“L’italiano l’ho imparato a scuola, l’ho studiato per 3 anni. Poi mi sono trasferito a Belgrado e l’ho dimenticato un po’. A Firenze non avevo una professoressa, l’ho imparato parlando con la gente”. Comincia così l’intervista di ‘Undici’ a Stevan Jovetic, stella dell’Inter capolista arrivato la scorsa estate. Assieme a  lui Davide Coppo ne ripercorre la vita, caratterizzata da tante esperienze nuove in giovane età, quasi tutte legate al calcio e a un contesto sociopolitico non certo facile da affrontare. Ecco una sintesi dell'articolo in edicola da oggi. “Da ragazzino ho giocato per la Jugoslavia, poi per la Serbia e Montenegro, quindi ho debuttato per il Montenegro nel 2007”. A 13 anni il trasferimento al Partizan: “Non è stato facile, ero un ragazzino e avevo appena finito la scuola primaria. Il mio babbo mi ha chiesto cosa pensassi dell’offerta del Partizan e io gli ho risposto ‘come cosa ne penso? Ci vado!’. Lui era preoccupato, non si aspettava una risposta così veloce. Nel 2002 giocavo nella nazionale Jugoslavia e c’era sempre una decina di calciatori del Partizan, perché il Partizan ha sempre avuto una scuola molto forte. Mi hanno accolto bene, sono stati 4 anni molto belli”. La scuola slava è stata definita il ‘Brasile d’Europa e Jojo non ne è sorpreso: “Non è un segreto che siamo molto talentuosi. Lo eravamo prima e lo siamo anche oggi”.

Nel 2008 il trasferimento alla Fiorentina, nonostante il corteggiamento di club più blasonati a livello internazionale: “Sapevo di andare in una grande squadra e ho fatto una bella scelta. Sono arrivato in una città bellissima, con tifosi che mi hanno accolto subito bene. Poi non è stato facile trasferirsi dal campionato serbo a quello italiano, il livello è più alto. Ho faticato il primo anno pur giocando 25 partite, nel secondo è andata meglio con 5 gol in Champions League”. A Firenze però Jovetic non ha un ruolo definito, perché Prandelli loimpiega un po’ ovunque in attacco: “Posso fare tutti i ruoli ho fatto di tutto ma mi trovo meglio vicino alla porta”. Il montenegrino ha degli idoli (“Primo fra tutti Shevchenko, poi Savicevic, Mijatovic e Ronaldinho, il più forte di tutti i tempi perché ha cambiato il calcio inventandone uno nuovo”), ma di modelli non se ne parla: “Io faccio il mio calcio, non copio nessuno”.

Dopo Firenze, il trasferimento al Manchester City dove ha molta concorrenza in attacco: “A me piace la Premier, è più facile giocare lì che in Italia dove c’è poco spazio. Con Pellegrini ho avuto un rapporto normale, non abbiamo mai litigato. Solo che meritavo di giocare di più, lo pensavo allora e lo penso anche oggi. Quando stavo bene non mi faceva giocare, quando segnavo uscivo dopo massimo 60 minuti e così è difficile fare di più”.

All’Inter Jovetic riceve la maglia numero 10, quella storica dei trequartisti. Ma lui non lo è: “Non c’è più quel ruolo, comunque anche se gioco punta mi piace arretrare a prendere la palla, inventare giocate e fare assist. L’Inter è una delle migliori dieci squadre al mondo. Io vorrei fare sempre di più, segnare di più. Mi spiace essermi fermato dopo le prime due partite (poi è arrivato il gol all’Udinese sabato scorso, ndr). Però ho fatto assist a Palermo, contro la Roma e siamo primi in classifica. Meglio che segnare 8 gol ed essere ottavi in classifica. Io sto cercando di fare del mio meglio e quando lo faccio sono sicuro che tutti sono contenti. Sono partito bene ma non devo dimostrare niente a nessuno".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 16 dicembre 2015 alle 13:16 / Fonte: Undici
Autore: Redazione FcInterNews.it
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