Negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone in generale, esiste un’espressione che ben sintetizza quanto fatto vedere dall’Inter nella partita di ieri sera contro la Juventus: “Too little, too late”. Troppo poco, troppo tardi,  in maniera letterale. Come a voler dire che quello fatto dalla squadra di Walter Mazzarri è davvero troppo poco per contrastare l’ondata bianconera. Era preventivabile, forse, un passaggio non indolore dalle ‘forche juventine’, un dazio che già hanno dovuto pagare in maniera pesante 10 squadre prima dei nerazzurri, destino già scritto per tutti al quale l'Inter, vista la differenza di risultati e rendimento che caratterizzava le due contendenti, difficilmente sarebbe sfuggita comunque. Ma l’atteggiamento mostrato da Alvarez e compagni nella prima ora di gara altro non ha fatto che stuzzicare la fame bianconera, coi risultati sotto gli occhi di tutti: vendicato l’1-3 subito la scorsa stagione dopo una prestazione che tatticamente ha rasentato la perfezione da parte degli uomini di Conte, portati a 26 i punti di scarto, record deprimente per la sponda nerazzurra dall’introduzione dei tre punti, ai numeri sconfortanti si aggiunge la poca sostanza vista sul campo almeno fino alla coraggiosa parte finale.

BRUTTE NOTIZIE, PROFETA – Non ha potuto partecipare alla partita per via di questioni burocratiche, ma a Torino è voluto andare lo stesso. Per cominciare a fare gruppo, per vedere soprattutto come e dove andrà ad inserirsi dopo l’acquisto completato nelle ultime ore del mercato di gennaio. Le impressioni che ne deve aver ricavato Hernanes non sono state particolarmente positive, e il suo volto dopo il terzo gol firmato da Arturo Vidal forse la dice più lunga di qualsiasi parola: corrucciato, pensieroso, forse a dire: “Chi me l’ha fatto fare?”, nelle ipotesi più maligne, o più semplicemente a dire: “Qui mi tocca un lavoro duro”. Perché l’innesto di Hernanes ora più che mai si rende fondamentale, per risollevare le sorti di un reparto che oggi ha dato forse il peggio di sé. Depauperata della classe di Guarin e della presenza comunque importante di Cambiasso, basata sulle troppo fragili assi composte da Kuzmanovic, Taider e Kovacic, la mediana interista è stata da subito fagocitata dalla maggior classe dei bianconeri. Allarmante in questo senso l’eccessivo spazio di cui ha goduto uno come Andrea Pirlo, colpevolmente poco controllato e così ritrovatosi beatamente libero di inventare e dar letizia ai propri compagni, partendo da Lichtsteiner (come ha buggerato Kovacic, peraltro teoricamente non marcatore designato, sull’azione del gol…). Ma anche Taider e Kuzmanovic hanno sofferto all’eccesso gli inserimenti di Vidal e di un Pogba che a tratti sembrava non voler infierire, mentre  Asamoah ha fatto quello che ha voluto di Jonathan. A Nagatomo non basta il coraggio.

LA VALANGA UMANA – Vedendo la partita, poi, un dettaglio non indifferente è balzato all’occhio: la compattezza del collettivo bianconero. Tutti insieme ad attaccare, schiacciando in un angolo gli avversari con una linea difensiva altissima e propositiva; tutti insieme a difendere, senza distinzioni, quando invece l’Inter provava ad uscire dal guscio limitando però le offensive a sterili possessi palla che andavano a perdersi nel vuoto non appena si provava a superare i venti metri. Una squadra tanto armonica nell’esecuzione del lavoro quanto famelica nell’ottenere risultati, come dimostrano i 3-4 uomini puntualmente pronti a fiondarsi su ogni pallone utile. Forse questa è stata la vera forza della squadra di Antonio Conte nella gara di ieri. Insomma, si è profilato quel tipo di partita dove le occasioni sono come i treni del destino: passano una volta sola. Ma se quando succede (vedi topica di Bonucci) vengono mandate alle ortiche (vedi palla di Palacio finita in cielo), allora è giusto che anche la buona sorte alla lunga si stanchi di te.

UNA BOTTA DI VITA – In tutto questo grigiore, un piccolo barlume di speranza c’è: almeno negli ultimi minuti di gara, pur col risultato ormai indirizzato e una Juventus ormai intenzionata a sprecare il minimo indispensabile in tema di energie, l’Inter è riuscita, seppur faticosamente, ad alzare il baricentro. E guarda caso, il tutto è coinciso anche, e soprattutto, con l’ingresso in campo di Ruben Botta: l’argentino, subentrato ad un Mateo Kovacic apparso ancora una volta davvero spaesato e impaurito, ha approcciato la partita come se si fosse ancora sullo 0-0 e in palio ci fosse qualcosa di importante. Grazie a lui, l’Inter è riuscita concretamente ad affacciarsi dalle parti di Storari, creando qualche pericolo e trovando anche il gol grazie alla rasoiata di Rolando. Troppo poco e troppo tardi, come detto all’inizio, ma le indicazioni offerte dall’ex Tigre, alla prima partita con un minutaggio di un certo rilievo, sono molto significative. Più in generale, con un modulo meno cautelativo, con la possibilità di sciogliersi, l’Inter si è espressa in un modo decisamente migliore, al di là del contesto. Lo stesso Danilo D’Ambrosio ha disputato un match dignitoso, provando a mettere qualche pezza lì dove Jonathan aveva lasciato delle voragini. Indicazioni senza dubbio importanti che adesso Walter Mazzarri non può assolutamente ignorare: il mercato è finito, questa è la squadra che chiuderà la stagione, come da lui sottolineato, ma quanto visto ieri a Torino deve indurlo a riflettere. Così come il fatto che ora ha a disposizione un tassello di valore come Hernanes, patrimonio da non disperdere così come Fredy Guarin il cui recupero soprattutto psicologico dev’essere obiettivo primario. Sarà anche un anno dove si deve costruire, ma non può fungere da alibi per mollare la presa già a febbraio, accendendosi solo a intermittenza. Per chiudere l’annata in maniera degna serve comunque un’inversione di marcia subito; perché nessuno, specie tra i tifosi, potrà tollerare una squadra ormai rassegnata ad adagiarsi in un limbo di mediocrità.

TRENZA SPENTA – E un altro segnale da non sottovalutare è il drammatico calo di rendimento di Rodrigo Palacio, che ieri ha assunto toni più marcati. Perché finché il problema sono i pochi palloni giocabili, allora si può anche assolvere; ma se tra i piedi dell’argentino arrivano palloni invitanti, di quelli che 99 volte su 100 un attaccante di razza come lui trasforma in gol, e il Trenza finisce col sprecarli anche in maniera goffa, allora vuole dire che la luce in lui sta cominciando pericolosamente ad affievolirsi. La classe di Palacio, rara in questa rosa, non si discute, ma la fatica di tanti impegni ormai si fa sentire pesantemente. Il mercato non ha regalato una nuova punta ma la rosa è composta da 5 elementi offensivi, a detta di Mazzarri sufficienti per completare l’anno. E tutti chiamati a mettersi ed essere messi in gioco d’ora in poi.

OCCHIO A SQUINZI – Serata iniziata male, con l’assalto a suon di pietre al pullman, e finita sostanzialmente peggio. Consola poco lo stop collettivo di chi circonda l’Inter in classifica, anzi l’ennesimo sorpasso dell’incredibile Hellas Verona e l’aggancio del Torino aumentano soltanto le amarezze. Domenica arriva a San Siro il Sassuolo di Alberto Malesani. E di quel Giorgio Squinzi che pregusta, da tifoso milanista, un colpo grosso dei suoi uomini in casa dell’Inter. Anche se i tanti cambi sul mercato non hanno fornito gli effetti sperati per i neroverdi, evitare di dare adito ai sogni di gloria del patron neroverde sarebbe già un passo importante…

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 03 febbraio 2014 alle 08:30
Autore: Christian Liotta
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