Il primo anno di Dalbert in Italia è stato a dir poco confusionario. Arrivato dopo una trattativa estenuante con il Nizza, era l’ennesima risposta dell’area tecnica alla domanda: chi sarà il terzino sinistro dell’Inter? E se nel girone d’andata c’è stato un certo ricambio sulla fascia sinistra nella seconda parte di stagione, a causa dell’esplosione di Joao Cancelo che ha costretto Spalletti a dirottare D’Ambrosio a sinistra per bilanciare la fase difensiva della squadra, Dalbert è crollato nelle gerarchie dei terzini interisti, arrivando a collezionare 12 panchine consecutive, tra la 24° e la 35° giornata, per poi essere scongelato nella roboante vittoria di Udine e riaccomodarsi in panchina negli ultimi due scontri per la Champions League, contro Sassuolo e Lazio. Insomma, il bilancio, più che deludente, è parso nullo: come si fa a giudicare un giocatore che ha collezionato 525’ in tredici presenze, che vuol dire poco più di 40’ a partita? Impossibile, tant’è che l’ex Nizza era dato in partenza durante la sessione di mercato estiva. Poi, la Roma chiede Santon per perfezionare l’affare Nainggolan, il Galatasaray compra definitivamente Nagatomo e le corsie esterne dell’Inter si svuotano: rimangono solo Dalbert e Asamoah a sinistra, e D’Ambrosio e Vrsaljko a destra. Così, le parole di Spalletti di inizio stagione dopo la sconfitta di Reggio Emilia, nella prima giornata: “Si tratta di un calciatore che lo scorso anno ha avuto dei problemi, poi in ritiro ha dimostrato una crescita costante che ci ha convinti a tenerlo qui con noi. Se non fosse stato così avremmo lavorato per una sua cessione, invece me lo sono tenuto stretto e ho chiesto che non andasse via”.

I 5 CAPI D'IMPUTAZIONE - Ma cos’è che non ha funzionato nella sua prima esperienza all’Inter? Il profilo del giocatore era abbastanza chiaro: un terzino veloce che aggrediva lo spazio e usava il fisico per difendere meglio. Il campionato francese non era molto probante dal punto di vista tattico, tant’è che Dalbert affrontava principalmente i suoi avversari in 1vs1 destrutturati sulla fascia, dove lui riusciva - grazie ad un buon movimento di piedi - ad avere la meglio. Amava ricevere palla all’incirca sulla linea di metà campo, per poi spingersi in sortite offensivi dove il dribbling (più che l’uno due, ad esempio) era la sua arma preferita. In Serie A, questa sua arma è venuta subito meno, soprattutto perché Dalbert non è mai sembrato un giocatore in grado di palleggiare o associarsi difensivamente con i compagni in fascia, di conseguenza le sue azioni erano fuochi destinati a spegnersi in poco tempo, per mancanza d’ossigeno. Inoltre, questa mancanza tattica ha portato via via ad un indebolimento psicologico del giocatore, che non ha mai giocato tranquillo.


Pur avendo un bagaglio tecnico discreto, Dalbert si è ritrovato a sbagliare cose semplici, come in questa situazione in casa contro la Lazio. Non sa a chi darla e, piuttosto che provare un lancio lungo, fa un passaggio suicida a centrocampo, facile preda dell'attacco biancoceleste. Inoltre, ha avuto estrema difficoltà a fare quello che gli riusciva meglio, ovvero cercare il fondo per crossare: questo perché si è reso conto delle difficoltà (anche fisiche) che la sua azione prediletta richiedeva in Serie A, dove i terzini hanno un fisico diverso dalla Ligue 1 e, soprattutto, un diverso stile di gioco. Sempre contro la Lazio, assistiamo ad un suo frontale con l’avversario che vanifica una sua buona azione. Anche per questo motivo, molto spesso Dalbert si accontentava di situazioni poco proficue, come ad esempio i cross da trequarti campi con l’area avversaria praticamente deserta di maglie nerazzurre. Questo perché cercava di liberarsi del pallone il più velocemente possibile, sbagliando il tempo dei cross. Infine, per completare la parte dell’accusa, Dalbert ha mostrato evidenti problemi di letture. Non è un caso che la sua peggior partita in nerazzurro sia arrivata contro il Sassuolo posizionale di De Zerbi, tra l’altro dopo una preseason incoraggiante in cui aveva compiuto diversi passi avanti. 

QUALCOSA E' CAMBIATO - Se dopo il Sassuolo Dalbert sembrava essere ad un bivio per la sua stessa carriera, le successive uscite hanno dimostrato invece la bontà di un giocatore che sta ritrovando la confidenza e la gamba smarrite. Nelle partite contro Parma e Cagliari, DH29 ha confermato quando si diceva di lui durante le amichevoli pre-stagione: un giocatore diverso, più proiettato offensivamente grazie all’impostazione a “3 e mezzo”, con cui ha più libertà di ricevere palla dove preferisce, ovvero a metà campo, cosa che nella prima parte della stagione 17/18 non accadeva per un diverso modo di attaccare dell’Inter, dove entrambi i terzini salivano ma non si sbilanciavano. Ora, il giro palla interista è più veloce: Skriniar è salito di colpi e, insieme a De Vrij, formano la miglior coppia di play occulti della Serie A. Brozovic spadroneggia in mezzo al campo, velocizzando i passaggi e liberando spesso l’uomo. Inoltre, un giocatore come Nainggolan sembra fatto apposta per cercare, con le sue sventagliate, un terzino mobile come Dalbert che si inserisce sul lato debole, lì dove la difesa avversaria non è concentrata. Questo significa un maggiore impatto del numero 29 nell’attacco nerazzurro: nelle ultime partite ha realizzato 5 passaggi chiave (l’anno scorso la media era un misero 0.2 a partita), proponendosi sempre come appoggio in fase di impostazione.  È molto più coinvolto nella manovra, visto che quest’anno compie in media 38 passaggi a partita, quasi il doppio rispetto dell’anno scorso e crossa meglio. Inoltre, altri indicatori della crescita di Dalbert possono essere trovati nei falli che subisce ad ogni partita. L’anno scorso la percentuale era risibile, quest’anno si attesta ad un solido 1.3, a testimonianza del fatto che sa proteggere il pallone e riesce a proteggerlo piuttosto che avventurarsi in passaggi rischiosi. E se contro il Parma sembrava gli mancasse ancora un po’ di fiducia per compiere gli ultimi metri di campo per massimizzare le sue giocate, contro il Cagliari ha dato provare di aver scardinato questo meccanismo mentale. L’azione del gol è esemplificativa: dopo un buon fraseggio dell’Inter, Dalbert non si estranea sulla fascia, ma si fa dare il pallone e poi ingaggia un duello con Dossena: lo supera, crossa in mezzo dove Lautaro dà prova delle sue capacità e segna.


Quello che ha più convinto Spalletti, nelle ultime uscite, proviamo ad immaginare possa essere la fase difensiva: da che l’ex Nizza sembrava spaesato, asettico nello schieramento difensivo dell’Inter, ultimamente ha dato prova di come possa giocare in una difesa strutturata. Sta imparando a gestire i momenti di pressing e la fase di difesa in linea, dove deve “scappare” insieme ai centrali o uscire sul centrocampista.


In questo caso, contro il Cagliari fa entrambe le cose: prima esce su Dossena, bloccando insieme a Candreva e Nainggolan tutte le linee di passaggio. Il giocatore sardo è costretto a indietreggiare e - sul cambio di gioco - Dalbert si allinea con i compagni e accompagna l’azione sul fondo. È un caso che, dopo aver concluso due, tre azioni solide, pochi minuti dopo si inventi l’azione che porta al gol del vantaggio?


IL FUTURO DI DALBERT - La fascia sinistra dell’Inter in questo momento ha un titolare, Kwadwo Asamoah. L’ex giocatore della Juventus è arrivato a Milano per essere protagonista e verosimilmente sarà sempre lui in campo nelle partite importanti. Tuttavia, a 25 anni, Dalbert può utilizzare tutte le partite a sua disposizione per assimilare ancor di più i diktat di Spalletti e adattare il suo stile di gioco, fatto di strappi e accelerazioni, ad un contesto diverso in cui vengono premiate non solo queste due caratteristiche. Le ultime prestazioni non sono certezza di successo, ma sicuramente una valida testimonianza di un cambio di trend. Contro la Spal verosimilmente giocheranno sia lui sia Gagliardini, due dei più criticati nell’ultimo anno e mezzo: dopo la buona prova di sabato, dovranno dimostrare che il turnover non è una pecca dell’organizzazione interista, ma un pregio. Facendo leva sul far bene le piccole cose, quelle che alla fine - quanto si contano i punti - fanno la differenza. 

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Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 05 ottobre 2018 alle 14:28
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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