Una vittoria da Inter quella di Bologna, maturata dopo una ripresa ad alti ritmi e, soprattutto, grazie alla volontà di portare a casa il risultato a tutti i costi, anche quando la situazione sembrava ormai compromessa. Ma la differenza tra il primo e il secondo tempo ha una spiegazione anche tattica. Dal primo minuto Mourinho ha deciso di proporre uno schieramento diverso rispetto all’ormai collaudato rombo di centrocampo: mediana sempre a quattro, ma in linea, per un 4-4-2 classico (con Muntari "invitato" a giocare a ridosso delle punte). La rinuncia al trequartista è nata dalla necessità di dare un pò di riposo a Stankovic innanzitutto, ma anche dalla volontà di sperimentare un posizionamento alternativo in vista della sfida di martedì contro il Manchester United, squadra camaleontica che fa dell’organizzazione tattica un suo punto di forza.
Il campo però non ha dato ragione all’allenatore portoghese, che ha dovuto suo malgrado assistere a un gioco un po’ troppo contratto, lento e macchinoso, una manna per un Bologna attentissimo a chiudere ogni spazio. Mihajlovic ha messo in campo una squadra coperta, che ha chiuso ogni varco soprattutto in mezzo, la zona di maggiore sofferenza nerazzurra nel primo tempo. Muntari e Cambiasso, poco propensi a costruire, faticavano a impostare la manovra e gli attaccanti, in particolare Ibrahimovic, erano costretti a cercare il pallone lontani dalla porta, sempre aggrediti fino alla metà campo da Britos o Moras. Risultato? Le migliori iniziative interiste del primo tempo sono nate da intuizioni fuori dagli schemi dello svedese, che ha tentato di mettere spesso e volentieri in movimento i compagni, troppo ancorati alle loro posizioni. Sulle fasce mancava la spinta necessaria e di palloni messi in mezzo se ne sono visti pochi. Un primo tempo, insomma, che ha legittimato l’atteggiamento contenuto dei rossoblù. Bravo dunque Mihajlovic a frenare la corazzata avversaria, dopotutto il serbo aveva più volte dichiarato di conoscere bene l’Inter.
Difficile però per l’allenatore felsineo immaginare una ripresa diversa, con un’Inter tornata ai soliti livelli grazie anche alla mossa di Mourinho di proporre Stankovic dietro le punte al posto di Muntari. Una scelta dettata dalla necessità di rendersi più pericolosi in attacco e di dare maggiore assistenza alle punte. A livello personale Dejan non ha influito come al solito sull’andamento del match, ma l’equilibrio della squadra si è giovato della sua presenza, che ha costretto il Bologna a mettere un uomo in più sul serbo, arretrando ulteriormente il baricentro e lasciando l’iniziativa all’avversario. Il gol di Cambiasso è nato da un episodio, come spesso accade, ma è figlio di un atteggiamento più ardimentoso. Lo stesso che h poi portato il Bologna, nella seconda parte della ripresa, a spingere come un forsennato il piede dell’acceleratore e creare in 25 minuti più occasioni di quelle messe in piedi nell’ora precedente. Nella fattispecie, si è vista un’Inter in sofferenza, però mai costretta all’angolo.
La buona prestazione di Rivas e Cordoba, ben supportati dal solito irrinunciabile Cambiasso, ha permesso ai nerazzurri di controllare, seppur in affanno, l’assedio bolognese. Poi è stato Julio Cesar ad arrivare con le sue mani dove i compagni non riuscivano a intervenire. Il pareggio, nell’aria da qualche minuto, è frutto anch’esso di un episodio (errore di valutazione di Cambiasso sul colpo di testa di Britos), ma è legittimato dalla coraggiosa spinta dei padroni di casa. A questo punto qualsiasi squadra avrebbe accettato il risultato di parità come inevitabile, non questa pazza Inter: dopo aver rinunciato ad Adriano sul risultato di 1-0, Mourinho ha pescato il coniglio dal cilindro. Inserendo Balotelli, il tecnico portoghese non solo ha dimostrato tutta la sua fiducia in questo ragazzo, ma ha voluto imporre alla squadra il riversamento in attacco per gli ultimi minuti di gioco. La vittoria andava cercata fino al termine, nessuna scusa. Poi, che SuperMario sia stato decisivo anche se in modo casuale, è un premio al coraggio di Mourinho e della squadra, mai rassegnata al pareggio. Al di là dei tatticismi, è questo l’aspetto che fa la differenza: la ricerca continua della vittoria, con una, due, tre o addirittura quattro attaccanti contemporaneamente in campo, oppure in inferiorità numerica. Poco importa, la meta rimane sempre la stessa...
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