Il mattino è ancora buio, senza schiarite, quando tifosi di tutta Italia si preparano a partire verso Roma. Con movimenti silenziosi intorno ai casolari. Sopra di loro, come sulle nuvole, sentono il muoversi della colonna nemica. I raggi del sole scendono diritti rasenti le pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico. Giù dal Colosseo per le finestre messe qua e là in disordine sui muri qualcuno tende l’orecchio. In quella città che ha l’orizzonte di un lago di luce, il primo sussulto era di dispetto per le paure che crescono e il trambusto arriva fin lassù, nell’ansiosa speranza di unire la ragione e gli istinti. Tutti sapevano che non sarebbe stato possibile. In quel tempo così breve.

L’ISTANTE DELL’ISTINTO. Il momento è adesso. Una serata primaverile brulicante di sentori d’entusiasmo. Quant’è bello lasciarsi trasportare dalle emozioni. Quel fascino stravagante e un po’ bizzarro dell’istante del cammino verso l’atto finale. Sembra di (ri)nascere nel presente. Ciascuno è assorto nei suoi pensieri. Ci vuole coraggio per starsene soli come se gli altri non ci fossero, e pensare soltanto alle tue azioni. Quando Barella traccia una pennellata pregiata il grido di gioia si colora di nerazzurro. E l’Olimpico pare tutto rinnovato e fresco come il cielo al culmine d'un sontuoso temporale. Rabiot ha tre occhi sui movimenti di Nic, che vive l’avvio come un continuo superamento di sé stesso. Disegna l’immediatezza, l'ardore della sua elettrica inclinazione soggettiva. Così l'istante trasforma l’istinto indomabile in un luminoso crepuscolo.

IL VORTICE ASTRATTO. Anche se qualcuno ancora non ci crede, Dybala amplia con eccesso il compasso, sbagliando un vero rigore in movimento. Inghiottito dalle irresistibili qualità del suo fendente sinistro, manca i patti con il destino impavido che scorre via, fluido e all'apparenza deciso. Quando Dzeko s’immola e morde le certezze strutturali della Joya, si scopre che la fatica ha domicilio e residenza nel vettore del dinamismo. Perché, in fondo, il precetto di Protagora non può essere confutato: l’uomo è sempre misura di tutte le cose. E per rispondere al caos del mondo occorre sempre tentare d’indirizzare i tasselli della sorte. Chiellini è il custode inaccessibile del pacchetto difensivo allegriano. Non lascia passare un soffio d’aria, l’area la governa. Lo start di ripresa è un folle ondeggiar d’orgoglio juventino: il binomio Alex Sandro-Morata scocca la prima freccia del riscatto, Vlahovic (sceglie il momento più propizio per accendersi) quella del sorpasso. Allegri fa cenno di sì con la testa al suo cerchio magico. Il cardine è stare bene con se stessi. In fin dei conti la gioia è lieve e potente.

LA DUPLICE ATMOSFERA. L’aria era nitida, leggera e palpabile come un soffio istantaneo che cattura le emozioni più profonde dell’essere umano. Ma le azioni dell’Olimpico sono così mutevoli da dissolvere l’assoluto permanente. Ogni secondo che passa non torna più: afferrare l’attimo è vivere in libertà. I sogni hanno la parvenza di un abisso di luce spirituale. Le tortuose pieghe del tracciato sparpagliano i confusi pensieri di Inzaghi, che rianima il gruppo con le sostituzioni. Rimonta, sorpassa con la quiete della reazione. Un(a) finale sfibrante, che l'Inter riagguanta riscoprendo il piacere del tempo non visibile con il suo svolazzante incedere. Gestisce la frenesia per restare lucida e uniforme alla sua identità. Dal dischetto Calhanoglu sposta la direzione di corrente. L'incrocio dei pali risuona come un'angusta scarica irrequieta, aggrappata alla sua tensione. Gli animi caldi bussano all'angoscia dell'imprevedibile.

L'UNIVERSO DEL +. Per plasmare l'universo dei supplementari ci va un guizzo supplementare. Il surplace è l'esercizio di possibilità (solo una parvenza), il motore è carico d'adrenalina. E allora, eccolo, l'eterno ritorno dell'avvento. Cinetica agonistica telecomandata dell'onda sinusoidale. De Ligt la serve, Perisic la cavalca con due mosse: destro "freddo" incrociato e un siluro magico che vola diretto senza scalo sotto al sette. Trafitte speranze, travolto il traffico. La coscienza interiore allegriana è incatenata, frammentata e divisa, la sua anima è solipsistica. Perde il contatto con il suolo, divorato dai fantasmi d'una stagione densa di delusioni. I nerazzurri attivano il mood della marcia gestionale. Sulle tribune dell'Olimpico parte un assolo a tinta unita: "C'è solo l'Inter, c'è solo l'Inter". Alla bellezza non ci si assefua mai abbastanza.

Ascoltando la notte, sentendo il tempo passare. Dietro alla luna verrà l’alba. Sarà più calorosa, sarà più bella.

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 12 maggio 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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