Nello stesso giorno dell’addio al calcio di Francesco Totti, anche l’Inter come la Roma ha salutato uno dei giocatori più rappresentativi degli ultimi anni: Rodrigo Palacio, dopo cinque stagioni trascorse tra le fila nerazzurre, ha disputato contro l’Udinese la sua ultima partita con la maglia del Biscione. Alla ‘Scala del Calcio’ contro l’Udinese è andato in scena l’ultimo atto dell’esperienza ad Appiano dell’attaccante, nella quale – pur non avendo vinto neanche un trofeo – l’argentino ha dimostrato di meritare la fiducia di ogni allenatore passato sulla panchina interista. Per le qualità tecniche, per il senso di appartenenza, per l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto. Acclamato ogni domenica dai tifosi, con quella treccia ciondolante che per anni l’ha caratterizzato. E che una buona parte del popolo nerazzurro nei prossimi anni ricorderà con un piccolo nodo in gola.
LEADER SILENZIOSO – Arrivato a Milano nell’estate del 2012 per la cifra di 10,5 milioni di euro, l’argentino fatica a mettersi subito in mostra a causa di continui acciacchi fisici. L’allora tecnico Andrea Stramaccioni lo valorizza al suo ritorno in campo, quando trova nell’attaccante il partner ideale di Cassano e Milito. Si forma in questo modo un tridente magico, che porta a risultati sorprendenti, come l’impresa dello Juventus Stadium (vittoria in rimonta per 3-1) nella quale Palacio trova anche il gol personale. Il classe ’82 conclude la sua prima stagione in maglia nerazzurra con 12 reti segnate in 26 presenze: un gol ogni 103’. Campionato nel quale mette in luce tutte le proprie potenzialità: nel suo vasto repertorio figurano una grande duttilità e spiccate capacità atletiche. Che gli consentono di correre a tutto campo e di rivelarsi una spina nel fianco costante per le difese avversarie.
SPIRITO DI SACRIFICIO – Il cuore e la grinta che riversa in campo fa sì che divenga il beniamino della tifoseria: dalla Curva Nord ogni domenica per l’argentino arrivano solo applausi. Il pregio più grande che Palacio dimostra di avere è una voglia incontenibile di venire incontro alle esigenze della squadra: che giochi da prima o seconda punta, da esterno destro o sinistro, questo per lui ha poca rilevanza. Anzi, si prende carico spesso e volentieri di incarichi alquanto delicati. Ne è un esempio la sfida di Coppa Italia contro il Verona, valevole per gli ottavi di finale: a un quarto d’ora dalla fine, il portiere Castellazzi accusa un infortunio ed è costretto a porre fine alla sua partita. L’Inter ha esaurito i cambi, e in panchina scoppia il caos. La porta nerazzurra resta sguarnita e nessuno ci vuole andare. “Fermi tutti, ci vado io”, esclama El Trenza, che per gli ultimi minuti di gara si prende la responsabilità di un incarico che, pur non essendo il suo, svolge alla grande. Un gesto che evidenzia la grande umiltà e disponibilità dell’argentino.
IL “TACCO” DEL DERBY – Palacio continua sulla sua strada e nella stagione successiva svolge il ruolo di “tuttocampista”: fa reparto da solo nel 3-5-1-1 di Walter Mazzarri, segna a raffica e trascina l’Inter nei primi posti della classifica. Il rendimento generale della squadra non entusiasma, tanto che i nerazzurri non riescono a portarsi in zona Champions, ma il numero 8 della Beneamata è sempre lì, e risponde presente ogni volta che viene chiamato in causa. Così come nel derby di Milano contro il Milan, che si svolge – come di consueto – nella fascinosa cornice del ‘Meazza’. L’atmosfera è unica, entrambe le curve incitano la propria squadra con tutto l’amore possibile. È lo spettacolo che viene a mancare: poche le occasioni da gol, moltissimi i contrasti in mezzo al campo che spezzano il ritmo di gioco. Ma nel finale arriva l’assolo, il colpo del genio, che sblocca l’incontro e manda in estasi il popolo interista: Nagatomo, dopo una lunga discesa sulla destra, serve Guarin all’interno dell’area di rigore rossonera. Il colombiano si gira, guarda in area e serve al centro per il movimento Palacio, che coglie di sorpresa la difesa avversaria e con un geniale colpo di tacco trafigge la porta di Abbiati. È 1-0, è il gol che decide il derby: è uno dei momenti più emozionanti dell’avventura nerazzurra dell’attaccante.
CONTRIBUTO SOSTANZIOSO – Passano le stagioni, ma l’argentino resta inamovibile al centro dell’attacco interista. Anche quando, al suo fianco, si abbina il cinismo e la forza fisica di Mauro Icardi. El Trenza in coppia con il centravanti ex-Sampdoria funge il ruolo di seconda punta, aprendo gli spazi per gli inserimenti del suo compagno di reparto. I due gemelli del gol restano inseparabili e insieme cercano di risollevare la barca Inter che presenta negli anni non poche criticità in difesa. E oramai da due stagioni a questa parte, Palacio rappresenta la figura di un “numero dodici”, quasi mai titolare ma sempre pronto ad entrare in campo quando c’è qualche grattacapo da risolvere. Molto probabilmente contro l’Udinese l’argentino giocherà dall’inizio, e per l’ultima volta si vedrà sul manto erboso di San Siro ciondolare quella treccia, rievocante tutte le emozioni che, in questi anni, Palacio ha regalato ai tifosi. “Quando vinceremo lo scudetto, mi taglierò il codino”. Queste le sue prime parole in nerazzurro, pronunciate cinque anni fa. Quella treccia alla fine non se l’è mai tagliata, ma la colpa non è stata di certo sua. Lui c’è stato sempre, ha dato sempre il massimo e per grinta, determinazione ed amore per la maglia il suo contributo è paragonabile a quello degli eroi del Triplete. Con molti dei quali ha avuto anche l’onore e la fortuna di giocare insieme. Ma lui, con quella voglia ed energia inconfondibile, ha qualcosa di unico. E quel codino, che tante volte gli interisti hanno visto zampillare per la gioia del Trenza dopo essere andato in rete, nei prossimi anni mancherà davvero a tutti.
Andrea Pontone
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