Il derby è sempre il derby. Si azzera il divario in classifica nei casi in cui le due squadre giochino come quest'anno nella stessa serie. Si dimenticano i 7 punti, equivalenti alle tre vittorie in luogo di due pareggi e una sola sconfitta, sale il livello delle emozioni, il coinvolgimento dei tifosi e dei giocatori in campo. Alcuni lo sentono di più, altri di meno. C'è chi vince già in partenza in carica e motivazioni, chi ci perde. Nella categoria dei primi rientra Hakan Calhanoglu, tra gli uomini più attesi della sfida, visto soprattutto il marchio dell'ex, messo in dubbio seppur minimo dall'ottima prova di Vidal in Champions League. Il turco è uno dei fari su cui punta Inzaghi per il suo centrocampo, anche stavolta, nella sfida secondo molti già decisiva in ottica scudetto. E proprio contro la sua ex Hakan non delude, anzi, mette in campo forse la sua prova migliore da quando veste i colori della Milano nerazzurra, quella col tricolore cucito sul petto e che non è mai scesa in B.

Dall'altro lato c'è Ibra, un altro spauracchio che di solito quando incrocia i suoi ex colori (ne ha indossati tanti, ma qui ci riferiamo all'Inter) non perdona mai. Ma c'è sempre una prima volta. Vuoi il confronto negato con Lukaku o più probabilmente le quaranta candeline soffiate un mese fa, lo svedese entra nei duelli meno borioso, più statico e prevedibile, venendo sempre sovrastato dalla retroguardia nerazzurra e offuscato dal caos di maglie portato avanti dagli stessi suoi compagni. Proprio qui sta il peccato originale del Milan di Pioli, che genera la ripartenza dell'Inter all'8': fuori dagli schemi Calabria che in fase d'attacco fa l'ala destra, Kjaer sale a prendere Perisic lasciando campo alla ripartenza nerazzurra. Dopo il recupero Kessié commette il patatrac (l'ivoriano nella propria area non ci capirà mai nulla), fallo sul vecchio compagno di squadra Hakan, che si rialza, sistema la palla sul dischetto e dopo la realizzazione può portarsi le mani alle orecchie per sentire meglio i fischi dei suoi ex tifosi e la gioia incontenibile dei nuovi. Mai un gol nel derby di Milano? Bastava semplicemente cambiare maglia.

Negli ultimi 25 gol dell'Inter nella stracittadina solo due sono stati messi a segno da un difensore. Indovinate chi? Lo stesso che stavolta si è fatto beffare dalla traiettoria velenosa del calcio di punizione di Tonali cercando l'anticipo sulla minaccia Tomori. Dopo le due reti siglate nel 2-3 del marzo 2019 e nel 4-2 del febbraio 2020, per una volta De Vrij è uomo derby in negativo, anche se dopo l'autogol maldestro l'olandese, che ieri sera avrebbe festeggiato pure le 200 presenze in Serie A ma non sappiamo più con quale spirito, si risolleva con una prova solida e senza sbavature in marcatura su Ibrahimovic. Spuntato come non mai invece Lautaro, a cui il gol manca dallo scorso 2 ottobre (Sassuolo-Inter 1-2) e che eppure al Milan aveva rifilato tre reti negli unici suoi quattro precedenti nel derby, ultima la doppietta nello 0-3 dello scorso febbraio che lanciò l'Inter verso il titolo. E non valgono nemmeno i soliti discorsi applicabili alla categoria di attaccanti in digiuno, come "però fa giocare meglio la squadra" o "capita a tutti i bomber", perché il Toro sbaglia tutto ciò che è possibile sbagliare, incluso il secondo calcio di rigore della gara che avrebbe riportato la squadra avanti nel punteggio e a meno 4 dai cugini. Il trend dovrà cambiare e molto prima della scadenza del contratto firmato fino al 2026. Intanto la gloria va a Tatarusanu.

Altro rinnovo, altra gioia seguita da derby con luna storta. Dopo l'inizio di stagione prorompente, i premi e le acclamazioni, Barella, per molti Capitan Futuro, incespica sul più bello. Il doppio errore con colpo di tacco spensierato alla Balotelli e fallo ingenuo su Leao che porta alla punizione dell'1-1 non è da lui. Segue una prova sottotono (l'infortunio finale certifica la serata negativa) e per una volta non ai livelli del "miglior centrocampista d'Europa" secondo Fulvio Collovati, più competente nel parlare strettamente di calcio che di donne. Di fronte a lui aveva il pressing asfissiante di Kessié, mentre Tonali e Krunic erano stati incaricati di vedersela rispettivamente con Calhanoglu e Brozovic. L'ivoriano però in difesa ci capisce poco e concede al 23 la palla gol più clamorosa dell'incontro, sprecata davanti al salvataggio sulla linea di Ballo-Touré (ad ogni azione offensiva dell'Inter almeno tre rossoneri si portavano sulla linea di porta a fianco di Tatarusanu attestando la fiducia per il portiere).

È stato un derby vibrante, combattuto e nel complesso equilibrato, in cui sono mancati forse proprio gli uomini derby più attesi, mentre un altro dall'accento turco e con il marchio dell'ex può esserne nato. Con il Lautaro di inizio stagione (cinque gol in sei giornate) o con Barella più lucido e versione triplo-polmone chissà Inzaghi starebbe esultando per il meno 4 dalla coppia di testa. A 26 giornate dal termine del campionato, ovvero 2640 minuti (pari a 97,5 giorni di partita), non ci prolunghiamo nel dibattito fra i disfattisti e gli ottimisti sulle possibilità di rincorsa al titolo: il tempo è ancora lungo e per i tecnici normalmente ogni discorso è rinviabile a febbraio. Proprio il 2-2-2022 potremo ottenere maggiori certezze sulle chance di scudetto bis della squadra nerazzurra. E le risposte potrebbero arrivare dagli uomini derby che questo derby non ci ha fornito.
Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 novembre 2021 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri
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