Siamo reduci da quella che probabilmente è stata la miglior partita di questa stagione, per emozioni e spettacolo offerto dalle due squadre in campo, che per un po’ hanno dimenticato i tatticismi all’italiana e hanno deciso di giocarsela a viso aperto. Del resto, alla fine, gli ingredienti c’erano tutti: una Roma chiamata a riscattare le ultime sconfitte rimediate tra campionato e Champions, alle prese con diverse assenze pesanti ma anche con un ambiente che non fa nulla per nascondere la propria insoddisfazione e con un tecnico la cui panchina comincia a diventare piuttosto rovente, e un’Inter che dopo lo stop di Champions League contro il Tottenham aveva tutta l’intenzione di riprendere il proprio cammino in campionato provando ad allargare in maniera importante la forbice tra sé e una potenziale diretta concorrente per i piazzamenti Champions League.

Ne viene fuori, come detto, un incontro dall’alto tasso di spettacolarità, con quattro gol, tante azioni di rilievo, qualche errore di troppo e un punto per parte, legittimo per come si sono sviluppate le cose ma che purtroppo, alla fin fine, lascia un retrogusto amaro ad ambedue i concorrenti. Ci sarebbero tutti gli ingredienti, comunque, per tramandare ai posteri una partita che merita di essere ricordata per lo spettacolo visto sul campo. E invece no: invece accade che il dopopartita viene clamorosamente avvelenato dalle pesanti recriminazioni sul fronte giallorosso, esploso per la mancata concessione di un calcio di rigore per fallo di Danilo D’Ambrosio su Nicolò Zaniolo. Esternate in ogni chiesa mediatica da Francesco Totti che nel pieno della rabbia per quanto accaduto arriva addirittura a prendere a male parole il malcapitato Daniele Baldini, assistente di Luciano Spalletti, del quale si attendono di capire le colpe in tutto questo.

Indubbiamente, il rigore andava concesso, e nel complesso ha anche le sue colpe l’addetto Var Michael Fabbri che per non si sa quale determinato motivo non abbia invitato Gianluca Rocchi alla revisione video dell’episodio. Sul fatto in sé, nessuno muove critica: semmai, ha lasciato di stucco l’incredibile amplificazione delle proteste giallorosse nelle ore successive in ambito mediatico con picchi anche a livello istituzionale. Alquanto pruriginose, ad esempio, sono state le dichiarazioni del presidente dell’Aia Marcello Nicchi che è arrivato a parlare di “episodio inconcepibile”, lui che non fu così perentorio quando, un paio di mesi fa, l’Inter fu clamorosamente depredata di un gol respinto con un braccio da Federico Dimarco nel corso del match contro il Parma. Federico Dimarco che poi, ironia della sorte, andò anche a segnare il gol beffa del successo ducale. Errore riconosciuto come grave nel corso della riunione dei giorni scorsi tra arbitri e allenatori ma che all’epoca fu marginalizzato, preferendo spostare il focus sui mali e gli spettri che attanagliavano l'Inter.

Così come marginalizzate sono state le recriminazioni dell’Inter per via di quell’episodio del finale di gara, quella tramvata, per dirla con le parole di Spalletti, rifilata da Kostas Manolas a Mauro Icardi lanciato verso la porta di Robin Olsen, un episodio più che borderline nella volata finale del match e che, qualora fosse stato sanzionato col penalty, sarebbe indubbiamente risultato decisivo. Ci ha dovuto pensare lo stesso Spalletti, probabilmente stufo di sentire sempre una solfa, a ricordare che nel bilancio di Rocchi andava addebitata anche questa svista, unico a premurarsi di fornire una risposta alle continue bordate provenienti dall’altra sponda mentre la società continua a preferire la via del low profile. Una scelta che in un mondo dove ormai dilaga la legge del ‘chi bastona primo, bastona due volte’, anche se fatta in nome di uno stile o di una cultura differenti, continua a stridere. In attesa di capire se e come l’inserimento di Beppe Marotta passa imprimere un cambio di rotta anche sotto questo aspetto, un po’ come auspicano i tanti tifosi in cerca dell’“uomo forte”.

L’Inter, si può dirlo, è circondata. Circondata da tanta gente che magari si ammanta nelle intenzioni di dare buoni consigli andando sempre a evidenziare i bicchieri mezzi vuoti di ogni circostanza, rendendo sempre l’impressione che intorno ad Appiano Gentile ci sia un cielo più uggioso di quello che circonda la magione della Famiglia Addams, quando classifica e nella maggior parte dei casi delle prestazioni dicono ben altro (e arrivando in alcuni casi anche a dare l'impressione di vantarsene di tutto ciò). Solo che poi, presto o tardi, alla fine qualcuno, interno o esterno all’ambiente, si prodiga per cercare di dare un nome reale alle cose. Restiamo nell’ambito dell’ormai famigerato contatto D’Ambrosio-Zaniolo: nel marasma ormai incontrollato di commenti, arriva la voce di Paolo Tagliavento, non uno qualsiasi ma uno che sul tema arbitraggio rappresenta senza ombra di dubbio uno degli esponenti più privilegiati. Tagliavento che fa qualcosa che nessuno, alla fine, ancora aveva fatto, ovvero concedere il beneficio del dubbio, sostenendo che anche con un monitor davanti ci sono episodi che restano difficili da valutare e che comunque non c’è ancora l’abitudine consolidata di giudicare davanti ad una tv. Vita vissuta.

Altro esempio: non si contano più i cori di elogio nei confronti di Nicolò Zaniolo, assoluto protagonista del match di domenica sera, bravo a imporsi e a rispondere presente quando chiamato in causa da Eusebio Di Francesco in un momento particolarmente delicato per la formazione giallorossa, con l’infermeria che cominciava a riempirsi in maniera preoccupante. Ma puntualmente, sono contestualmente partiti i cori di chi vuole dipingere la sua cessione come un altro rimpianto per l’Inter, quando solo fino a qualche tempo fa, specie dopo la sua convocazione da parte di Roberto Mancini senza nemmeno una presenza all’attivo in Serie A, si parlava di lui esclusivamente in merito alla ‘supervalutazione’ nell’ambito dell’affare Radja Nainggolan. Ma ora è il momento del giovane figlio d’arte, mentre il belga continua a vivere una serie continua di stop-and-go, e allora ecco che, recita ormai stucchevole, allora ecco la Roma fare un affare e l’Inter mordersi le mani.

L’esercizio fatto lunedì sera da Piero Ausilio, che ha semplicemente spiegato la situazione che ha portato a fare questa determinata scelta, dovrebbe essere la rappresentazione dell’ovvio ma che ovvio ormai non è: il progetto dell’Inter contemplava la presenza di determinati giocatori per ottenere i quali si sono dovuti fare determinati sacrifici. Il momento per ora è propizio al giovane di Massa, lesto ad approfittare delle defezioni che hanno colpito la rosa giallorossa (davanti a lui ci sarebbe infatti gente pagata anche fior di milioni), ma il cavallo vincente si vede sulla retta d’arrivo. Senza contare che vincere puntando sulla gioventù è una frase che sicuramente è uno slogan vincente in quanto tale, ma che nella realtà dei fatti ha sempre trovato pochi riscontri.

E tutto questo tralasciando almeno per il momento Lautaro Martinez, che comunque Spalletti ha assicurato di aver presentato le sue scuse per l’episodio increscioso che ha visto protagonista il padre, e aspettando di capire come si risolverà quello che effettivamente è diventato l’unico vero problema tangibile in casa nerazzurra, quello legato a Ivan Perisic, per il quale si è speso in difesa, usando anche toni piuttosto perentori, il suo connazionale Zvonimir Boban, che parla di pregiudizio nei confronti del giocatore nerazzurro, che però sin qui poco o nulla ha fatto in campo per cancellare questo pregiudizio, al di là del consueto lavoro di corsa; anzi certe sue dichiarazioni non hanno fatto che accentuarlo ulteriormente. E allora diventano legittimi i dubbi: cosa è successo? Quale il male che lo attanaglia? Fino a quello più inquietante sollevato da più d’uno: quanto ha ancora a cuore la causa interista?

Insomma, ce ne sono state per tutti i gusti e probabilmente, nella marcia di avvicinamento alla sfida di venerdì contro la Juventus, altre ce ne saranno. Il gruppo, però, ha ormai fatto la scorza dura davanti a questo tipo di evenienze. E indubbiamente preferisce riservare la lucidità fisica e mentale al doppio impegno con la Juve e soprattutto contro il Psv nel quale si decideranno i destini europei dell’Inter. Sapendo sempre che il mondo è pieno di gente prodiga di questi consigli. (Ovviamente, lungi da noi l’idea che lo faccia perché non può dare il cattivo esempio).

Sezione: Editoriale / Data: Mer 05 dicembre 2018 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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