Oggi, 31 dicembre 2020, sono passati ventidue giorni da Inter-Shakhtar Donetsk 0-0. Un tempo relativo nel calcio dell'era della pandemia, dove il pallone rotola più veloce verso la meta per non rischiare di essere fermato da un nuovo lockdown. Si gioca in stadi vuoti, al massimo con qualche fortunato tifoso sugli spalti, a volte ci si prende una pausa per il sopraggiungere di troppi casi Covid-19. Comunque con ritmi insostenibili per i calciatori, con l'intento di intrattenere un pubblico che vuole distrarsi mentre attende pazientemente in fila il vaccino. Lo show va avanti per istinto di sopravvivenza di un sistema calcio minacciato da un'emergenza senza precedenti nella storia del Gioco. Una crisi acuita, restando nei confini italiani, dal blocco disposto dall'Agenzia delle Entrate, in attesa di un Dpcm, dell’applicazione delle agevolazioni fiscali legate agli atleti professionisti che rientrano nel cosiddetto 'regime degli impatriati'.
E' in questo contesto che martedì pomeriggio è andato in scena, ad Appiano Gentile, un vertice a cui hanno preso parte il tecnico Conte, gli ad Marotta e Antonello, il direttore sportivo Ausilio, Oriali e il presidente Steven Zhang, collegato dalla Cina. Un summit di un'ora circa in cui tutte le parti, accettando l'imposizione dell'austerity, hanno confermato l'unità di intenti nella necessità di ridurre i costi operativi per garantire la sostenibilità a livello aziendale. Non un remake del patto di Villa Bellini perché a fine agosto testa e cuore del club dovevano essere sintonizzati nuovamente sulla stessa frequenza dopo una stagione con l'asterisco e due secondi posti portati in dote che hanno generato interpretazioni difformi. Inter ancora da zero titoli, perfettamente coerente con gli ultimi dieci anni della sua storia, ma in netta contraddizione con il curriculum di allenatore di Conte che non ha esitato a definire il secondo posto come il 'primo dei perdenti'. Le parti firmarono un patto, una sorta di compromesso storico "nel segno della continuità e della condivisione della strategia", comunicò la società all'epoca. Nel vertice-fiume andato in scena a Somma Lombardo, nel varesino, "furono stabilite le basi per proseguire insieme nel progetto". Come confermato un mese più tardi da Beppe Marotta, in risposta a chi sollevava legittimamente la questione dei probabili attriti tra guida tecnica e dirigenza nelle settimane a venire: "Lavoro con Conte da cinque anni, non esiste dualismo: noi lavoriamo per l'Inter e per portare a casa risultati importanti. L'annata scorsa deve essere annoverata come positiva, sia per i risultati che per la crescita. Quest'anno ci saranno momenti di tensione, altrimenti vorrebbe dire che subentra il rilassamento: serve l'adrenalina per far crescere l'Inter".
Insomma, il messaggio che è stato fatto passare dalla società è semplice: la portata delle divergenze quotidiane tra tecnico e dirigenti che si consumano sotto il cielo di Suning vanno rapportate al progetto di più ampio respiro della famiglia Zhang. "Spesso si mette l’allenatore da una parte e i dirigenti dall’altra, ma le cose vengono sempre decise di comune accordo. Noi facciamo le valutazioni con i dirigenti e spesso collimano. Poi le valutazioni le portiamo alla proprietà che dice sì o no, quest’estate ad esempio ha detto no. Ora stiamo facendo delle valutazioni e rifaremo la stessa cosa, senza scindere allenatore e club. Mi dispiace quando sento certe cose, non siamo due entità astratte", ha detto Conte nell'ultima conferenza del 2020.
Un'ovvietà a cui si è arrivati non senza difficoltà per colpa di alcuni protagonismi nocivi nel corso dei mesi. Un approdo naturale ma non scontato a una verità assoluta, accettata da tutti per uscire indenni da una situazione tremendamente complicata dal virus. Sono passati nove mesi e mezzo da Juve-Inter 2-0, l'ultima partita surreale della Serie A prima del lockdown. Sembrava la fine del mondo e invece è stato l'inizio di un nuovo calcio che chissà quanto durerà. Sicuramente fino al prossimo derby d'Italia del 17 gennaio, ancora senza spettatori, in un San Siro deserto che ha perso anche i mille che rimasero delusi di fronte all'altro derby, quello di Milano, perso in casa dopo tempo immemore. E' quella gara col Milan a fare la differenza in classifica dopo 14 giornate. E la farà anche per le successive 24, l'ultimo step che devono fare Lukaku e compagni nel 2021 per tornare a vincere qualcosa. Ricordandosi la lezione di Inter-Shakhtar, l'ennesimo scontro diretto non vinto che ha tolto un po' di credito a Conte di fronte alla critica. Ma anche attorno al tavolo delle 'contrattazioni' con Zhang&Co. che sicuramente hanno fatto notare al tecnico di aver mancato malamente il primo obiettivo stagionale. Ora, per usare una metafora tanto cara a Conte, in società sono tutti sulla stessa barca che batte bandiera Suning, con Steven al timone. A ventidue giorni dall'esilio europeo, l'imbarcazione 'Beneamata' si muoverà solo in acque nazionali con l'obbligo di portare a casa il bottino scudetto. Come 'risarcimento' dei soldi persi con l'eliminazione dalla Champions League.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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