il contatto tra Marotta e l'Inter?
"Non dimenticherò mai quell'evento. Nello sport si vive di cicli, quando se ne chiude uno è qualcosa di fisiologico. Chiusa l'esperienza con la Juventus, la mattina successiva ho ricevuto un messaggio di Steven Zhang. Immaginavo fosse uno scherzo perché non avevo il suo numero, poi chiamai in causa Urbano Cairo vista la loro amicizia chiedendogli lumi. Dopo che mi ha confermato, si è creato un approccio che ha portato alla creazione del rapporto che mi ha dato la possibilità di tornare immediatamente in campo. E' quell'adrenalina che ha ognuno di noi".
Il colpo più bello e quello che ti è sfuggito?
"Bisogna rendere merito alla famiglia Zhang, spesso messa alla berlina ma che ha speso tanto per l'Inter. Non mettono pressioni, credono nel concetto di delega e ci hanno dato carta bianca. Voglio citare Piero Ausilio che negli ultimi anni ha avuto tante intuizioni, è inserito all'interno di uno staff che deve rendere al meglio per essere protagonista. Ricordo il colpo Mauro Icardi al Paris Saint-Germain per 50 milioni, così come i tanti parametri zero arrivati in entrata che ci hanno dato risposta positiva. La perfezione non esiste ma abbiamo cercato di costruire una squadra competitiva in base alle nostre disponibilità ma soprattutto seguendo concetti importanti come cultura della vittoria e senso di appartenenza. Sono concetti che valgono per qualunque sport".
Un rimpianto?
"Fanno parte della vita, se non li avessimo saremmo macchine. Magari sono sinonimo di sconfitta, ma Nelson Mandela diceva: 'O vinco o imparo'. La sconfitta può essere dire essere arrivati secondi su un giocatore. Ma è comunque un'esperienza che ti porti dentro, hai sbagliato qualcosa e da lì devi imparare. A Istanbul abbiamo imparato cosa vuol dire partecipare da protagonisti ad una Champions, tutti i ragazzi hanno imparato cosa serve per vincere un'eventuale nuova finale".
Questa Inter è figlia di Istanbul?
"Sì, sono arrivati dodici nuovi giocatori e ci può essere qualche problema di amalgama, ma abbiamo portato profili vicini al modello di riferimento. Abbiamo creato poi uno zoccolo duro di italiani, stasera ci saranno sei interisti con l'Italia. Aver creato questa base facilita il compito per i nuovi di capire cosa vuol dire giocare nell'Inter e in Italia, dove puoi andare in difficoltà con squadre come il Sassuolo".
Onana può tornare all'Inter?
"Il futuro non riesco a percepirlo, ma nel calcio ci sta tutto. Però i cavalli di ritorno a volte hanno reso bene a volte meno. Sicuramente è stata un'esperienza importante per lui e per noi, non ultima l'operazione compiuta economicamente".
Thuram sembava destinato al Milan, com'è arrivato all'Inter?
"La decisione importante è quella del calciatore, è stato lui il protagonista decidendo di venire all'Inter nonostante altre offerte. Questo è significativo del fatto che il senso di appartenenza è decisivo: ha ponderato i valori, lo spazio in campo. Il ruolo del papà, poi, ha influito. Però come Thuram ci sono altri casi; l'Inter è tornata appetibile, abbiamo ricevuto tante proposte da tanti giocatori non solo italiani. Vuol dire che stiamo cercando di tornare l'Inter di una volta".
Frattesi è accostabile a Marotta?
"Il vantaggio rappresentato da me è il buon rapporto con Carnevali. Ma la segnalazione è arrivata dall'area tecnica, poi ognuno mette a disposizione le proprie doti. Il giocatore si è messo a disposizione per venire all'Inter, la proprietà ha dato disco verde per l'investimento e abbiamo fatto quest'operazione. Sono tante le componenti, anche mogli e fidanzate".
Su Scamacca.
"Abbiamo intavolato una trattativa, poi lui ha scelto l'Atalanta perché magari ha ritenuto che lì poteva avere più spazio. Lì ci siamo ritirati noi".
Pogba preso a zero o venduto a 110 milioni?
"Amo lo sport e il calcio in generale, l'acquisto è coinciso con prestazioni eccellenti da parte sua e vittorie. Vederlo arrivare tra i giovani e diventare protagonista concilia col mio stato d'animo. La seconda è qualcosa di meno emozionante moralmente, ma è stata un'operazione straordinaria; lo abbiamo venduto alla stessa società, è stato clamoroso. Mi lusinga ma sottolinea l'importanza del lavoro del team di allora. Ricordo Mino Raiola, il suo procuratore, che era una persona burbera ma molto professionale".
Calcio o politica?
"Non potrei mai dimenticare di essere un protagonista del calcio, poi nella vita devi avere a momenti visioni diverse. Mi sento appagato professionalmente, anche se è mancato il fiore all'occhiello della Champions però magari c'è ancora tempo per arrivarci. Ho dato poco e ricevuto tanto, cerco di dare ancora con la crescita dei ragazzi; sento di dover restituire quello che ho ricevuto. Il passaggio successivo, ovvero entrare nel calcio come fenomeno sociale occupandomene da tecnico, mettendo a disposizione la mia esperienza è un atto doveroso per trasmettere a nuove generazioni i valori dello sport come palestra della vita e fenomeno di aggregazione; così va vissuto".
Sul caso scommesse.
"La scommessa è un vizio umano, che va combattuto sul piano etico. Il calciatore è uno sportivo particolare, che diventa ricco all'improvviso e non dedica tanto tempo all'attività agonistica. Gli spazi vuoti, che sono tanti, vanno riempiti con cose positive; i giovani vanno aiutati a crescere, la classe dirigenziale che siano club, associazioni o dirigenti, è mancata e manca ancora. Ho assistito al Totonero nel 1980, siamo nel 2023 e si ripetono ancora le stesse cose. Manca la matrice che ti aiuta a prevenire queste cose, sta a noi cercare di farlo ma forse lo stiamo facendo male e i ragazzi scivolano su queste situazioni che non portano nulla di positivo a ragazzi fortunati che però rischiano grandi danni".
Sandro Ciotti o Enrico Ameri?
"Il calcio genera emozioni, il regalo della mia promozione in prima media fu una radio che portavo all'oratorio per sentire le partite. Era un calcio romantico che non esiste più, c'era la contemporaneità delle partite".
Massimiliano Allegri o Antonio Conte?
"Il comune denominatore è che sono due vincenti, questa è una caratteristica importante che un tecnico deve avere. Esistono tecnici vincenti e quelli 'sfigati', che lottano per retrocedere. Ho vissuto due esperienze bellissime con entrambi, con Conte ancora più bella perché vincere con l'Inter è stato qualcosa di straordinario. Mi hanno regalato grandi emozioni".
Mauro Icardi o Romelu Lukaku?
"Per come sono andate le cose, meglio Icardi".
A 19 anni eri già dirigente, c'è un motivo?
"C'è un motivo: ho avuto la consapevolezza di non poter fare carriera come calciatore, ma avevo questo sogno di diventare dirigente che nasceva da una visione da grandicello rispetto alla mia età. Il calcio per me rappresentava una passione, l'essere dirigente era motivo per trovare un lavoro. Se da una parte vivo il calcio come passione, l'obiettivo di diventare dirigente era legato alla volontà di trovare una professione".
Quanto Marotta si riconosce in questo calcio?
"Un atto di intelligenza è adeguarsi ai tempi. Rispetto al calcio di Ciotti, Ameri e Umberto Saba siamo davanti a qualcosa di nuovo, ad un mondo globalizzato e col concetto di innovazione che fa emergere realtà nuove come algoritmi, intelligenza ufficiale. Tutte realtà che cominciano a essere già proposte a noi, quindi bisogna adeguarsi. Bisogna prendere atto di questo cambiamento cercando di sfruttare al meglio le potenzialità. Mettendo però sempre al centro l'uomo con la sua intelligenza e i suoi valori".
Il colpo di mercato fatto da altri che ti ha impressionato.
"Jude Bellingham al Real Madrid, giocatore fortissimo venduto a tanto e che rappresenta presente e futuro. Così come il rammarico è quello di non aver preso Erling Haaland quando era ragazzino, per questioni di budget non riuscimmo a prenderlo".
Il colpo più bello di sempre, che avresti voluto fare?
"Ci sono le proporzioni... Non ne ho una in particolare, dipende dalle opportunità che si presentano. Ritengo che la capacità di un manager sia quella di costruire una squadra con uno staff composto da direttore sportivo e scout che ti faranno fare colpi importanti".
Dove sarà l'Inter alla prossima sosta in classifica?
"Meglio cacciatore che lepre in questo momento... A parte questo, sicuramente dobbiamo gestire un momento di stanchezza legata alla compressione di appuntamenti che si susseguono. Riteniamo però di avere una squadra competitiva e di qualità tale che Simone Inzaghi può gestirla come vuole. Tutti i giocatori sono utlizzabili senza rimpianti".
E' la migliore?
"Secondo me sì".
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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