"Onestamente non siamo ancora una grande squadra, non è un bene vivere difficoltà così. Abbiamo giocato male per 60 minuti, eravamo veramente in difficoltà, senza cattiveria e voglia. Poi ci siamo svegliati e abbiamo vinto, questo è l'importante". Per chi ha a cuore l’Inter è difficile dimenticare le pungenti e significative frasi rilasciate a SkySport da Romelu Lukaku dopo l’immediato triplice fischio del match d’andata contro il Torino, vinto dall’Inter con la pazza rimonta guidata dal belga che alla fine ha lasciato in archivio il 4-2 nerazzurro. Ma l’ammissione di Big Rom in quel 22 novembre ha fatto rumore. Ed ora, a distanza di mesi, l’Inter si presenterà al secondo incrocio stagionale con i granata in ben altro modo. 

In primis a livello di modulo: nelle montagne russe di San Siro, Conte si era infatti affidato ad un 3-4-1-2 in uno degli ultimi (e continui) esperimenti tattici con il trequartista, mentre domenica pomeriggio si presenterà al duello con il collaudato 3-5-2 che ha contribuito a far rinascere le ambizioni del Biscione. Un’altra differenza rispetto all’andata è rappresentata dalla mentalità dei nerazzurri: se prima il gruppo faticava a trovare sicurezza ed equilibrio anche per l’approccio ultra aggressivo al match e il conseguente - pericoloso - campo aperto lasciato alle spalle dei difensori, quattro mesi dopo la squadra si sta dimostrando più corta, paziente, matura e letale, attendendo i momenti giusti per graffiare quando serve nell’arco dei 90’. A fare la differenza ci sono ovviamente anche gli stimoli dettati dalla classifica e morale: se a novembre i nerazzurri erano chiamati ad inseguire i cugini del Milan, ora la situazione si è capovolta, con l’Inter in (semi) fuga a sei punti di vantaggio e il Diavolo costretto a rincorrere. 

Merito di un cambio d’atteggiamento e di un’assunzione di responsabilità che ha fatto crescere tutto il gruppo, dall’esperto capitan Handanovic fino a giovani punti fermi come Bastoni, Barella e Lautaro Martinez. Il tutto accompagnato dalla pazienza del meticoloso Conte, bravo ad attendere e rilanciare la solidità difensiva di Skriniar, la corsa di Perisic e la fantasia di Eriksen, che a Torino potrebbe restare ai box a causa di un’infiammazione al ginocchio sinistro che verrà valutata in giornata. Ma dalle parti di Appiano Gentile si respira comunque la giusta dose di ottimismo. Perché è proprio dalla sfida di andata contro il Torino che l’Inter di Conte si è messa in testa l’idea di tornare ad essere grande, godendosi "il percorso" ma trovando finalmente sicurezza e concretezza facilmente visibili nella prestazioni e nei numeri registrati da Lukaku e soci. 

Se nella prima parte del girone d’andata la banda di Conte aveva incassato 13 gol nelle sfide contro Benevento (2), Fiorentina (3), Lazio (1), Milan (2), Parma (2), Atalanta (1) e Torino (2), dopo il giro di boa i nerazzurri hanno alzato il muro, complici anche la crescita dei singoli come Handanovic e dei meccanismi sempre più oliati dalla SDB forgiata dall’ex ct della Nazionale. Nel girone di ritorno, quando impegnata contro le stesse squadre, l’Inter ha infatti raccolto la palla dalla propria rete solo in due occasioni (nei gol presi da Lazio e Parma) viaggiando a ritmi alti con la rotonda media dei tre punti, dando segnali di crescita continui e schiacciando Lazio e Milan negli scontri diretti in un momento cruciale dell’annata. Per fare bottino pieno contro un’Atalanta più che in forma, invece, Conte ha preferito giocare d’attesa, colpire e difendere un prezioso 1-0. Il risultato? Altri tre punti (pesanti) nelle tasche dell’Inter e tante, inutili polemiche nei salotti televisivi, dove veniva sottolineata da alcuni pseudo-esteti del calcio che "l'Inter ha messo il pullman" e che "pensa solo a difendersi".

Falso luogo comune: ci si dimentica che l’Inter ha preso zero gol da quello che si è presentato a San Siro come il secondo miglior attacco della Serie A con 60 centri (saliti a 63 dopo il tris di ieri sera allo Spezia). E qual è il primo? Proprio quello della squadra che "sa solo difendere", ma che finora con Lukaku, Lautaro e compagnia ha già bucato i portieri avversari per 63 volte. Come solo la Dea (che vanta una partita in più nel conteggio) in Italia. La verità che a molti fa male è che l’Inter ora ha trovato equilibrio, sa difendere come si deve ed attaccare come poche altre squadre in Europa. Dal Torino a Torino, la Beneamata è finalmente maturata. E sta provando a completare la sua metamorfosi da "grande squadra", come chiedeva a gran voce Big Rom.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 13 marzo 2021 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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