Diciamolo subito. L’Eintracht è una buona squadra. Con qualche giocatore di talento che sicuramente potrà intraprendere una carriera interessante. Se poi a questo ci aggiungiamo la fame di vittorie, la voglia di arrivare e il voler lottare su ogni pallone da parte di tutti i tedeschi, lo 0-0 di Francoforte può sembrare un risultato favorevole. Secondo me non lo è. E il solo crederlo per davvero (e non parlo di dichiarazioni di facciata) può essere un pericoloso pensiero da provinciali.
Certo che è meglio un pareggio a reti inviolate piuttosto che una sconfitta. Certo che l’Inter, almeno in teoria, al ritorno può vincere, con qualsiasi risultato, e volare ai quarti di finale. Certo che se i nerazzurri avessero sfruttato la miriade di occasioni (e soprattutto di potenziali tali) del primo tempo staremmo parlando di un’altra storia. Fino a qui siamo tutti d’accordo. Ma in Europa i gol in trasferta sono fondamentali e determinanti. E quando all’andata, lontano dal tuo stadio, non buchi la rete dei rivali, pur non prendendo gol, hai ottenuto il peggior esito definibile come positivo. Cosa voglio dire? Che al ritorno hai solo un risultato a disposizione. I tuoi avversari due su tre. Per questo il finale della Commerzbank-Arena merita per me un 6 - - simile al calcio che i professori ti danno quando non vogliono bocciarti, ma neanche premiarti, per una verifica con errori evitabili e esercizi fatti bene. 
Fosse finita così a Barcellona e Londra sarebbe stato diverso. E tra l’altro l’Inter sarebbe ancora in Champions. In Europa League, contro una formazione sbarazzina e pericolosa ma anche inesperta e probabilmente intimorita dal confronto con uno storico colosso mondiale devi farti valere di più.
Devi dimostrare che se tu vesti la maglia di questa istituzione globale sei molto più forte dei tuoi avversari. Ma per tutta la partita. O quantomeno per la stragrande maggioranza di questa. Non solo per un tempo. Altrimenti ripeti, per l’ennesima volta, quegli errori che fino ad oggi ti hanno condizionato la stagione.
Non è possibile giocare per davvero solo 45 minuti. Che sia prima o seconda frazione poco cambia. Devi avere continuità di gioco nell’arco dello stesso match. A calcio si gioca per 90-95, talvolta 100 minuti. 
Contro l’Eintracht non è stato molto diverso da altre gare. Magari ben giocate ma solo a spezzoni. E siccome io non guardo il risultato ma la prestazione, credo sia preoccupante accontentarsi di un pareggio contro un team che comunque non è sicuramente comparabile alle vere potenze europee, quelle contro cui magari te la sei anche giocata. 
Ehma gli uomini erano contati, direte voi. Provare a vincerla, col rischio poi di perderla dopo il tonfo di Cagliari, sarebbe stato peggio, aggiungerete nei vostri pensieri. Tutto giusto. Però non è colpa mia se siamo arrivati ad una situazione di questo tipo. Io non ero in campo in Sardegna quindi non c’entro nulla col 2-1 dei sardi. 
Posso lodare la difesa del Biscione che è stata comunque un muro invalicabile. O l’impegno di gente come Lautaro. Ma conta la squadra, non il singolo. 
E occhio a testa e gambe. Scoppiare così a livello fisico quando sei appena agli inizi di marzo è allarmante. Come pensi di arrivare terzo in campionato e provare a vincere l’Europa League se non corri? 
Ad un certo punto, quando la lingua dei giocatori nerazzurri era quasi per terra, mentre quelli dell’Eintracht sembravano freschi come delle rose, ho quasi avuto la sensazione che nell’Inter giocassero almeno un paio dei decimi del calcetto. Avete presente quelli che chiamate per fare numero solo perché vi servono, per duellare 5 contro 5, ma in realtà sapete benissimo che non potranno mai durare l’intero arco della gara? Ecco, sì. Proprio loro. Ed è un peccato, perché io continuo a ritenere l’Inter una squadra forte. O meglio una compagine in grado di poter battere chiunque. Ma anche capace di ribaltoni inimmaginabili contro undici nettamente inferiori. E siccome la continuità è una delle condizioni sine qua non per definire un team vincente, mi sembra che ci sia il forte rischio di elargire nuove delusioni ai tifosi nerazzurri. Capiamoci bene: non ci si deve accontentare della mediocrità. Mai. Altrimenti ci si appiattisce e si giustifica tutto. L’Inter deve essere composta da campioni, fuoriclasse e ottimi giocatori. Altrimenti saranno sempre lacrime. Un film visto e rivisto negli ultimi anni. A Spalletti e ai suoi uomini il compito (non impossibile) di meritarsi ancora la Beneamata.

VIDEO - TUTTI I DETTAGLI DELLA NUOVA MAGLIA PER I VENT’ANNI DI INTER E NIKE

Sezione: Editoriale / Data: Ven 08 marzo 2019 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
vedi letture
Print