Ma di che cosa stiamo parlando?
Per chi ha memoria delle cose che succedevano nel periodo prima di Calciopoli  quella di martedì è una notizia che va solamente a confermare ciò che i nostri occhi erano soliti a vedere.
Moggi a capo di un’associazione per delinquere? Dov’è la notizia? Non era già evidente a tutti indipendentemente dalla sentenza del Processo di Napoli?
E’ vero, ma, considerando la perversione di taluni media, che antepongono con maestria la volontà di incamerare ascolti o copie rispetto alla  realtà dei fatti, ci sta che un po’ di paura ci potesse essere.
In questi anni abbiamo assistito a processi televisivi o su carta stampata in cui si parlava di codici, leggi, norme, senza cercare di analizzare quello che ogni addetto ai lavori dotato di un minimo di buonsenso poteva constatare ogni gara di campionato. Il tutto solo e soltanto per far il gioco dei tanti beceri che, per partigianerie legata al proprio tifo, si auguravano una sentenza piuttosto che un’altra.
Fortunatamente la magistratura ancora una volta ha risposto in maniera egregia, uscendo dalle logiche di un processo che stava diventando sempre più mediatico e sempre meno collegato alla realtà dei fatti.
Certo, siamo solo al primo grado di giudizio, ma, gli atti ascritti agli imputati sono piuttosto evidenti. In tutti questi anni solo i gonzi hanno confuso l’effettiva storia con le logiche o le tattiche della difesa degli accusati. E’ ovvio che Moggi, in qualità di primo imputato, abbia dovuto portare avanti una sua strategia difensiva e vedere che degli allocchi prendevano per oro colato tutto ciò che gli avvocati  sostenevano mi ha sempre fatto quantomeno sorridere.

Vi svelo un paio di aneddoti che mi riguardano personalmente. Durante la primavera del 2007 lascio Italia7 gold per passare a Telelombardia e la prima cosa che chiedo al nuovo Direttore (l’amico Fabio Ravezzani, a cui va dato atto di aver comunque operato questa scelta per questioni esclusivamente giornalistiche e non per interessi più o meno personali) è quella di poter essere esonerato dalle trasmissioni in cui partecipava Luciano Moggi. La scorsa estate ho rifiutato una proposta di collaborazione da parte di un’emittente lombarda che trasmette nella propria regione una trasmissione prodotta in Lazio in cui il protagonista è proprio l’ex dg della Juve. Scelte, specialmente la seconda,  che mi sono costate in termini economici ma che mi hanno gratificato in fatto di dignità e coerenza. Considerandomi quindi persona legittimata a parlare, mi chiedo:  e adesso? L’auspicio è che, dopo l’ennesima  mortificazione, ci sia da parte dei condannati, e dei loro “tifosi”, un rigoroso silenzio.

Dopo le recenti campagne d’odio create ad arte dagli sconfitti, da qui in avanti dovremmo essere in grado di metterci alle spalle queste brutte persone e questo brutto periodo contagiato dalla presenza di troppe tensioni e veleni. Noi interisti siamo (giustamente) convinti di essere stata la squadra che più di tutte ha pagato l’associazione a delinquere di Moggi &c. e che semmai c’è il dispiacere legato alla mancanza di intercettazioni negli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo in cui spicca clamorosamente la stagione 1997/98 (la regina di tutti gli scandali). Dal canto loro gli juventini pensano non solo di aver pagato troppo per gli sbagli di Moggi, ma anche di essere l’unica squadra che veramente ha pagato per alcuni reati che erano stati commessi, in tono minore, anche da altri dirigenti. In questo panorama trovano spazio anche i milanisti che vorrebbero vedere l’Inter con uno scudetto in meno per via di un curioso pareggio nella contabilità dei tricolori vinti e perché (stranamente) convinti della loro innocenza nonostante le presenze di Galliani , all’epoca Presidente della Lega calcio, e dell’addetto agli arbitri Leonardo Meani tra i colpevoli- e quindi condannati- all’interno del Processo sportivo. Argomenti capibili soprattutto perché spinti dal sacro fuoco del tifo. E’ evidente che dopo le varie sentenze della giustizia sportiva e quella del Tribunale di Napoli non ci possono essere più dubbi.

E’ chiaro che un’eventuale assoluzione di Moggi e degli altri dirigenti coinvolti, nonostante l’indipendenza della giustizia sportiva rispetto a quella ordinaria, avrebbe permesso ai detrattori dell’Inter di dar fiato alle trombe e a quei giornalacci di cui sopra di poter “vomitare” a nove colonne  le peggiori cose contro la società nerazzurra e non solo. Probabilmente senza ottenere alcunché ma continuando a perpetrare un danno d’immagine alla società di Moratti, che dal canto suo dovrebbe d’ora in avanti non permettere più quel massacro mediatico al quale è stato sottoposto in questi anni. E Facchetti? Solo delle persone molto piccole possono pensare male di un uomo del calibro di Giacinto, ma la domanda sorge spontanea: chi ripagherà Facchetti e la sua famiglia dei danni morali e di immagine con cui hanno dovuto fare i conti per colpa di tutti coloro i quali hanno sposato una causa tanto sbagliata quanto miserrima?

Ciò detto, auspico che questa sentenza possa contribuire a calmare un po’ gli animi e a far sì che si faccia tutti un passo indietro riuscendo a metterci alle spalle questo ingombrante fardello. Noi interisti ( usciti stravittoriosi) dovremmo essere in grado di metabolizzare i torti arbitrali del passato pensando che comunque la Juve abbia pagato rispetto agli errori commessi; i bianconeri dal canto loro, sfruttando anche il buon momento della squadra, dovrebbero smetterla di pensare a quei due “famosi” scudetti e concentrarsi su un presente che potrebbe rivelarsi vincente rispetto ad un passato assai torbido. Inter e Juve sono rivali per definizione. Le protagoniste del Derby d’Italia non potranno mai essere amiche, e noi siamo i primi a non volerlo, ma riportare il tutto dentro a dei livelli più accettabili di sano antagonismo rappresenterebbe il miglior principio d’ereditarietà legato  alla sentenza di Napoli.

Sinceramente non ci credo molto, soprattutto per l’immaturità fin qui dimostrata da Andrea Agnelli, capace anche nel recente passato di scrivere una lettera a dir poco sconclusionata all’Uefa e  che tra l’altro gli farà fare l’ennesima brutta figura. Tra l’altro è giusto sottolineare come il disegno della società torinese sia  almeno discutibile in quanto nel 2006 ha alzato bandiera bianca scaricando il grande accusato, per poi a distanza di anni, sfruttare il lavoro svolto da Moggi e dal suo entourage per portare avanti battaglie sterili e prive di ogni fondamento. Riuscendo infine nella successiva impresa di voltare nuovamente le spalle al neocondannato attraverso un comunicato che oggettivamente fa il gioco di tutti coloro i quali (me compreso) continuano a sostenere che le cantonate dalle parti di Corso Galileo Ferraris siano ormai parte integrante del nuovo ciclo bianconero. Come si fa a sostenere la totale estraneità dall’operato dell’ex Direttore generale e nello stesso tempo rivendicare i due scudetti targati, nel bene e nel male, Moggi? Vaneggiamenti a cui è difficile dare una spiegazione logica. Ma questo non è quello che vorrei fosse l’argomento di discussione. L’auspicio è che queste condanne fungano invece da pietra tombale per tutte quelle polemiche legate al pre e al post calciopoli. E credetemi, se ciò accadesse, tutti quanti ne beneficeremmo. Ecco, è di questo che dovremmo parlare da qui in avanti.
BoA

Sezione: Editoriale / Data: Gio 10 novembre 2011 alle 00:03
Autore: Andrea Bosio
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