Doveroso preambolo, fonte Wikipedia:
“René François Ghislain Magritte, nato a Lessines il 21 novembre 1898, è stato un pittore belga. È considerato il maggior pittore del surrealismo in Belgio. (…) Detto anche le saboteur tranquille, cioè il disturbatore silenzioso, per la sua capacità d'insinuare dubbi sul reale attraverso la rappresentazione del reale stesso, non avvicina il reale per interpretarlo, né per ritrarlo, ma per mostrarne il mistero indefinibile. Intenzione del suo lavoro è alludere al tutto come mistero e non definirlo”.
Oggi è il 15 agosto, giornata di pranzi in compagnia, di lunghe ore da trascorrere in spiaggia, di relax per buona parte delle persone. Ma non per altri: ci sono altri cui tocca purtroppo lavorare, ci sono addirittura squadre che si giocano proprio in questa data particolare un traguardo importante come i playoff per l’accesso alla Champions League. E poi, c’è il Ferragosto dell’Inter… Un Ferragosto sui generis, come se già non fosse abbastanza sui generis l’essenza stessa dell’interismo. Ma mai come quest’anno, probabilmente, si sono toccate determinate vette oppure si è sprofondati così tanto, a seconda dei punti di vista.
Domenica, a Ferrara, l’Inter ha disputato l’ultima amichevole prima dell’inizio del campionato. La classica prova generale, nella quale si raccolgono le ultime idee e si saggia la condizione in vista del debutto in campionato di sabato contro il Monza. La sfida contro la formazione albanese dell’Egnatia, praticamente sconosciuta fino a qualche giorno fa, se proprio deve fungere da cartina tornasole dello stato di salute dei nerazzurri allora si può dire che ha dato risultati alquanto contrastanti. L’Inter ha vinto 4-2 dominando nel possesso palla e nelle azioni da rete, ma ha dovuto nuovamente rincorrere l’avversaria e per ben due volte, prima con un altro regalo della difesa poi con un regalo dell’arbitro Giovanni Ayroldi; ha fatto quattro reti bombardando la porta di Alen Sherri, che però spesso ne è uscito vincitore vuoi per bravura sua ma vuoi in primo luogo per l’imprecisione a tratti clamorosa degli avversari. Discorso che si può sintetizzare in particolare per Lautaro Martinez, grande grinta e caparbietà ma rapporto coi gol segnati decisamente magro e sbloccato peraltro solo all’80esimo per poi raddoppiare su rigore concesso in maniera generosa, a essere buoni, dallo stesso Ayroldi (si consiglia esame di coscienza prima dell’avvio della Serie A), con di fianco un Marcus Thuram ancora alle prese con l’adattamento ad un gioco diverso da quello cui era abituato in Bundesliga, che si sbatte ma si macchia anche di errori al tiro che ai più attempati avranno sbloccato il ricordo di Luther Blissett.
Simone Inzaghi registra e non fa drammi, contando sul fatto che la preparazione ancora si fa sentire sulle gambe ed è certo che quando le partite torneranno a contare certe distrazioni non si vedranno più. Quel che però è ancora più certo, ci si può tranquillamente scommettere sopra, è che Inzaghi non poteva aspettarsi un’estate di mercato all’insegna quasi del grottesco. Pensavamo effettivamente di aver visto abbastanza la scorsa stagione, con l’affare di Bremer intavolato e sfumato per via della mancata cessione di Milan Skriniar; con la lunga attesa di Paulo Dybala che poi ha preso il volo per la Capitale; con Francesco Acerbi arrivato all’ultimo secondo utile dopo insistenti richieste del tecnico.
Ma quanto avvenuto in giorni scrive nuovi capitoli nella millenaria storia del paradossale: roboante la parabola di Lazar Samardzic, che nel giro di due settimane è passato da colpo annunciato in pompa magna ad affare destinato a tramontare a meno di ribaltoni dell’ultimissimo minuto a causa di ingressi sul palcoscenico di personaggi poco aspettati e poco graditi. Si tratta con un’agente e all’improvviso sbuca il padre del giocatore che manda a carte quarantotto tutti gli accordi, gli annunci, i claim social diventati trademarks, per una pretesa di commissioni che in Viale della Liberazione ritengono alquanto fuori luogo e allora il pargolo serbo rischia di passare dal sogno nerazzurro al purgatorio di un periodo da separato in casa all’Udinese.Ma epico anche l’affanno degli uomini mercato nerazzurri a trovare un degno innesto di quantità e qualità per l’attacco dopo il voltafaccia subito a metà luglio da parte di chi doveva essere al centro della strategia di questa stagione. Innesto che con tutto il bene non può essere Marko Arnautovic, scelta arrivata dopo i tanti ‘picche’ veri o presunti ricevuti un po’ da ogni dove, la cui seconda era interista inizia con presupposti che alla maggior parte dei tifosi interisti non vanno giù: troppo in là con gli anni dopo essere arrivato la prima volta praticamente bambino; troppo a rischio sul piano fisico; troppo poco prolifico rispetto alle attese; troppo rischioso anche caratterialmente; troppo anche il costo, considerata l’età e il vissuto calcistico.
La scorsa annata iniziò tra tanti dubbi e tanti strali sui social ed è finita col sogno che per poco non diventava realtà di un Triplete che nessuno si aspettava e tanta gente tornata all’improvviso sul carro; se contassero davvero i corsi e i ricorsi storici, allora Inzaghi, Marotta, Ausilio e compagnia sarebbero in una botte di ferro. Ma adesso la situazione sembra ancora più grave e grottesca rispetto ad un anno fa, e allora sono parecchie le domande che fanno capolino nella mente:
- La questione, per non dire pantomima Samardzic, è esplosa effettivamente per l’inserimento del padre del giocatore? O magari sono sorti dei dubbi tardivi sull’effettiva utilità del giocatore che rischierebbe di ingolfare un reparto già ricco e completo?
- Perché ogni sessione di mercato finisce, per un motivo o per un altro, a tramutarsi in una sorta di calvario sportivo, specie, coincidenza, una volta chiusa la campagna abbonamenti?
- Qual è il vero budget? Perché anche quest’anno non è stato possibile pensare ad un mercato perlomeno a saldo zero? Eppure gli incassi non sono mancati…
- Cosa sarebbe successo senza la strepitosa stagione appena trascorsa e i relativi introiti?
- Perché non si riescono mai a fugare i dubbi di gran parte dei tifosi sulle reali potenzialità della proprietà nerazzurra? Cosa ha davvero in mente e in cosa spera ancora Steven Zhang?
- Dov’è finito lo scouting? C’era solo Yann Aurel Bisseck di prospetto interessante a poco prezzo in giro per l’Europa? Davvero oltre il proprio raggio classico di azione ci sono le Colonne d’Ercole?
- Soprattutto, perché all'esterno emerge sempre e solo l’Inter alle prese con esigenze economiche, per così dire, particolari, quando invece altre società vivono una situazione uguale se non peggiore 'tradita' dalle rispettive scelte sul mercato? E perché questa situazione si riverbera anche in fase di trattativa con un'Inter sempre presa 'all'amo'?
Non può però essere tutto nero, specialmente quando la stagione è ancora praticamente ai blocchi di partenza. E allora, come in ogni medaglia che si rispetti, ci sono anche le domande per il risvolto positivo della questione:
- Le buone prove viste in queste partite estive, ovviamente sperando che la sfortuna lo lasci stare una volta per tutte, non possono valere una conferma per Stefano Sensi, che quando sta bene sciorina lezioni di calcio?
- È già partito il mugugno su Thuram, ma solo io ricordo un precampionato clamoroso firmato da tale Darko Pancev?
- Quante squadre si sono davvero rinforzate in questo che ormai è davvero un campionato di transizione? Non con scommesse, con giocatori di valore certificato?
- C’è alla porta di Viale della Liberazione un acquirente pronto a prendersi sul groppone l’Inter e relativi oneri finanziari nel breve termine? E Oaktree sta facendo i salti di gioia alla prospettiva di prendersi il pacchetto di maggioranza?
- L’Inter, con i risultati ottenuti la scorsa stagione, ha incassato poco più di 120 milioni di euro, andando a spanne. Il Luton Town, tornato in Premier League dopo 31 anni, ne ha intascati 330 per tre stagioni per il solo fatto di essere stato promosso. Se non capiamo che ormai la forbice tra inglesi e resto d’Europa è diventata una cesoia…
- I giovani della cantera stanno tornando a far parlare di sé, magari il gol di Giacomo Stabile diventa un piccolo segnale di inversione della tendenza. Nel frattempo, anche i giocatori con le valigie sulla porta stanno cercando di dare il massimo per la causa finché potranno, vedere Valentino Lazaro.
Tante domande, tante tesi e antitesi, una possibile sintesi: ma perché l’Inter non riesce mai a dare un’immagine reale della propria essenza ma preferisce fare la disturbatrice silenziosa, alludere al tutto come mistero senza definirlo? Il nome di René Magritte non dovete cercarlo sugli almanacchi del calcio ma in un bel libro di storia dell’arte, ma del resto la stessa Inter è nata sotto il segno dell’arte: Giorgio Muggiani, il disegnatore del primo logo, era un poliedrico artista attivo soprattutto nell’ambito pubblicitario quando questa era davvero una grande forma d’arte.
Quando nacque l’Inter, René Magritte aveva 10 anni; se amasse il calcio non è dato saperlo, forse sì, forse no. Ma probabilmente, fosse vissuto nei nostri giorni, sicuramente avrebbe guardato con simpatia all’Inter. Se non altro, perché tra vicende surreali sul mercato e in campo, in negativo ma anche e soprattutto in positivo, volete mettere quanta ispirazione?
Ceci n’est pas une equipe.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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