Il 25 dicembre si avvicina a grandi passi; e come tutti i bravi bambini anch’io voglio scrivere la mia letterina a Babbo Natale. Perché sono stato buono tutto l’anno, ho sopportato di ogni, ho letto ed ascoltato eresie che definire allucinanti è un insulto per il termine allucinante, ho visto cose che nessun umano dovrebbe mai vedere, sceneggiate calcistiche al limite del paranormale. Ho sopportato in religioso silenzio, col contorno pure di qualche insulto qua e là oltre alle normali prese in giro di carattere prettamente calcistico. Quindi, ora che il 2015 sta per volgere al termine, desidero (pretendo mi sembrerebbe un pochino troppo) in cambio qualche piccolo regalo. Cose di poco conto, niente di spaventosamente eclatante; solo qualche piccolo regalo, nulla più.

Caro Babbo Natale, vorrei tanto che la mia squadra continuasse a donarmi le soddisfazioni di questi ultimi quattro mesi. Vorrei che anche nel prosieguo del campionato, indipendentemente dall’esito finale, questi ragazzi continuassero a dare in campo corpo ed anima. Come stanno facendo da un po’ di tempo a questa parte. Vorrei potermi lustrare ancora gli occhi guardando come calciatori dalle indubbie capacità tecniche, Ljajic su tutti ma seguito a ruota da Perisic, perfino Jovetic e sembrerebbe pure Maurito, tornino fin sulla linea degli esterni bassi, quelli che una volta si chiamavano volgarmente terzini, onde aiutare questi ultimi nei raddoppi; di fatto non concedendo spesso e volentieri nemmeno un metro quadro agli avversari.

In realtà, sono onesto e sincero, una piccola anticipazione sulle strenne di dicembre me l’avevi già concessa la scorsa estate. Sì perché, forse non ne sei consapevole anche se a me piace pensare che Tu lo sia a luglio, in piena canicola, hai fatto sbarcare dalla slitta a Milano un tale Joao Miranda de Souza Filho, per tutti semplicemente Miranda il quale, arrivato tra un coro di lazzi e pernacchi per l’astronomica (circa una dozzina di milioni, euro più euro meno) cifra pagata dalla Società nerazzurra per acquisirne i servigi, ho la memoria lunga e ricordo certi titoli di certi presunti espertoni, si sta dimostrando un grande leader: l’uomo di cui avevamo un disperato bisogno per rimettere in sesto una difesa che definire traballante ed impaurita, grazie ad una quindicina di mesi trascorsi tra bottigliette morsicate, gioco stantio e prevedibilità assoluta, è ancora poco. Anche l’avvento di Roberto Mancini non riuscì, a suo tempo, a far cambiare il carattere di calciatori che avevano il terrore della propria ombra. Oggi il brasiliano è il perno fisso attorno al quale ruotano gli altri elementi. Anche se, appare evidente pure ad un bambino, il compagno di reparto con cui si sposa meglio è il giovanissimo Murillo. Mix di irruenza, qualche bestialità e tanta tanta sostanza. 

Vorrei, caro Babbo Natale, continuare a guardare lo spogliatoio interista, quello che un tempo veniva definito da tutti quanti, extraterrestri compresi, come il più caldo dell’intero panorama calcistico mondiale, così unito e sorridente. Certo, lo immagino, arriverà anche il tempo delle vacche magre, fa parte del gioco; ma che vuoi, mi piacerebbe che quel sorriso e quella spensieratezza che sembrano accompagnare oggi chiunque vesta la maglia coi colori del cielo e della notte ci fossero anche allora, sia pure nelle difficoltà. Io, lo dico davvero, raramente ricordo a memoria un gruppo così coeso, senza invidie, fatto da ragazzi che provano il massimo del rispetto l’uno per l’altro. E che si dannano l’anima pur di aiutarsi. Sì, esatto: quello spogliatoio definito polveriera per anni ed anni, quello dal quale usciva di tutto di più perché pieno zeppo di gole profonde (sia chiaro, nessun riferimento a Linda Lovelace), oggi è sigillato. Non passa uno spiffero. Ma nemmeno un alito di niente. Cosa che, detto per inciso, in pochi hanno notato e sottolineato. Perché, infondo infondo, è più facile sparlare che parlar bene.

Allora parliamone bene. Di questo Presidente, che non sarà il George Clooney del Sud Est asiatico, ma che oltre al cuore sta mettendo un bel po’ di raziocinio nel rilancio del marchio Inter. È arrivato tra le risatine ed i colpetti di gomito di presunti addetti ai lavori, di quelli che sanno tutto loro e noi comuni mortali siamo un branco di pirla, si dice a Milano. Gli hanno preparato un discorso d’insediamento non da tramandare ai posteri, culminato col famoso “chi non salta rossonero è” che, siamo franchi, non entusiasmò nessuno. Lui, il buon Erick da Giacarta, ha fatto finta di niente, ha distribuito quattro sorrisi e tre parole. Poi ha iniziato il lavoro vero. E lì son cadute un discreto numero di testoline. Alcune note, altre meno. Ma probabilmente, visti i risultati ad oggi, poco utili alla causa. Il presidente ha ricominciato chiamando personaggi capaci, professionisti tosti. Che non hanno portato in seno alla Società amici personali. Ma altri professionisti, altrettanto utili alla causa. Oggi all’Inter c’è una figura di riferimento, Bolingbroke, in grado di sostituire perfettamente il Presidente durante le sue lunghe assenze; non per cattiveria, ma non è che Erick abiti proprio dietro l’angolo. Ricordo anche, andare a riprendere filmati ed ore ed ore di dibattiti del tutto inutili, le riflessioni di qualcuno che pensava: ma come farà questo signore a seguire la squadra, visto che abita così lontano? No, giurin giuretta, o mi sono rimbambito del tutto o questo è stato argomento di intere trasmissioni televisive nonché di veri e propri editoriali su testate di spessore. Poi, alla fine della fiera, il giovanotto indonesiano (è indonesiano, meglio specificarlo per qualcuno che biascica l’idioma italico, figuriamoci se conosce la geografia) sta riuscendo nell’impresa di coniugare la lontananza con la possibilità di controllare l’Inter. Cose da tramandare ai posteri.

Caro Babbo Natale, per finire vorrei chiederti un grande, immenso favore; per cortesia, non fare in modo che la dirigenza nerazzurra, così accorta fino ad oggi, cada nella tentazione di cercare a tutti i costi il colpo ad effetto per il mercato che sta aprendo i battenti. Fatte salve poche eccezioni, i Ranocchia che è giusto vadano a giocare con continuità, i Vidic che è giusto che vadano e basta, i Gnoukouri che devono fare esperienza come titolari per tornare a casa madre più forti di quanto già non siano, desidererei che la rosa restasse quella che è. Perché ho paura che anche un solo granello di sabbia possa rovinare l’ingranaggio.
E ci resterei male.
Bando alle ciance, sotto con la Lazio. Con grinta, impegno e cattiveria sportiva.
Niente è stato ancora fatto.
Amatela. Sempre!
Buona domenica a Voi.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 20 dicembre 2015 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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