Ha generato enormi polemiche il voto striminzito dato a Diego Godin dalla Gazzetta dello Sport nelle pagelle del derby. Polemiche scaturite per un 6 ritenuto troppo 'stretto' dopo la prestazione dell'uruguaiano contro il Milan. Una valutazione bassa, in scia a quel 5,5 affibbiato a Skriniar in Inter-Udinese sempre dalla rosea. Stavolta, però, il 6 ha fatto rumore anche perché gli altri due quotidiani sportivi (Corriere dello Sport e Tuttosport) a Godin hanno dato 7. Stessa valutazione di FcInterNews, di cui vi proponiamo anche il giudizio: "Ritrova il campo dal 1' nella prima stacittadina milanese in carriera. Leao prova a metterlo in difficoltà con le accelerazioni palla al piede, lui risponde con un'esperienza che vantano pochi in Europa. Imperioso nelle palle alte, vince tutti i contrasti e cerca di non buttare mai via il pallone. Prestazione monstre, con l'unico neo a pochi secondi dal triplice fischio (quando perde palla ed aziona involontariamente Rebic)". Insomma, un distanza notevole.

Il punto di partenza è che le pagelle sono soggettive e resta sempre difficile andare a sindacare un voto. In particolare, poi, manca la base per giudicare: non si conoscono le consegne date dall'allenatore e, di conseguenza, diventa del tutto arbitrario dare un giudizio preciso e puntuale. Il tutto, senza contare che osservare attentamente 22/28 giocatori in 90 minuti è impresa piuttosto ardua, se non impossibile. Figurarsi addirittura decretare una sentenza come la stesura di una pagella. E allora? Non avendo praticamente mai il tempo di riguardare almeno una seconda volta la partita, ma dovendo chiudere il pezzo in fretta e furia, bisognerebbe prendere tutto con un po' meno di serietà. Il lettore dovrebbe concedere al giornalista le attenuanti generiche e, allo stesso tempo, il giornalista non si dovrebbe porre sul piedistallo del "so tutto io". Anche perché – ripetiamo – non esistono certezze assolute in alcun senso. Sulle pagelle esistono decine e decine di linee editoriali: c'è quella più soft, quella tranchant, quella superficiale, quella più analitica, quella sostanziale, quella democristiana. E, inutile nasconderlo, c'è pure quella marchettara. Un cancro da estirpare.

Detto ciò, il derby di Godin – secondo chi vi scrive – resta una partita da incorniciare. Il migliore del Milan, ovvero Leao, di fatto non si è mai reso pericoloso. Certificato il netto divario di velocità, l'uruguaiano si è sempre fatto trovare piazzato nel modo giusto, nonostante si stia reinventando terzo nella difesa a tre di Conte. Rispetto al passato, Godin è anche chiamato più spesso a impostare, a uscire a testa alta dalla difesa, a ribaltare il fronte del gioco. E contro il Milan l'ha fatto spesso e bene. Basti pensare al gol del raddoppio, che origina proprio da una sua sventagliata chirurgica: Godin fa ripartire l'azione, alza la testa e pesca Barella al limite dell'area rossonera con un lancio millimetrico. Poi il cross del 23 nerazzurro e l'inzuccata imperiosa di Lukaku.

Oltre alle letture tattiche, alle marcature e a tutto il resto, c'è da sottolineare anche un altro aspetto che resta sommerso, ma che è altrettanto decisivo: il carisma. La presenza di Godin si avverte, è palpabile. Carica i compagni e i tifosi: per loro è un punto di riferimento. E per gli allenatori è una certezza. Come si pesano queste caratteristiche? Quanto possono incidere in un voto su una pagella? Dipende dalla sensazione soggettiva, dal saper cogliere alcuni dettagli. E poi, in fondo, è davvero così importante? Il calcio è un gioco di squadra e, a guardare bene, separare così nettamente le valutazioni dei giocatori senza tener conto dell'incastro con i compagni di squadra risulta un esercizio senza troppo senso. L'uno si muove in funzione degli altri dieci e ne è imprescindibilmente condizionato. Le pagelle sono un giochino o poco più. Il calcio è altro. E Conte si gode il suo Faraone: il voto davvero importante è il suo.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 24 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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