“Au revoir”. Ai più cresciutelli di voi, questo semplice saluto potrebbe riportare alla mente ricordi di un epico spot pubblicitario, forse uno dei più belli della storia dello sponsor tecnico dell’Inter, quando Eric Cantona si alza il bavero della maglietta e sventra il portiere delle forze del male bucandolo con una piena pallonata in pieno stomaco che lo disintegra, salvando il mondo dalle tenebre. Oggi, più semplicemente, au revoir è un saluto in francese che rappresenta una vera e propria liberazione: perché è così, alla francese, che l’Inter ha posto la parola fine al tormento degli ultimi mesi, alla telenovela che di calcistico aveva ben poco se non il corollario di dichiarazioni, comparsate televisive più o meno inopportune, rischi di strascichi legali, post sui social e quant’altro il tifo nerazzurro ha dovuto sopportare. Mauro Icardi, alla fine, ha salutato: si è convinto che per lui all’Inter non c’era più posto, e dopo un’estate di strenua resistenza, alla fine ha preso un bel volo privato e ha fatto rotta per Parigi, firmando insieme il prolungamento dell’accordo con l’Inter e soprattutto il nuovo contratto con il Paris Saint-Germain.

Ha dovuto ingoiare sostanzialmente un bel rospo, il buon Maurito, passato in un amen dall’essere il giocatore simbolo, più che dell’Inter, di una certa Inter, quella del ‘vorrei ma non posso’, che coi suoi gol poteva in qualche modo nascondere sotto il tappeto le crepe e le difficoltà con le quali ha dovuto fare i conti durante questi anni accidentati, al ritrovarsi nel giro di pochi mesi detronizzato dal ruolo di capitano, poi messo alla porta al punto tale da finire ai margini della rosa del nuovo tecnico nerazzurro Antonio Conte, che bene ha sposato l’intento della società di costruire una nuova Inter senza elementi di disturbo, e di osservare da lontano le parti tattiche mentre, pare, a lui spettava ‘fare giochi con la palla con Joao Mario’.

Fino all’ultimo Maurito ha cercato di resistere, di fare muro alla prospettiva di una partenza da quella che ormai era diventata la sua comfort zone, arrivando addirittura all’extrema ratio della causa legale con la quale chiedere il reintegro a tempo pieno nelle attività del gruppo. Ma se la sua volontà era di ferro, la determinazione della società si è dimostrata di titanio e alla fine ha prevalso su tutto. E quindi, saluti, (forse) baci e un arrivederci suggellato con un post di ringraziamento su Instagram con in bella evidenza le sue cifre in nerazzurro, difficile non leggerci un ultimo ‘buffetto’ verso chi, secondo lui, ha trattato in maniera non proprio riguardosa uno che all’Inter ha comunque regalato numeri impressionanti. Lascia il comodo per tuffarsi in una nuova realtà, realtà dove ovviamente il contesto da affrontare sarà ben diverso: non sarà più la primadonna ma con tante primedonne dovrà avere a che fare, in una squadra e soprattutto in una società che non si può propriamente ad esempio di reale ‘modello vincente’, dove ad un dominio imbarazzante in patria (con qualche scalfitura) corrisponde una catena di magre figure in Europa, e in un ambiente lontano dall’idillio, dove la miccia per far scoppiare la polveriera è sempre lì a portata di mano. Riuscirà il buon Mauro a non mettere ulteriore benzina sul fuoco? Ai posteri l’ardua sentenza.

Si è chiusa con la parola fine a questa estenuante storia un’estenuante maratona di campagna trasferimenti estiva. E a bocce finalmente ferme, il giudizio può essere unanime: ad uscire vincitrice, nell’abilità e soprattutto nella ferrea capacità di far valere le proprie intenzioni, è stata l’Inter, sotto ogni punto di vista. Anzi, ancora meglio, il reale vincitore di tutta questa storia ha un nome e un cognome ben preciso, e parliamo ovviamente di Beppe Marotta. L’ad sport nerazzurro, l’uomo che nel corso di questi primi mesi di avventura interista ha dovuto sentirsene dire di ogni, al quale è stata da subito appioppata l’etichetta di ‘infiltrato’ buona solo ad alimentare il repertorio, già di per sé scarno e ripetitivo, di un certo cabarettismo calcistico da social o da video su Youtube; quello, secondo qualcuno, messo all’angolo insieme a tutta la società dai continui rifiuti di un calciatore che avrebbero avuto addirittura come conseguenza il blocco dell’intero mercato. Più semplicemente, Marotta è stato quello che alla fine si è messo nella tasca della giacca critici e detrattori, anche in grande stile.

Marotta null’altro ha fatto che seguire una linea ben precisa per la costruzione della nuova Inter, andando avanti per punti e centrando tutti gli obiettivi fino in fondo. Ha individuato in primo luogo i giocatori da considerare non adatti al progetto nerazzurro e in un modo o nell’altro è riuscito ad accompagnarli alla porta, e poco importa alla fine se per il momento con le partenze dei vari Nainggolan, Icardi, Perisic non si sono tirati dei piccoli montepremi eventualmente da reinvestire: evidentemente, superati i vincoli del settlement agreement, la proprietà nerazzurra si sente ora in tale posizione di forza da poter sopperire con i ricavi non derivanti dal player trading a questo genere di difficoltà, cosa che non molti, in questo ambiente, possono permettersi realmente. È poi andato a puntare determinati giocatori e li ha presi, battendo anche il pugno sul tavolo di grossi calibri internazionali e rimediando a quella che forse è stata l’unica delusione, il mancato arrivo di Edin Dzeko, riportando in Italia la grinta e la voglia di rivincita di Alexis Sanchez, elemento ideale da affiancare al nuovo alfiere dell’attacco Romelu Lukaku, e completando l’ideale passaggio di testimone anche a livello di numeri di maglia. Ha portato in nerazzurro alcuni dei giovani più interessanti del panorama nazionale, ridando insomma all’Inter una nuova allure da meta ambita per tutti i giocatori. Il tutto senza pensare fin troppo alle conseguenze dirette e indirette che il suo lavoro ha portato alle strategie degli altri.

Di fronte alle dicerie, ai dubbi, alle malelingue, Marotta altro non ha fatto insomma che fare valere le doti da navigato dirigente sportivo quale è, rivelandosi ancora una volta uno che ne sa una più del diavolo in questo ambito, a prescindere da quale sia il contesto nel quale si opera. Ha portato all’Inter un’aria nuova, aria di disciplina ma condita dalla voglia di pensare in grande, procedendo sulla sua strada spedito come un tram. Che però non si è limitato ai desideri, tanto per parafrasare un famoso film, ma che ha portato una nuova realtà e solidità al progetto sportivo di un’Inter che, se c’è una cosa che si può dire desidera davvero, è quella di tornare a dire la sua ai massimi livelli.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 04 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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