Non ci sono stati solo gli occhi sgranati per il clamoroso sgambetto compiuto da Piero Ausilio ai danni di Adriano Galliani in quelle concitate ore a Montecarlo; lo sciame di tifosi nerazzurri ad accoglierlo con una festa che nemmeno lui certamente si aspettava nel cuore di Milano, e che lo ha coinvolto al punto tale da farlo trasformare in una sorta di deejay su quel terrazzo dell’albergo meneghino; le corone assegnate già da tempo di colpo grosso del calciomercato estivo, in virtù delle qualità del giocatore e soprattutto della somma incassata dal Monaco per cederlo. Non c’è stato solo tutto questo: i primi mesi dell’avventura all’Inter di Geoffrey Kondogbia sono stati accompagnati da un’etichetta che, visti l’età, la provenienza e anche il ruolo, inevitabilmente si è ritrovato sin da subito appiccicata addosso: quella di risposta, alter-ego, avversario numero uno di Paul Pogba.
Un destino inevitabile, anche perché Paul e Geoffrey, oltre che compagni di nazionale, sono anche molto amici; e soprattutto, a livello giovanile hanno rappresentato l’architrave di centrocampo delle selezioni transalpine, armonia il cui apogeo è arrivato nel 2013 con la storica conquista del Mondiale Under 20 da parte dei bleuets. Adesso, il cammino dei due giovani galletti si incrocia sulle italiche strade di un campionato che si preannuncia molto interessante (era ora…) e che all’ottava giornata proporrà lo scontro diretto tra Inter e Juventus, una sfida che banale, ormai, non lo sarà mai più. E c’è già grandissima attesa per la sfida nella sfida tra il campione affermato bianconero dalla valutazione astronomica e il connazionale che dopo aver fatto capire di che pasta è fatto tra Siviglia e Monaco è atteso dalla definitiva esplosione nella nostra Serie A.
Etichetta indubbiamente pesante, financo scomoda, quella attaccata al giovane di Nemours che un tempo sembrava più attratto dai ring del pugilato che dai campi di calcio. Perché tutti abbiamo bene davanti agli occhi cosa è stato capace di fare Pogba nei suoi anni italiani: arrivato dal Manchester United che se ne è sbarazzato con eccessiva sufficienza, il talento dallo sguardo felino e dalle acconciature sempre sofisticate è riuscito ad accaparrarsi in breve tempo la scena a suon di giocate straordinarie e colpi ad effetto, che ne hanno balzare la valutazione a livelli astronomici (unite, va detto, anche all’ottimo lavoro di fino del suo procuratore). Ed indubbiamente, questo termine di paragone già posto in partenza non è propriamente un amico col quale convivere serenamente, per il nuovo numero sette nerazzurro.
Il confronto con Pogba già è rilevante e finirà senza ombra di dubbio a pesare sempre di più cammin facendo, ancor più di quello con Yaya Touré del quale Kondogbia ha finito col prendere il testimone nella rosa e nelle intenzioni di Roberto Mancini. Il diretto interessato, interpellato a riguardo, almeno a parole non tira indietro la gamba e anzi lancia il guanto di sfida all’amico, perché se è vero che riconosce di dover ancora crescere, ancora più apertamente dichiara di ambire a diventare il migliore di tutti e di essere arrivato nella squadra giusta per migliorare e per poter sviluppare al meglio le sue qualità. Parole di un ragazzo che sa quello che vuole e come ottenerlo, ma al tempo stesso dichiarazioni da maneggiare con estrema cura. Soprattutto da lui stesso.
Geoffrey, a dispetto dell’età, sembra già uno maturo, di quelli che sa il fatto suo. Coraggioso, determinato e a quanto pare con le spalle abbastanza larghe per poter reggere il peso di avere inevitabilmente tutti i fari puntati adesso. Gli serviranno molto, queste spalle larghe, in un ambiente che nasconde insidie ad ogni angolo. Gli serviranno perché quello italiano è un proscenio dove si perdona poco o niente a coloro che arrivano con la fama di grandi protagonisti e che, per caso o per negligenza, si ritrovano a dover commettere dei passi falsi. Servirà a Geoffrey affrontare la vita e il calcio italiano a muso duro, perché sa che le aspettative intorno a lui sono alte e inevitabilmente la pressione può giocare dei brutti scherzi e scatenare mugugni e giudizi magari frettolosi. Servirà già da adesso, dopo che le prime apparizioni in amichevole, come se il calcio estivo fosse materia utile per elaborare giudizi definitivi su un giocatore, si sentono già sentiti in lontananza i primi mugugni per un rendimento altalenante, non solo dall’opinione pubblica ma anche e soprattutto dal ‘fuoco amico’ di una fetta di interisti che sembra già aver storto il naso di fronte alle prestazioni non brillantissime della tournée cinese.
Borbottii che a titolo personale ritengo eccessivi già in generale, perché dare un verdetto definitivo a fine luglio è possibile solo dopo un colpo di calore davvero intenso, e questo vale per Kondogbia come per qualsiasi altro giocatore. E anche perché forse l’unica prova da rimandato del giovane transalpino è stata quella col Bayern dove però tutta la squadra è stata costantemente in apnea, e anche contro Milan e Real Madrid qualche lampo della sua grande classe si è intravisto eccome. Senza dimenticare che un ragazzo con la sua struttura fisica deve stare giocoforza a ritmi di adattamento e recupero differenti.
La rapidità di esecuzione e il tocco di palla a tratti sublime del buon Geoffrey sono doti che a questa Inter serviranno tantissimo lungo la tortuosa strada del campionato. L’importante è che lui non si tiri indietro di fronte alle trappole che lo attenderanno e che il popolo nerazzurro non lo molli repentinamente nel momento del bisogno. In fondo, non fa male ricordare che anche lo stesso Pogba ha impiegato un po’ di tempo prima di prendere definitivamente le misure al calcio italiano e diventare la brillante stella che il calcio italiano ha conosciuto e che il mondo nerazzurro spera di aver trovato nel piccolo e opulento Principato…
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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