Guardare in faccia un momento difficile non è una cosa da tutti. Anzi, è impresa assolutamente ardua farlo con cognizione di causa e con lucidità, perché quando sei l'Internazionale di Milano e ti ritrovi al quart'ultimo posto in classifica quando siamo ormai a Natale c'è evidentemente qualcosa che non quadra, così come ci sono tanti pensieri negativi che possono offuscare la mente e complicare il pensiero. E' palese che l'Inter sia ai minimi storici, in un magma infernale dal quale venire fuori non è facile, ma allo stesso tempo è necessario sapendo come gestire le responsabilità di questa situazione e soprattutto come risolvere gli errori. E' fondamentale capire da chi inizia questo circolo vizioso: insomma, di chi è la colpa?
Puntare il dito contro Claudio Ranieri sarebbe una follia da pivelli che in Corso Vittorio Emanuele non commettono. L'allenatore è confermato nella maniera più assoluta, cambiarlo sarebbe il suicidio definitivo e questo pensiero neanche serpeggia nella testa di Moratti. Accusare i giocatori è un qualcosa che può venire naturale al tifoso allo stadio, ma che non può essere oggetto di valutazione di una società che deve riprogrammare. Insomma, che colpa ne ha Milito se non riesce neanche a mettere più giù un pallone, o Zarate se non riesce a sfondare? L'impegno c'è, ma purtroppo sono altri i fattori che contano. I senatori non possono più cantare e portare la croce, perché fisicamente non reggono; i nuovi arrivati - giovani come Castaignos o alla prima esperienza in un top team come Maurito - non sono giocatori già pronti da Inter, ed è anche giusto così se il mercato viene impostato all'insegna del risparmio, altrimenti chiunque andrebbe a pagar poco giocatori già inseribili in un contesto di primo spessore come quello nerazzurro. All'Inter mancano le nuove leve già pronte, mancano i giocatori come sarebbe dovuto essere Alexis Sanchez, uno che prendi sapendo che è una garanzia e al quale puoi anche affiancare un Milito più spompato, ma almeno assistito da un campione. Se poi ti presenti a Udine con 15 milioni, metà Biabiany e metà Obi, è giusto che Pozzo lo venda a 48 milioni al Barcellona. E' al fianco del campione nel pieno delle sue forze che il senatore può vivere una seconda giovinezza e che un ragazzino di 19 anni può esplodere e esaltarsi con calma, senza pressioni. E l'Inter, eccezion fatta per uno Sneijder che sta più fuori che dentro - e non è un modo di dire, verificate i dati... - forse anche per sua volontà oltre che per problemi fisici, non ne ha.
Per chi non l'avesse ancora capito, tutto parte dalla società, come impone il ragionamento logico. E' lì che bisogna fare il passo decisivo e ripartire seriamente. Un passo da fare immediatamente, senza guardarsi attorno, spendendo ma con cognizione di causa. Investimenti mirati che Marco Branca e i suoi uomini hanno già ampiamente dimostrato di saper fare. Ma adesso servono i soldi freschi, perché le regole del Fair Play Finanziario adesso rischiano di diventare un clamoroso problema per l'Inter ritorcendosi contro i conti della società. Se si decide di investire poco ma si sbagliano gli acquisti, il risultato è che si rischia di ritrovarsi fuori dall'Europa e dunque con gli introiti che crollano. Di conseguenza, a giugno c'è ancora meno da spendere - sempre secondo la logica del FFP - e soprattutto non c'è più l'appeal della Champions da giocarsi con eventuali acquisti di spessore. Un vero e proprio disastro che rischierebbe di far precipitare una situazione attualmente ancora rimediabile - ma con i fatti, non con le parole - in un baratro oscuro dal quale venire fuori diventerebbe davvero un'impresa. C'è bisogno di investire, dunque, già a gennaio e su giocatori di spessore, perché tempo da perdere non ce n'è più.
Il presidente Massimo Moratti lo ha capito e non si tirerà indietro. Non si può più scherzare con questa classifica, perché a questa Inter non si può chiedere nulla di più di quanto non stia facendo. Sono le leggi fisiche e genetiche a imporre questi ritmi, tralasciando la sciagura degli infortuni alla quale però non ci si può più appellare. Per tornare a essere l'Inter e riprendersi la parte sinistra della classifica - facciamo un passo alla volta... - c'è bisogno di forze fresche. Le voci fasulle su presunti inserimenti di investitori russi al fianco del presidente Moratti fanno solo male. Il sostegno dei tifosi c'è, l'impegno della squadra anche, ma adesso servono i soldi. Neanche troppi, ma utilizzati con intelligenza per non piangere a giugno dicendo: "Perché non abbiamo investito prima". Nulla è peggio di un rimorso, specialmente quando distruggi nel peggiore dei modi quella che era una macchina perfetta. Dobbiamo tornare a essere l'Inter, tutti insieme, dalla società alla squadra fino ai tifosi. Forse è il caso di non urlare più 'olè' prima delle partite interne quando sul maxischermo ripassano i gol di Milito a Roma, Siena e Madrid. Forse è il caso di non piazzare uno speaker a esultare per un rigore parato all'88 sotto di una rete in casa contro l'Udinese e con un uomo in meno. Siamo l'Inter, dobbiamo tornare a esserlo fino in fondo. Il passato va cristallizzato. Ora bisogna investire nel presente per garantirci un futuro che sia fatto di scalate, e non di un burrone dal quale risalire sarebbe durissima. Domani è oggi, non c'è tempo da perdere.
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