Ancora 14 giorni con un pranzo indigesto sullo stomaco. Le scorie che lascia la trasferta di Udine saranno difficili da scrollarsi in casa nerazzurra e Simone Inzaghi dovrà trovare la chiave per far ripartire un ingranaggio mai così ingolfato. Tre sconfitte in 7 partite (4 in 8, contando la Champions League), tutte molto simili tra loro, troppo per non avere un quadro chiaro della situazione, o quanto meno delle problematiche di una squadra che sembra lontana parente rispetto a quella che ha conteso fino all'ultima giornata lo scudetto al Milan. L'Udinese è stata nettamente superiore sotto tutti i punti di vista, non solo quello atletico. E come dice l'allenatore piacentino, è "una sconfitta che deve far riflettere".
Prima valutazione, la formazione sulla carta titolare in questa fase a dir poco delicata: praticamente la stessa, senza Ivan Perisic e senza l'infortunato Romelu Lukaku, sul quale staff e dirigenza hanno fatto all in per mantenersi ad alto livello. L'addio del croato sta pesando ben più del previsto, sia perché la fascia sinistra non ha ancora un erede sia perché è un gap non solo tecnico e tattico, ma soprattutto psicologico. La personalità del nuovo esterno del Tottenham non è stata compensata dai compagni e quando le cose vanno male si nota eccome. Poi va aggiunto che alcuni dei titolari sono in evidente declino fisico, come Samir Handanovic, Edin Dzeko e Stefan de Vrij. In declino psicologico invece sono due capisaldi delle ultime stagioni: Milan Skriniar e Alessandro Bastoni. Entrambi evidentemente, anche se manca la prova scientifica, stanno ancora risentendo di un'estate vissuta sul mercato, con il rischio di dover fare le valigie controvoglia e la sensazione di non essere considerati indispensabili. In difficoltà anche altri punti di riferimento come Marcelo Brozovic e Nicolò Barella, che hanno alternato prestazioni positive ad altre negative. Senza il loro apporto sotto tutti i punti di vista, è ovvio che l'Inter non sia la stessa.
Evidente anche il ritardo di condizione che a metà settembre non può essere più legittimo come in avvio. La squadra corre e tanto, lo dicono le statistiche, ma non lo fa in modo opportuno. In parole più semplici: corre male. Arriva in ritardo sul pallone, non riesce a tenere alto il pressing, non aggredisce la partita ma si limita a osservarla per gestire le risorse energetiche. Poi, chiaro che questa situazione non riguardi tutti i giocatori ma sicuramente gran parte di loro. Nelle tre sconfitte in campionato è apparsa chiara la difficoltà dell'Inter rispetto agli avversari, netta soprattutto a Udine contro una squadra in salute che ha corso fino a oltre il 90esimo e ha vinto meritatamente. Un autentico choc che, si spera, possa dare indicazioni eloquenti a Inzaghi e al suo staff in vista del ritorno in campo il 1° ottobre contro la Roma, senza lo squalificato Brozovic.
A proposito di Inzaghi, quando le cose vanno male è naturale voltarsi prima di tutto verso la panchina. Posto che la squadra è stata rinforzata sul mercato ma a sinistra ha perso Perisic e per un mese non ha avuto Lukaku, certe decisioni dell'allenatore piacentino hanno pesato sull'andamento attuale. All'Olimpico la scelta dei cambi, nel derby il ritardo delle sostituzioni e alla Dacia Arena i due interventi dopo mezz'ora per cercare di scuotere la squadra, già sotto l'egida friulana nonostante il vantaggio trovato dopo appena 4 minuti. Una mossa non tipica per l'ex tecnico della Lazio che conferma le difficoltà nella ricerca di soluzioni che cambino trend negativi. E se il diretto interessato ha ammesso che la scure è caduta solo sui due giocatori già ammoniti ma avrebbe dovuto colpire anche gli altri, significa che l'approccio della squadra è stato pessimo pur consapevole delle problematiche di una partita come quella contro l'Udinese. In parole povere: Inzaghi fatica a trovare contromosse e a capire come smuovere acque attualmente sin troppo torbide.
Tornando alle sostituzioni di oggi pomeriggio, per sostituire Mkhitaryan è stato scelto Roberto Gagliardini che di certo, con i ritmi imposti dalla mediana avversaria, ha sofferto nonostante una fisicità migliore. Ma se la partita è stata preparata con le caratteristiche tecniche dell'armeno, forse dalla panchina si sarebbe potuto alzare Kristjan Asllani che sicuramente è il profilo più vicino a lui. Il tecnico piacentino è stato chiaro, vede l'albanese solo come backup di Brozovic pur non escludendo di schierarlo come mezzala, situazione già vista in pre-campionato. Al di là del caso specifico, è condiviso il pensiero che quest'anno l'Inter abbia più soluzioni dalla panchina, soprattutto in mezzo. Eppure oltre all'ex Roma, il più coinvolto è stato proprio Gagliardini che storicamente non ha mai convinto al 100%. E visto che la società investirà 14 milioni in un periodo di vacche magre per il classe 2002 ex Empoli, magari perso per perso un po' di spazio l'avrebbe meritato. Soprattutto in assenza di Hakan Calhanoglu e con Mkhitaryan sostituito.
A preoccupare è anche l'aspetto mentale della vicenda. I giocatori che dovrebbero vestire i panni del leader si nascondono, non riescono a essere d'esempio per i compagni, si deprimono facilmente. Non riescono a cambiare senso alla partita quando questa sta andando nella direzione sbagliata. Manca il carattere nei momenti delicati e chi prova a gettarlo sul campo non ha presa sui compagni. Quasi come ci sia la consapevolezza che ogni reazione sarebbe inutile e tutto fosse affidato ai nervi più che alla testa. Un aspetto su cui l'allenatore può sicuramente lavorare ma ha bisogno dei feedback da parte dei giocatori, che senza il piacere di giocare diventano un facile bersaglio per gli avversari.
Inzaghi ha le sue responsabilità anche nella dicotomia creatasi in porta. Samir Handanovic sarà anche un ottimo capitano e un'arma tattica significativa nella costruzione dal basso, ma ormai tra i pali non offre più garanzie. La prestazione contro il Torino, alla luce della partita della Dacia Arena, assume le sembianze di un unicum di cui non si può non tenere conto. Con lo sloveno in porta è chiaro che la difesa non sia serena e ci sia la sensazione che il gol possa arrivare al primo tiro in porta. Lui stesso non mostra particolare serenità tra i pali, si pensi alle respinte con i pugni su cross innocui da bloccare e basta. Non ci fosse alternativa come la scorsa stagione, sarebbe persino un discorso inutile. Ma in panchina c'è André Onana che avrà anche molti limiti ma quanto meno dà l'idea di non arrendersi anche di fronte a conclusioni ben indirizzate. E poi, a onor del vero, non si tratta di un giovane esordiente ma di un titolare della Nazionale del Camerun, atteso protagonista degli imminenti Mondiali in Qatar, cresciuto nel Barcellona e con numerose presenze in Champions League. E l'alternanza imposta da Inzaghi sta già scricchiolando, perché allo spettatore la domanda nasce spontanea: Onana sarebbe intervenuto su quel tiro entrato in porta? Forse è il caso di dare una svolta definitivoa tra i pali, anche solo per vedere l'effetto che fa. Se è per il bene della squadra, ogni scelta è concettualmente giusta.
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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