E' Tommaso Rocchi il protagonista della nuova puntata di Drive Inter, il format di Inter Channel condotto da Nagaja Beccalossi. Alla guida della sua automobile, l'attaccante arrivato dalla Lazio a gennaio racconta aneddoti e curiosità della sua vita calcistica e non solo. "La mia carriera? Ho iniziato a sei anni in una piccola società di Venezia, dove ho vissuto fino a nove anni. Poi mi son trasferito nelle giovanili del Mestre, che si era appena unito al Venezia. A 14 anni sono andato alla Juventus, dove ho fatto due anni di Allievi e due di Primavera. Il fatto di avere un futuro come giocatore è stata la molla che mi ha spinto ad andare via, poi anche i miei fratelli più grandi giocavano a calcio, quindi... Cosa mi manca di Venezia? Essendo andato via presto, poco. Dopo la Juve ho giocato molto in Lombardia, ma a Venezia tornavo periodicamente, poi sono andato sempre meno. Ho poco lì, soprattutto i familiari. Mi può mancare la bellezza della città, del rivedere i posti di casa tua, salutare le persone che conosci. Ma a un certo punto pensi che sia meglio che vengano loro a trovarmi. Ma sono legato a Venezia, parlo il dialetto veneto coi familiari e con gli amici. Anche se poi girando prendi un po' di tutto dalle varie esperienze".
Già, ma cosa? "Io sono un tipo che si adatta molto, ovunque ho giocato ho provato ad adattarmi. Ad Empoli, per esempio, citavo come piatto preferito le pietanze toscane. Una cosa che resta è il linguaggio e l'accento, anche se dopo nove anni a Roma c'è chi mi dice che parlo romano, questa cosa mi ha sempre fatto ridere. Di Milano mi piace l'organizzazione, il modo di affrontare le cose anche in ambito lavorativo o muovendosi per la città. Si vede la professionalità dei milanesi, la voglia di fare le cose nel migliore dei modi. Il clima, purtroppo, non aiuta, anche se di qua mi piace tutto. Città vivibile, gente cordiale, anche se il tempo è freschino...".
Milano vuol dire comunque Inter, una scelta molto pensata da Rocchi: "Non ho mai avuto dubbi, è stata la sola squadra che ho preso in considerazione. E' una grande società, con un grande tifo; giocare a San Siro è una cosa stupenda. Poi è normale che dopo tanti anni in una città come Roma, l'impatto non è semplice, ma perché è una cosa normale fare certe cose, meno farle in un altro posto. Ma sono contento, anche se penso che non sono riuscito ancora ad esprimermi al meglio di come potrei. Però in questi mesi penso di essermi ambientato, sono migliorato, ho iniziato a sentirmi parte di questa squadra. Mancano due mesi, e ora voglio lasciare il segno qui all'Inter. Non invento le cose, so benissimo di avere 36 anni, giocherò ancora qualche anno. Non sarò mai il Rocchi di 6-7 anni fa, ma sono convinto di avere la forza per potermi confrontare in una realtà nuova e fare bene. Darò il massimo finché sarò qui".
C'è l'emozione per un debutto in uno stadio nuovo? "Mah, io penso che l'emozione di una partita giocata in uno stadio come San Siro o altri impianti top c'è sempre; è come se studiassi tutta la settimana e poi la domenica devi fare il compito in classe. C'è tensione, però sai che c'è una cosa importante dove devi dare il meglio". Rocchi spiega anche che i gol non sono tutti uguali: "L'emozione è per una parte sempre uguale, l'esultanza è sempre uguale, i primi cinque secondi sono uguali. Poi riesci a capire se un gol ti ha dato più di un altro, in base al tipo di partita o al gesto tecnico. Anche messo in un determinato contesto i gol valgono diversamente. I miei preferiti? Due-tre. Quello brutto lo feci in B col Treviso: fu un gol del portiere ché mi tirò il pallone addosso, lo feci perché dovevo ma fu brutto. A Cagliari invece ne feci uno bello come gesto tecnico, anche a Udine partendo da centrocampo. Senza contare quelli dei derby con la Roma...".
Chi è stato il difensore che gli ha dato più fastidio? "E' un mio compagno, è Walter Samuel: forte, deciso, duro nei contrasti ma leale. L'ho sempre visto come un giocatore duro ma corretto, e questo è importante". Dovendo indicare un attaccante che per lui è stato un esempio, Rocchi precisa: "A me piace vedere tutti gli attaccanti, prendendo spunto anche se sono giocatori diversi da me. In determinati anni vedevo giocatori importanti, come lo stesso Zlatan Ibrahimovic o Samuel Eto'o, ma anche Wayne Rooney o Raul. Ma quello che mi ha impressionato di più è stato il Ronaldo dell'Inter, era l'attaccante perfetto".
L'attaccante nerazzurro ha forse un unico rimpianto: "Ho fatto tanti anni di gavetta nelle serie minori prima di arrivare in Serie A, secondo me anche per una serie di eventi sono arrivato tardi. Avrei potuto anticipare di qualche anno l'approdo. Però questo mi è servito per crescere e farmi le ossa, non rimpiango nulla. Anche se qualche anno in più sarebbe stato meglio". Domande sul privato: "Mi ritengo un bravo padre, amo i miei bambini, cerco di insegnare loro le cose, gioco con loro, a volte mi faccio comprare... Mio figlio ama giocare a calcio, chissà se un giorno seguirà le mie orme. Il mio futuro? Spero di fare bene in questi mesi e meritarmi la conferma, mi piacerebbe rimanere ancora qui perché sto bene. Per quello che farò dopo, è probabile che rimarrò in questo ambito, magari nei settori giovanili".
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