L’Inter ha vinto una brutta partita, giocata sotto ritmo, ruvida e soffrendo fino all’ultimo istante.
Le parole di Marotta, prima della partita, oltre a quelle riservate per il caso Icardi, erano state smisuratamente ottimiste: ”Faremo una grande partita”.
In realtà si è trattato di un tipo di match vinto con le stesse modalità degli ultimi anni e sulla cui natura gli interisti, a inizio stagione, si sono sempre divisi tra “insoddisfatti” e “fiduciosi”.
A furia di guardare calcio e parlarne dovrebbero essersi convinti in tanti che non basta il solo risultato per giudicare una squadra e i suoi obiettivi. Ci si aspettava un'Inter più aggressiva, determinata e intraprendente e invece il possesso palla è parso lento, il pressing a tratti fuori tempo e la difesa ogni tanto distratta. Migliore in campo per distacco: Sensi, seguito da Ranocchia, perfetto fin dal primo lancio per Candreva, trovato a 50 metri di distanza e sicuro nelle entrate e nella direzione della difesa. 
L’arbitraggio di Maresca è stato impeccabile nonostante l’atteggiamento del pubblico sardo, innervosito per la convinzione di aver subito più torti; ma da casa è invece risultato perfetto, in piena sintonia col Var. Una buona notizia dopo la disastrosa prima giornata. 

Nel primo tempo l’Inter nuova è decisamente vecchia: si torna al gioco in orizzontale, ai passaggi scontati, alla mancanza di ritmo e a qualche azione velleitaria. Olsen è inoperoso e Conte non è felice, al punto che dal suo dialogo con Brozovic risalta una generale insoddisfazione per un gioco modulato con scarsa partecipazione. Il gol di Martinez arriva improvvisamente, al culmine di un lunghissimo conciliabolo tra Maresca e gli uomini del Var. Dapprima annullato e poi convalidato, il gol non serve a rendere la squadra più reattiva, anzi il Cagliari va vicino al pareggio con Cerri, trovato da Joao Pedro in piena area nerazzurra, pronto a girare nell’angolino della porta difesa da Handanovic ma impreciso. 
Nel secondo tempo il Cagliari entra in campo con grande determinazione e trova subito il gol del pareggio con Joao Pedro di testa. L’Inter resta fedele al gioco compassato e trova una punizione calciata splendidamente da Sensi che colpisce la traversa. Il gioco è definitivamente nei piedi interisti ma ci sono poche accelerazioni, fino al 25° della ripresa, quando Lukaku trova, neanche a farlo apposta, ancora Sensi, il quale fa una giocata su Pisacane che tocca il piede del centrocampista nerazzurro. Rigore battuto dal nuovo numero 9 nerazzurro e secondo vantaggio che l’Inter conserva, salutando l’esordio in A di Diego Godin. Buono il possesso palla e ottimi gli ingressi di Politano che sfiora il terzo gol, Barella che tiene bene la posizione e del difensore uruguaiano che mostra, in sole due giocate, un repertorio superiore e una sicurezza esaltante, con una sbavatura che però stava per costare caro (palla persa nella propria metà campo e ripartenza immediata del Cagliari culminata in un calcio d’angolo).
L’Inter vista a Cagliari ha mostrato un repertorio antico, un’anima immutata, pregna di quei pregi e difetti che  la rivoluzione di questa estate non ha ancora scacciato. 

Bene, anzi benissimo la vittoria e alcuni dei suoi interpreti, ma se l’obiettivo è tentare di lottare per lo scudetto è evidente che quell’aggressività, marchio di fabbrica del gioco di Conte e la convinzione di fare una grande partita contro chiunque, devono partire dalla testa degli stessi giocatori. Il tecnico ha rivelato che Barella sta facendo un po' di fatica e si aspetta molto di più da lui, non a caso è la seconda volta che va in panchina. 
Lukaku è un ottimo attaccante e si cerca con Lautaro Martinez ma nel complesso tutta la squadra deve mostrare quell’autorevolezza mostrata solo a sprazzi a Cagliari. I problemi non li ha solo l’Inter, come dimostrano le recenti partite di Borussia D. e Barcellona nei loro tornei ma, a differenza delle rivali, deve dimostrare molto di più considerando i piazzamenti e i loro successi degli ultimi anni.

Il caso Icardi è invece all’ultimo bivio ma è pericoloso anche solo parlarne. Oltre alla situazione grottesca in atto, parallelamente è altrettanto svilente assistere alla deriva di un tifo che si spinge disinvoltamente alle minacce fisiche al giocatore, sia sui social, sia esponendo uno striscione ancora più esplicito e intimidatorio. Ronde armate di parole e altrettante minacce anche da parte di tifosi che si dicono “esasperati” e cercano con il manganello della tastiera quelli che loro chiamano “Icarders”, con tanto di liste nere dei giornalisti e di quelli che per loro sono finti interisti perché non hanno lo stesso fervore. Impressionante. Nella storia di questo club sono avvenuti episodi particolari, fortunatamente non nell’epoca dei social, i quali stanno portando a galla una passione che non ha nulla a che vedere con lo sport ma solo con frustrazioni personali. Non è normale dover temere di dire una parola in più o in meno sulla vicenda, magari contraria alla convinzione popolare o semplicemente diversa, per il timore di essere minacciati o insultati. 
A troppi l’argomento calcio sta sfuggendo di mano.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 02 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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