Ci sono cose che a volte, quando si parla di pallone - semplice e stupido pallone - ti lasciano sconcertato; perché va bene tutto, ripeto sempre di pallone stiamo parlando e non dei massimi sistemi, ma bocciare calciatori dopo cinquanta minuti cinquanta passati a correre su un prato verde senza conoscere le dinamiche di un campionato complesso e tattico come quello italiano, contro una delle squadre più fisiche del torneo, catapultato in un sistema di gioco nuovo mi pare leggermente eccessivo.

Già, questo è successo; Eriksen, sì proprio quell’Eriksen che pensate, messo in discussione dopo l’esordio è quanto di più divertente si possa leggere o ascoltare. Certo, il ragazzo di Middelfart non ha entusiasmato alla sua prima in nerazzurro, ma mi sentirei proprio di trovare più di una attenuante in proposito. E non sposo nemmeno la tesi del… però Sneijder hai voglia, altra tempra. No, scusate, assolutamente no. Wes è arrivato in primo luogo nel periodo più felice della recente storia interista, all’interno di un gruppo fortissimo e già abituato a vincere, con un modulo che lo vedeva interprete principale; Mou, sempre grazie a Mou, giocava col rombo in mezzo dopodiché è passato ad una sorta di 4-2-3-1 nel quale l’olandese mai dimenticato giostrava a proprio piacimento su e giù per il campo. Altra cosa rispetto alla metodologia contiana, questa è una piccola critica lo dico prima, vorrei di tanto in tanto vedere altro, troppo legata al 3-5-2 dove perfino Wes avrebbe incontrato non poche difficoltà. Per me lunga vita a Christian il quale, ricordiamo, non è né il Pelè né, tantomeno, il Maradona di turno. È un top player capace di far rendere i suoi compagni al meglio, perché dà del tu al pallone e sa sempre cosa fare al momento giusto. Rallentare, accelerare, appoggiare a chi gli sta accanto, lanciare nello spazio o quel che preferite Voi, poco importa, Eriksen è questa roba qui. E poi, non scordiamocelo, tira le punizioni; che non vuol dire un tiro un gol ma, molto più semplicemente, avere un’arma ulteriore a disposizione. 

Altro giro altro regalo; Sebastiano Esposito, anni diciassette. Non ventisette, nemmeno trentasette; diciassette. E sì, domenica sera non ha sfoderato la miglior prestazione della sua carriera agonistica, anzi, ma chissenefrega. Stiamo parlando di un ragazzo che sarà l’Inter del futuro. Porterà i nostri colori ovunque, orgoglioso della maglia che indossa. Ora, personalmente ho sostenuto che Esposito a Udine abbia galleggiato sotto la sufficienza; ma a Udine, perché la serata no può capitare a tutti, perfino a Messi o a Neymar, pensate un po’. A maggior ragione a un diciassettenne. Per il resto la mia personalissima opinione, opinione e in quanto tale opinabile, è che il giovanotto debba studiare e applicarsi ma i risultati, allenandosi al fianco di Ro-me-lu e del Toro arriveranno presto. E ci sarà da divertirsi.

Ora, con ciò non voglio difendere a tutti i costi chi è stato criticato per una prestazione incolore, definiamola così; molto più semplicemente ho ancora qualche scampolo di memoria funzionante e ricordo in maniera chiara e lineare cosa veniva scritto la scorsa estate, facciamo un nome a caso, su Lu-ka-ku. Dipinto come una sorta di pippone, parole di Antonio Conte non mie, il ragazzone belga ha smentito tutti i suoi detrattori, anche se come amo dire esistono ancora coloro che resistono, ancorati sulle loro posizioni, difendendo come soldati giapponesi della seconda guerra mondiale la loro isoletta, al netto di una guerra ampiamente perduta. Perché bastava aspettare, vedere come il nuovo numero nove nerazzurro si sarebbe calato nella parte, cercar di capire quale effetto avrebbe sortito cambiare campionato, non modo di giocare. Croce e delizia Romelu, a oggi direi assai più delizia, ma le critiche estive riguardavano la sua capacità di reggere l’urto con le difese italiane, meno permeabili di quelle anglosassoni e con un livello di attenzione decisamente superiore. Stesso discorso, senza iniziare una lista che occuperebbe pagine e pagine, lo potremmo tranquillamente fare per Lautaro, scommessa vinta da Conte e dallo stesso ragazzo argentino, oggi un leader nonostante la giovanissima età. E dimentichiamo forse Sensi, perseguitato dalla sfiga ma capace di incantare e deliziare il popolo nerazzurro con giocate da campioncino assoluto? O Barella, che palle pagare tutti ‘sti soldi per uno che ha giocato a Cagliari, non esiste proprio…ah, volevo dirvi che oggi Nicolò vale ben più di quanto è costato qualche mese fa…

Ecco il motivo per il quale ora, a chi critica per il puro piacere, vorrei dire; aspettare qualche settimana, vedere come funziona l’Eriksen di turno poi – eventualmente – criticare; che il rischio di fare brutte figure è dietro l’angolo.

Alla prossima.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 05 febbraio 2020 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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