“Non abbiamo fatto abbastanza per vincere questo derby”. Parole e musica di Massimo Moratti al termine della stracittadina di ieri sera costata la sconfitta e il -6 dal Milan capolista. Il presidente nerazzurro era visibilmente scontento per l’evoluzione del match oltre che per il risultato finale e non lo ha certo nascosto. Nessun riferimento al futuro di Benitez, che poco prima l’amministratore delegato Ernesto Paolillo ha messo al riparo da ogni possibile illazione. Eppure, conoscendo Moratti, è facile immaginare cosa gli stia passando per la testa. Fortunatamente l’esperienza e gli anni alla guida dell’Inter, conditi anche da scelte affrettate e a volte impopolari, gli hanno insegnato a contare fino a 10 prima di sbilanciarsi. Ed è proprio quello che il numero uno di Corso Vittorio Emanuele sta facendo in questo periodo, in cui vede la sua Inter barcollare pesantemente davanti a qualsiasi avversario, che sia il Brescia o il Milan. Se a questo si aggiungono i continui infortuni che mettono k.o. i ‘suoi’ gioielli, coloro che lui stesso ha voluto confermare perché autori della storica Tripletta, la posizione dell’allenatore spagnolo ai suoi occhi perde ulteriore stabilità. Infine, il gioco: nel derby, per ammissione dello stesso Moratti, non se n’è visto, ma non si tratta di un episodio casuale. Salvo qualche raro episodio, di spettacolo questa Inter ne ha prodotto davvero poco, anche, ma non solo, per colpa delle assenze. Benitez, dal canto suo, predica pazienza e ha ragione, la stagione è ancora lunga e il tempo per recuperare c’è. Ma è inutile nascondere che lo spagnolo abbia delle responsabilità per l’attuale situazione. Proviamo a evidenziare gli aspetti che non vanno come dovrebbero, partendo comunque dal presupposto che in estate le richieste di mercato del tecnico non sono state esaudite e la scorsa stagione per la maggior parte dei nerazzurri è stata logorante e, quindi, difficile da smaltire:
PREPARAZIONE FISICA – Rafa dice che con i giocatori ha svolto un lavoro normalissimo nella fase di preparazione atletica, ma il numero impressionante di infortuni muscolari rivela una realtà differente. Può capitare che a inizio stagione qualche giocatore risenta dei carichi di lavoro, ma qui ci troviamo di fronte a un’autentica moria che ricorda, in maniera preoccupante, la Juventus della scorsa stagione (e tutti sappiamo come ha concluso la stagione). La prima fase di lavoro è la più importante, è in questo periodo che nasce il potenziale di una squadra e, dai primi 3 mesi e mezzo di lavoro, si capisce che qualcosa non è andata come sarebbe stato lecito. Praticamente tutti i giocatori, a parte Eto’o e Coutinho, si sono dovuti fermare per problemi fisici. Certo, i casi di Zanetti, Thiago Motta, Samuel e Materazzi sono frutto della malasorte, ma gli altri nascono da muscoli non pronti per scendere sul rettangolo di gioco, probabilmente forzati esageratamente nel periodo più delicato. I carichi di lavoro eccessivi stanno portando i giocatori in infermeria, praticamente tutti nello stesso periodo, e quanto avvenuto nel derby ‘smaschera’ la gestione dello staff di Benitez: Milito incappa nel terzo infortunio muscolare (siamo solo a novembre), Obi invece nel primo, con appena due presenze all’attivo e senza la giustificazione di una stagione logorante alle spalle.
INCOMPRENSIONI TATTICHE – Benitez si è presentato alla stampa italiana dicendo, in risposta al ‘non sono un pirla’ di Mourinho, di essere intelligente. Nessuno mette in dubbio che sia preparatissimo nella teoria, ma la pratica finora lo vede sconfitto. Lo spagnolo ha iniziato con l 4-2-3-1 che ha portato alla Tripletta, apponendo però variazioni che stanno mandando in tilt la squadra. Di gioco, ripetiamo, finora se n’è visto pochissimo e la prestazione contro il Milan è il manifesto dell’Inter di Rafa: stucchevole possesso di palla, giocatori fuori ruolo che si pestano i piedi e mai un movimento deciso per dettare il passaggio al playmaker di turno. Staticità allo stato puro, una manna per le difese avversarie che devono limitarsi a mantenere la loro posizione tattica per frenare i nerazzurri. Non è un caso se il Milan, in dieci, abbia sofferto meno di quando si trovava in equilibrio numerico. Così come non è un caso se l’Inter, finora, in 12 partite abbia segnato la modestia di 13 reti, praticamente una a partita. Un dato che assume contorni ancora più traumatici se si considera che dopo 4 turni le reti all’attivo erano 8, il che significa che nelle 8 giornate successive l’attacco (meglio, Eto’o) abbia prodotto appena 5 segnature. A ‘coprire’ i limiti di questo gioco, che doveva essere più offensivo dell’anno scorso, i due poker in Champions League contro Werder Brema e Tottenham, che hanno distratto un po’ tutti dalle carenze tattiche della squadra. A questo va aggiunto che spesso Benitez ha interpretato male l’incontro di turno, rimanendo ancorato al suo credo tattico ed effettuando sostituzioni inspiegabili (ieri l’ingresso di Biabiany quando forse avrebbe fatto comodo Santon su quella fascia). Tutti ingredienti che, messi nello stesso calderone, rendono la minestra amarissima.
INVOLUZIONE DEI GIOCATORI – Va bene la sindrome di appagamento o il bisogno di ulteriori motivazioni (che dovrebbero arrivare dall’allenatore), ma in questa stagione la squadra che ha vinto tutto nella scorsa è letteralmente sparita. Non solo i suoi principali protagonisti hanno smarrito quel plus che ha permesso loro di stravincere, ma hanno addirittura subito un’involuzione tecnica che oggi li rende irriconoscibili. Basti pensare ai vari Sneijder, Milito, Cambiasso, Pandev, Chivu e Maicon, eroi della Tripletta e oggi, anche a causa di numerosi infortuni, relegati al ruolo di giocatori normali, a volte banali. In pratica, solo Eto’o sta rendendo meglio della scorsa stagione, ma solo perché avvicinato alla porta e desideroso di dimostrare di non essere diventato un terzino. Oltre alla crisi d’identità degli eroi di Madrid, ecco quella dei giovani, le belle speranze sulle quali la società punta ciecamente. Al di là di Obi, che non ha avuto neanche il tempo di confermare quanto di buono intravisto, preoccupano l’inconsistenza di Coutinho, gioiello del mercato nerazzurro (chiamato troppe volte a salvare la patria nonostante l’inesperienza), e di Biabiany, fatto rientrare da Parma con la convinzione che sia pronto per i grandi palcoscenici. Non manca poi il solito riferimento a Santon, relegato in panchina anche quando un suo ingresso sarebbe funzionale al gioco dell’Inter. In altre parole, u capitale che si sta svalutando pesantemente partita dopo partita, sia per quanto riguarda i big, sia per le giovani promesse, che rischiano di essere bruciate da una gestione tattica e fisica a dir poco discutibile.
POLVERIERA INTERNA – Gli stessi giocatori si rendono conto del fatto che la gestione di Benitez non stia funzionando a dovere. Dall’estate a oggi, nonostante l’atteggiamento di disponibilità dell’allenatore spagnolo, si sarebbero verificati numerosi confronti accesi tra alcuni giocatori e lo staff tecnico. Motivo principale, l’eccessivo carico di lavoro che oggi si ripercuote sulle prestazioni dei singoli e sui risultati della squadra. Ad Appiano Gentile il clima è tutt’altro che disteso, nonostante all’esterno si faccia pervenire l’opposto messaggio. La concretizzazione di una realtà paventata in tempi non sospetti sta innervosendo non poco i calciatori, molti dei quali stufi di sopportare infortuni muscolari che li tengono lontani anche dalle nazionali e che vengono attribuiti a una preparazione poco ponderata. Ieri sera, e non è un caso, qualcuno giura di aver visto Cambiasso mandare a quel paese Benitez, mentre nell’intervallo Sneijder ed Eto’o (solitamente molto uniti), come documentato da Mediaset Premium, avrebbero discusso animatamente. Sintomo di una condizione mentale ai limiti della sopportazione, che rischia di esplodere come una polveriera. In altre parole, il ‘gruppo’ messo su da Mourinho si sta sgretolando giorno dopo giorno e, all’orizzonte, l’unica speranza di uscirne è il mercato. Troppo poco.
PARZIALE SCUSANTE - A questi punti che penalizzano Benitez andrebbero però aggiunte responsabilità della società, che nonostante le richieste del tecnico ha lavorato più sul mercato del futuro che del presente. Così lo spagnolo si è dovuto rassegnare a gestire un gruppo diverso da quello che si aspettava, ma questa è una parziale scusante perché il materiale a sua disposizione è di primo livello. Sarebbe bastato impiegarlo nel modo giusto per farlo rendere in base al suo potenziale e la mossa più saggia sarebbe stata proseguire sulla stessa strada degli ultimi due anni, toccando il meno possibile. Si è intelligenti anche facendo il minimo indispensabile.
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