C’era una volta, nemmeno fino a molto tempo fa, una fase di transizione tra la vecchia e la nuova stagione sportiva che rappresentava una sorta di tormentone, per non dire incubo, per tutti gli addetti ai lavori e per i tifosi: era quella delle comproprietà, esercizio molto in voga fino a qualche stagione orsono, almeno fino a quando complicazioni e anche gestioni sospette hanno portato le società ad accantonare questo sistema. Molti ricorderanno ma per chi magari ha rimosso, detto in soldoni, funzionava così: due società decidevano di accollarsi per una stagione gli oneri del cartellino di un giocatore a metà, decidendo entro il 30 giugno se rinnovare l’operazione per un’altra stagione oppure scioglierla consensualmente a favore dell’uno o dell’altro club, fino alla soluzione estrema delle buste dove le due società scrivevano le loro offerte per riscattare il giocatore, una sorta di asta che in passato ha regalato esiti anche clamorosi, da Paolo Rossi per la cui metà del cartellino il Lanerossi Vicenza offrì oltre 2,6 miliardi di lire del 1978, quelli che verrebbero definiti volgarmente ‘soldi veri’, in giù. Prima di poter iniziare davvero a parlare di calciomercato, era necessario passare da queste forche caudine.

Ma non si fa in tempo a salutare questa pratica delle compartecipazioni, che ecco spuntare all’orizzonte un nuovo terrificante mostro a sette teste che agita i sonni di presidenti e direttori sportivi: il 30 giugno, ovvero la data di ieri, è ormai diventata la data delle plusvalenze. Ovvero, in base alle norme del tanto caro e adorabile Fair Play Finanziario, tutte le società devono mettere a bilancio entro la suddetta data un determinato ammontare di quattrini derivanti, chiamiamola così, dalla valorizzazione del proprio parco giocatori, nello specifico dalla cessione di alcuni elementi. Un passaggio obbligato per tutti, che tutti gli esperti del settore si sono premurati a ricordare in una maniera forse più invasiva delle foto scattate ai termometri dei cruscotti delle automobili che a ogni estate spuntano come funghi sui social a ricordarci che inizia a fare caldo nel caso la cosa fosse sfuggita a qualcuno. E quindi, ancor prima di iniziare col calciomercato vero e proprio, è già tutto un susseguirsi di manovre, di operazioni, di blitz in sedi societarie, uffici e ristoranti, di contrattazioni e visite mediche fatte magari con una certa furia.

Una fase che coinvolge qualsivoglia squadra, obblighi che tutti devono in qualche modo rispettare. Ma nell’immaginario collettivo, questo momento di turbamenti negli ultimi anni sembra essere stato tale solo per l’Inter, chiamata sì nelle scorse stagioni a muoversi con maggiore necessità in tal senso per via del rispetto del dannato ‘settlement agreement’, ma per la quale quasi mai si è data la giusta evidenza al fatto che la certificazione dell’uscita da codesto regime porta il club nerazzurro praticamente alla pari con tutte le altre, col discorso plusvalenze da affrontare con meno fiato sul collo e unendo alla necessità anche la volontà, al fine di potersi presentare ai nastri di partenza della nuova annata più alleggerita negli obblighi e con un bilancio ulteriormente fortificato dall’aumento dei ricavi già messo in preventivo per questo esercizio e che si prospetta ancora più importante nel prossimo. Fattore imprescindibile, se si desidera che un club possa permettersi acquisti di un certo livello nell’era delle squadre autosostenibili, dove i fatturati fanno la differenza e non si può più spendere e spandere senza incappare in conseguenze spiacevoli come magari avveniva un tempo. Cosa, questa, che non pochi tendono a dimenticare…

E ancora una volta, nonostante questa, per diversi e ben noti motivi, sembrava essere l’estate buona per arrivare a centrare l’obiettivo del jackpot plusvalenze attraverso la cessione di uno dei pezzi grossi della rosa, l’Inter, al di là del consueto balletto di cifre minime puntualmente apparso sui vari media, è riuscita a rientrare nei parametri richiesti attingendo al proprio infinito serbatoio di giovani di proprietà, senza necessità di privarsi degli elementi più di grido. Tralasciando quelle che sono le polemiche provenienti dalle altre sponde, per le quali è sempiterno il consiglio dato da Virgilio a Dante in mezzo agli ignavi (“Non ragionam di loro, ma guarda e passa”), non si pensi che questi sacrifici vengano comunque fatti a cuor leggero dalla dirigenza nerazzurra: prova ne sia la volontà di inserire in maniera più o meno esplicita l’opzione di riacquisto o la resistenza nel blindare sin da subito quel Sebastiano Esposito che ha soltanto 17 anni ma con le sue doti da predestinato già fa gola a tanti club. Salutano, forse solo momentaneamente, prospetti che avranno modo di misurarsi con la realtà della Serie A in contesti più soft come ad esempio Marco Sala e Andrea Adorante, oppure che hanno avuto modo di affermarsi anche a buon livello e ora attesi da un ulteriore salto di qualità come può essere Andrea Pinamonti, l’acquisto più caro della storia del Genoa, oppure Zinho Vanheusden che rimarrà nel suo Standard Liegi.

L’Inter si appresta quindi a iniziare questa nuova stagione partendo da queste prime mosse e da un mercato in entrata nel quale sono stati mossi con discreto anticipo passi importanti per la rosa da affidare ad Antonio Conte: blindato da mesi Diego Godin, difensore di esperienza e caratura mondiale (che oltretutto pare non avere alle spalle una madre-agente che promette di essere una mina vagante ancor più di una moglie-agente), riscattato Matteo Politano, messe le mani su giocatori come Stefano Sensi e Valentino Lazaro, adesso ci sono ben due mesi di tempo per ponderare eventuali nuovi arrivi e altre partenze, cullando il sogno Romelu Lukaku ma dovendo fare i conti anche con la resistenza di Mauro Icardi. All’interno del quadro avrebbe già dovuto esserci anche Nicolò Barella, ma intorno al centrocampista dell’Under 21 azzurra pare essere nato una sorta di intrigo sull’asse Milano-Roma.

La storia è nota: da tempo il giocatore ha dato il suo assenso al trasferimento all’Inter, ma il presidente del Cagliari Tommaso Giulini, fiutando legittimamente il colpo della vita, gioca al rialzo facendosi forte di una potenziale offerta da parte della Roma, che di punto in bianco pare aver rispolverato l’interesse per il ragazzo preparando una proposta più gradita al club sardo. Da qui, nasce uno scenario forse più mediatico che concreto da soap opera, con i giallorossi pronti anche a irrigidirsi di fronte alla volontà di Edin Dzeko di accasarsi proprio all’Inter, in quello che a voler andare a vedere di sbieco sembra essere più un tentativo di ripicca del club di James Pallotta proprio nei confronti di Conte, quasi a volergli fare pagare il fatto di non avere mantenuto l’impegno a valutare la proposta di allenare i capitolini come dichiarato apertamente da Francesco Totti in quella conferenza stampa che ha minato ulteriormente un ambiente le cui fondamenta scricchiolavano terribilmente. Dall’altro lato, ecco invece la presunta controffensiva interista con lo scippo di Lorenzo Pellegrini, guarda caso il giocatore che lo stesso Totti ha battezzato come nuovo ‘capitan futuro’, giocatore dalla clausola tutto sommato accessibile e dalle grandi qualità. Schermaglie che in un certo senso ricordano quelle, stavolta esplicite, che nei mesi scorsi videro protagonisti Beppe Marotta e il suo ex braccio destro Fabio Paratici con protagonisti Icardi e Paulo Dybala.

Come andrà a finire? Quanto di concreto ci sarà alla fine in questo feuilleton nemmeno troppo entusiasmante a dire la verità? Quel che è certo è che la volontà di Barella è ben salda, l’Inter lo sa e proprio per questo motivo non sembrerebbe intenzionata ad andare troppo incontro alla voglia di asta di Giulini. Perché va bene che il mercato ha le sue leggi e che la fame di plusvalenze è diventata atavica, ma a tirar troppo la corda il rischio è che si spezzi e alla fine si resta col cerino in mano. E che certi treni e certi valori potrebbero anche non ripassare più.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 01 luglio 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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