Non lo è stata ieri e non lo è nemmeno oggi dopo un pareggio interno contro il Genoa: la fine del mondo - con buona pace dei Maya e di Ligabue, che non smette di chiederci a che ora è - non arriva. Eppure dopo quel clamoroso errore di Livaja, un po' tutto San Siro ha alzato gli occhi verso il cielo per cercare di intravedere nella nebbia qualche meteorite. Perché proprio dietro quell'errore si spengono tutte le analisi tattiche, le perplessità, l'assenza di un playmaker, i 44 minuti di recupero assegnati alla Juventus. Un approccio da censura al pallone quello dell'attaccante croato, che a pochi centimetri dalla porta non difesa da Frey, ha colpito un irripetibile palo. Un errore dovuto alla scarsa concentrazione, ma che oggi - nonostante tutto - avrebbe potuto consolidare, in caso di esito positivo, il secondo posto solitario e il distacco invariato di sette punti dalla Juventus.
Invece sono nove le distanze dai bianconeri. Un distacco così ampio da rendere ridicola ogni banalissima "caccia all'anti-Juve", anche se oggi c'era ancora qualcuno che si divertiva a fare domande del genere ai giocatori della Lazio. C'è una cosa però che a me non piace tanto fare, ed è quella di giudicare le partite (o meglio, i campionati) in base ai semplici episodi (arbitrali e non). Ecco, se provo a fermarmi un attimo e provo ad analizzare il pareggio di oggi, mi viene in mente solo una parola: organico. No, il problema non è Stramaccioni che non ha dato un'identità tattica alla squadra. No, non è Tosel che squalifica Guarìn per aver ...boh, non so fatto cosa. E non lo è neanche il povero Livaja, che per quanto approssimativo in occasione dell'errore, va comunque giustificato per la giovanissima età. Il problema è l'organico.
Perché se ti trovi a dieci minuti dalla fine sotto con l'ultima in classifica (al netto delle penalizzazioni) e la tua unica carta è un giocatore con la casella 0 alla voce gol in Serie A, capisci che forse il problema è più semplice di quello che immaginavi. Ieri la Juventus, in una situazione simile contro il Cagliari, in cui ha fatto fatica a macinare gioco passando addirittura in svantaggio, ha inserito Vucinic e Matri al posto di Lichtsteiner e Quagliarella. Risultato? Occasioni - episodi arbitrali a parte - e vittoria. Un'analisi che a primo impatto può sembrare semplice e banale, ma che forse nasconde dietro pipponi infiniti di giornalisti complessati, la sua soluzione. Sento qualcuno lamentarsi dell'assenza di un gioco, sento qualcuno dire "Stramaccioni non riesce a far tenere il pallone alla sua squadra nemmeno contro il Verona che sta in Serie B". Bene, anche a questo c'è una semplice spiegazione. All'Inter - fatta la dovuta eccezione per Guarìn - manca un centrocampista in grado di prendere la squadra in mano, addormentando o macinando il gioco a seconda delle necessità della partita.
E invece tocca a Gargano scendere sulla linea dei difensori, individuare il compagno libero e lanciarlo. Un paradosso tattico perché l'ex centrocampista del Napoli, per quanto generoso, tende a litigare spesso con il pallone. Il suo contributo a livello di polmoni è straordinario, ma chiedergli di impostare il gioco è un po' come chiedere a Barbara D'Urso di condurre una trasmissione incentrata sulla politica. Ed ecco che arriva la cascata di fischi dalla tribuna dopo un passaggio sbagliato dal povero Gargano. La stessa tribuna che ha riservato ad Alvarez un trattamento simile a quello gentilmente servito a Ronaldo quando giocò il derby con la maglia del Milan. Come ha detto Cambiasso nel dopo partita, i tifosi sono liberi di comportarsi come vogliono. A mio avviso, infatti, siamo tutti liberi di essere stupidi. L'argentino soffre sicuramente l'approccio con il pubblico e mostra gravi problemi di tenuta - oltre che fisica - anche mentale, viste le continue pause che continua inesorabilmente a prendersi. Ma ricordiamo che veniva da un lungo infortunio, in cui oggi purtroppo potrebbe essere ricaduto. Resto dell'opinione che se proprio c'è qualcuno da fischiare, quelli sono i giocatori avversari o quelli che usano la maglia nerazzurra a mo' di zerbino dopo una semifinale di Champions vinta contro il Barcellona.
Infine, concludo questo editoriale di fine 2012 post-gara (perché ne verranno altri da qui fino al 31), andando a ripescare nell'almanacco della storia recente nerazzurra, la figurina di Julio Ricardo Cruz. El Jardinero è il giocatore che in partite del genere avrebbe tolto le castagne dal fuoco con un guizzo dei suoi. Perché questo Milito non basta per reggere una stagione intera, serve un ricambio all'altezza. E allora non ci resta che aspettare le risposte che arriveranno dal mercato: si chiude un anno al terzo posto nella stagione della rifondazione (mica male come inizio). Vietato adagiarsi adesso, Branca e Ausilio sono avvisati.
P.s. Chi vi ha detto che questa squadra doveva vincere lo Scudetto?
Autore: Mario Garau / Twitter: @MarioGarau
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