Ci sono polemiche che riflettono molte più cose di quante pensiamo. Come un lago che in una bella giornata di sole utilizza, come fossero i pastelli di un pittore, i raggi e la luce per restituire e riprodurre su di esso il paesaggio circostante, con effetti leggermente distorti ma ugualmente evocativi ed efficaci.

Le polemiche legate al rinvio di Inter-Sassuolo, alla decisione dell’Ats, ai nazionali che prima non potevano partire poi sì, riflettono purtroppo e fin troppo bene le medesime difficoltà, incongruenze e incoerenze di un Paese che da oltre un anno affronta la battaglia contro la pandemia senza mai dare la sensazione di aver imparato la lezione, aver fatto tesoro degli errori e soprattutto senza mai dare la sensazione di essere sul punto di fare quell’accelerazione decisiva e tanto attesa che permetta di uscire dal pantano. Con la conseguenza di gettare nello sconforto, nella migliore delle ipotesi, tutti coloro che lecitamente si chiedono: “Ma dopo tutti questi mesi siamo ancora a questo punto?”.

Le polemiche legate al mondo del calcio hanno più o meno lo stesso effetto. Mesi e mesi per preparare protocolli e normative per poi scoprire che c’è sempre spazio per incomprensioni, polemiche, decisioni che prima vanno in un senso poi in un altro (la stessa Inter è rimasta “incastrata” in un protocollo che a inizio stagione le ha consentito di giocare un derby con 6 giocatori positivi per poi veder rinviata una partita dopo 4 casi di contagio).

Dove c’è un vuoto normativo e decisionale, è lì che entrano i fastidiosi raggi solari della polemica becera, accecata dal tifo e dalla rivalità e che finisce per avvelenare, anche di fronte a ciò che dovrebbe mettere tutti d’accordo e cioè la salute pubblica, insospettire, gettare ombre e fango su tutto. Finisce anche per provocare nausea e stanchezza in una sorta di rifiuto a fare parte di un circo, mediatico e social, che spesso non sa giudicare se non sulla base della convenienza o dell’appartenenza.

È avvilente e nessuno lo merita. Convivere con una pandemia significa, per forza di cose, essere costretti a convivere con forzature, limitazioni e situazioni spesso al limite. Ma darsi delle regole chiare, precise e soprattutto saperle far rispettare può contribuire a rendere tutto meno nebuloso. Che disputare un campionato in queste condizioni non fosse semplice era ovvio, farlo avendo stabilito per tempo protocolli chiari da seguire era il minimo. Se si decide di giocare lo si fa con certe regole. Punto.

E c’è qualcuno che può ritenersi ugualmente danneggiato dal caos creatosi negli ultimi giorni, è proprio l’Inter: in una stagione in cui la forza e la superiorità della squadra di Conte lasciano poco margini ai dubbi, veder sorgere le solite polemiche e accuse velenose di chi spesso è stato il primo a cercare scorciatoie e a ledere i più elementari principi sportivi, è un’ingiustizia immeritata oltre che un capo d’accusa pendente sulla testa senza che il reato sia stato commesso. È l’occasione che certi serpenti aspettano per uscire dalla tana. In quanto giornalista, appassionata, tifosa ma anche, credo e spero, persona in buona fede, sono la prima a volere un sistema normativo per il calcio e il campionato che non lasci spazio a polemiche e dubbi, che governi con la maggior equità possibile le situazioni che si creano e che non resti in balia di cambi d’opinione, sentenze che creano precedenti e decisioni difformi. Che poi restano buone unicamente per alimentare le solite stupidaggini di chi vuol vedere marcio ovunque. E per queste categorie, purtroppo, non esiste nemmeno un vaccino.

VIDEO - WALTER SAMUEL, LA CARRIERA NERAZZURRA

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 marzo 2021 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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