È una questione di qualità. È il calcio di Spalletti, o perlomeno la sua visione del calcio, a necessitare di una buona quantità di piedi buoni. Rispetto alle sue due esperienze romane, questa Inter è invece certamente più povera in termini di attitudine al palleggio e capacità di giocare a due tocchi; la distanza col Napoli, anche col Napoli leggermente depresso di ieri sera, è in questo senso abissale. Il tecnico nerazzurro non ha fatto altro che snocciolare questa indubbia verità davanti alle telecamere di un po’ tutte le televisioni che coprono il postpartita. Che abbia fatto più o meno bene a esprimersi così, Spalletti ha riassunto in questo modo la sfida tra l’Inter e il Napoli, le sue evoluzioni e un pareggio a reti bianche che, di nuovo, ha visto i nerazzurri faticare non poco nel raggiungere la porta avversaria (calci piazzati a parte, dove il dolce piede di Cancelo si sta confermando un fattore diversamente), ma mostrare qualche incoraggiante segnale di ripresa psicologica in vista dell’arduo sprint finale per il quarto posto.
È una questione di qualità, dicevamo, come cantava freneticamente Giovanni Lindo Ferretti dei CCCP. Questo deficit, che la rosa interista ha evidenziato non solo nei confronti delle prime della classe, ma anche rispetto alle due romane, ha costituito senz’altro un fattore determinante nei quasi tre mesi di flessione nerazzurra, con una serie di piccole contro le quali l’Inter ha mostrato difficoltà impronosticabili nel fare la gara e, soprattutto, nell’aprirsi varchi quando i varchi non ci sono. Guarda caso, a San Siro ieri è tornata una grande che la partita la fa come nessuno in Italia, e l’Inter è tornata a esprimersi con serenità, cercando persino di ribattere colpo su colpo al palleggio napoletano pur nell’ambito di un’interpretazione sostanzialmente di contenimento. Se la gara è stata di per sé brutta, la ‘colpa’ va in qualche modo attribuita proprio agli uomini di Spalletti, ché altrimenti avremmo assistito magari a un match spettacolare, ma col Napoli libero di fare il bello e il cattivo tempo con le sue trame fitte e veloci tra le due trequarti di campo.
È stata la serata delle rivincite, con numerosi nerazzurri tornati a essere credibili dopo esser stati protagonisti del recente sprofondo. Brozovic, su tutti. Il croato si è ricordato chi è e cosa può fare, e il fatto che al 90’ si sia potuto parlar di lui come il vero dominatore a centrocampo da ambo le parti è poco stupefacente se si esaminano le sue qualità, ma dimostra una netta inversione di tendenza rispetto al giocatore perlopiù abulico che siamo soliti commentare: anche quando è in serata, peraltro, Brozovic inserisce due o tre colpi da maestro in una prova generalmente discontinua e piena di falle. Ieri, invece, ecco una gara condotta con la stessa intensità per tutto il suo corso, con una continuità inaudita per le corde del ragazzo. Durerà? Mai giurarlo, visto l’andazzo cui Brozovic ha abituato l’Inter, eppure un giocatore sempre così incisivo sarebbe forse l’unico vero inamovibile nella mediana di Spalletti. C’è da augurarselo con forza.
Accanto a lui, si è esibito un Gagliardini finalmente libero da ansie e timidezze. Il ragazzo sembrava ormai la prossima vittima della ‘sindrome Ranocchia’: una buona promessa entra a San Siro e, nel primo periodo, inanella una serie di ottime prove, che gasano l’ambiente e il carattere del ragazzo stesso, non proprio simile all’indole dei gladiatori. Poi, arrivano gli errori e i mugugni, e il giocatore in questione finisce per imbrocchire con una regressione lenta e in qualche modo inevitabile. Ecco: un piglio finalmente determinato, una voglia anche eccessiva di agguantare l’avversario unite a una maggior serenità in fase di disimpegno hanno garantito all’Inter un Gagliardini di nuovo, finalmente, utile, prezioso in fase di rottura e più preciso del solito quando c’era da far ripartire l’azione. Il ragazzo deve frenare una certa irruenza e proseguire sulla strada della semplicità, da opporre alla paura di sbagliare. Un suo eventuale ritorno a questi livelli, a livelli da Inter, sarebbe senz’altro determinante per una squadra che di giocatori di interdizione in mezzo non ne ha.
E ancora Candreva, con una prova di polmoni e buone idee, visto anche che l’esterno azzurro ha ricordato di potersi staccare dalla linea del fallo laterale con maggiore frequenza del solito. Ci sono insomma buone notizie, ce ne sono altre pessime, come l’ennesima scena del capolavoro horror che Ivan Perisic sta girando con le sue prestazioni a partire dal 3 dicembre, oppure l’infausto ingresso in campo di Eder, che davanti ha pasticciato il pasticciabile. Si poteva vincere, si poteva perdere ma, soprattutto, si doveva riavviare un percorso. Adesso non ci sarà più possibilità di sbagliare, dunque già la prossima sfida di Marassi dirà con forza quasi definitiva se l’Inter si è ripresa oppure no. In che modo? Come si può, con quelle doti che avevano condotto quest’Inter in alto e che potrebbero intanto esser state potenziate dall’arrivo di Rafinha e dall’affermazione di Cancelo. È vero, è una questione di qualità, ma esistono anche altre vie per il paradiso.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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