Zitti tutti, parla il Muro. Uno che parla poco, ma quando lo fa dissemina sentenze. L'uomo dei nove derby giocati e tutti vinti, quello che ha fermato Lionel Messi con uno sguardo. Walter Samuel, the Wall, dalle pagine de La Gazzetta dello Sport si concede e rilancia l'Inter in chiave tricolore anche grazie al... fattore Europa League

Samuel, faccia un bilancio di questa annata.
«C’è poco da salvare. L’aver cambiato tre volte allenatore è il segnale che le cose non hanno funzionato».

Cosa non ha funzionato con Gasperini?
«Di lui ho un buon ricordo, credevamo alle sue idee, abbiamo provato a seguirlo, ma in assenza di risultati non abbiamo mai trovato la sicurezza necessaria per percorrere una nuova strada. Forse comunque si poteva aspettare un po’ di più prima di cambiare».

Poi è stata la volta di Ranieri.
«Con lui sono arrivati un filotto di vittorie e buone sensazioni. Poi c’è stato un calo inspiegabile, con gare in cui non riuscivamo a reagire dopo uno svantaggio. Per un gruppo abituato a vincere, non è stato facile trovarci a marzo senza obiettivi».

Come ha fatto Stramaccioni a ridarvi la carica?
«Siamo stati bravi anche noi a ritrovare la grinta dimostrata in tanti anni. Lui ci ha convinto con le sue idee e il gioco è migliorato. Ma sarebbe sbagliato esaltarlo ed esaltarci perché se in agosto non partiremo col piede giusto saremo da capo».

Eppure Strama sembra piacere più agli attaccanti che ai difensori. Pure con lui avete incassato troppi gol: 17 in 9 gare.
«Diverse di quelle reti si potevano evitare. Il mister cura anche la fase difensiva, solo che per quella serve più tempo. Dovremo lavorarci duro in ritiro, perché già nell’estate scorsa il problema è stato sottovalutato e poi sappiamo come è finita la nostra stagione...».

Con 55 gol presi solo in campionato.
«Anche perché da sempre vince chi subisce meno reti».

Crede sia stata soltanto un’annata storta o la fine di un ciclo?
«Noi vogliamo pensare ad un’annata storta. Questo gruppo è rimasto sempre unito anche nei momenti peggiori. I tifosi devono essere ottimisti. L’Inter ha la vittoria nel Dna e la società sta già lavorando per tornare al vertice».

Lei è stato uno dei pochi senatori risparmiato dalle critiche.
«Ho trovato ingiusti certi giudizi sui compagni. Alla fine hanno giocato un po’ tutti ed è impensabile che sia un giocatore a chiedere il part time. Sono decisioni dell’allenatore».

Malgrado fosse reduce dalla seconda rottura di un crociato, ha disputato una grande stagione.
«Invece il ginocchio non mi ha mai dato problemi e potevo dare molto di più».

Con Lucio e Chivu che pensano di cambiare aria, Julio Cesar e Maicon in vetrina, lei potrebbe restare l’unico di una difesa che ha fatto la storia.
«Potrei esserne orgoglioso, invece perdere certi compagni di battaglia mi rattristerebbe».

Chivu in fondo ha dovuto traslocare in fascia per colpa sua...
«So che preferisce giocare centrale di sinistra, ma non credo me ne voglia per questo. Cristian è un grande uomo».

Con Lucio soprattutto siete stati il baluardo del triplete. Però ci dica la verità, quando lo vedeva partire palla al piede anche lei come i tifosi a volte si metteva le mani nei capelli?
(Ride, ndr.) «Ma di palloni alla fine ne ha persi pochi. Dopo l’errore di Parma era davvero giù, ma tre giorni più tardi ha reagito da campione giocando un derby fantastico. Per tecnica e carattere, uno come lui è difficile da sostituire».

Quante volte ha rivisto il gol di Brandao in Inter-Marsiglia?
(Ride meno, ndr.) «Quella notte non ho chiuso occhio. Ero furibondo sia per l’errore, che invece era stato attribuito solo a Lucio, sia perché meritavamo di passare noi».

Ora largo ai giovani. Cosa è successo a Ranocchia?
«Andrea ha un valore enorme e nessuno di noi lo ha mai messo in discussione. Con lui mi trovo a meraviglia».

Si dice che potrebbe arrivare anche Silvestre.
«Tipo tosto. Se l’Inter lo segue, deve essere bravo per forza».

Cosa ci dice di Palacio?
«Lui fa la differenza. Lo si è visto nel Genoa e prima nel Boca, quando tante big lo volevano ma ha preferito restare».

Ci stanno i 22 punti di ritardo dal Milan e i 26 dalla Juve?
«Loro hanno fatto una stagione strepitosa, noi mediocre. Ma credoche tutti sappiano che tra le nostre rose non c’è questo divario».

A proposito di attaccanti, come si spiega il flop Forlan?
«Quando Diego è rientrato dall’infortunio non è riuscito a ritrovare il ritmo della squadra. Ma il suo valore non si discute e se mi dite che a 33 anni non si recupera da certi infortuni io sono qui a dimostrare il contrario. Gli abbiamo chiesto di restare, anche se alla fine deciderà lui».

La parola Europa League cosa le fa venire in mente?
«Inutile piangere sulla Champions mancata. L’Europa League vale comunque un trofeo. La vinceremo anche per poter rigiocare la Supercoppa europea, unico titolo fallito nel 2010».

Il preliminare il 2 agosto però vi costringerà ad anticipare il ritiro come l’anno scorso per Pechino. Non teme di pagare in primavera questo sforzo?
«Nel 2009 abbiamo perso la Supercoppa a inizio agosto contro la Lazio e poi centrato il triplete il maggio successivo... E poi iniziare prima ci permetterà di arrivare al meglio a inizio campionato».

Non crede che nel nostro calcio in troppi parlino troppo?
«In questo il mio ideale è l’Inghilterra, dove finisce tutto al triplice fischio. Senza passare per quello che sputa nel piatto in cui mangia, da noi invece ci sono sempre polemiche».

Una riguarda le tre stelle che la Juve vuol cucirsi sulla maglia.
«E’ una cosa fatta soltanto per i tifosi».

Ma lei sente suo uno scudetto vinto a tavolino?
«Capisco che lo sentano loro anche gli juventini che lo hanno vinto sul campo. Ma invece che con l’Inter dovrebbero prendersela con i loro dirigenti del tempo».

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 03 giugno 2012 alle 08:44
Autore: Fabrizio Romano
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