Un guizzo, il candore di un momento: tanto basta a Keita Balde per regalare tre punti all’Inter nell’ultima gara dell’anno contro l’Empoli. Una partita rognosa, dove i cambi di Spalletti hanno fatto ancora la differenza: i nerazzurri chiudono il mini ciclo di partite invernali in ripresa, nonostante il braccino corto dimostrato contro il Chievo, e consolidano il terzo posto subito dietro il Napoli.
Al Castellani si gioca una gara dai ritmi blandi, avara di emozioni e bloccata dagli intenti tattici di Iachini che ingolfa il centro del campo e concede all’Inter solo le fasce, da dove Vrsaljko, Asamoah e gli esterni fanno partire dei cross timidi, molto spesso fuori dalla portata di Icardi. Il 4-3-3 consolida il possesso, ma mancano le fiammate e l’assistenza negli ultimi metri per pensare di sbloccare il risultato. Maurito gioca l’ennesima partita omnicompensiva, in cui condensa tocchi spalle alla porta e conclusioni al vetriolo, ma non basta.
IL TEMPO DI KEITA - L’uomo della provvidenza è uno dei giocatori più discussi dell’intera stagione, arrivato carente di condizione fisica e mentale e che a poco a poco ha convinto Spalletti a puntare su di lui. Dopo l’ultima sosta per le nazionali scrivevamo di come l’ex attaccante della Lazio fosse atteso al varco per dimostrare quelle qualità che Politano esprime con costanza da inizio stagione: corsa, sacrificio, assist e gol sono gli ingredienti fondamentali che possono condurre a un riscatto del numero 11 nerazzurro. E se nelle prime partite contro Bologna, Parma e SPAL Keita era risultato opaco e incapace di segnare, nella gara di Empoli ha messo in mostra tutto il suo arsenale: un grande aiuto in fase difensiva, testimoniato da un paio di situazioni sbrogliate con interventi chirurgici, e uno sbocco costante sulla sinistra dove punta spesso l’uomo e sfrutta la sovrapposizione di Asamoah. Un bel progetto di giocatore, che dovrà confermarsi: la cifra del riscatto è alta, ma ci sono ancora tre competizioni in cui può risultare decisivo.
SI PARTE DALLA VITTORIA - Spalletti a fine partita è stato chiaro: “In queste partite si incomincia dalla vittoria, tutto il resto è relativo. Se non vinco contro queste squadre, di sentirmi dire che ho giocato bene conta poco”. Un pensiero iconico che trancia definitivamente con il passato: se prima si ipotizzava che l’Inter dovesse vincere tutte queste partite, adesso è stato espresso con forza questo concetto. Non verranno più accettate figure barbine come quella contro il Chievo, dove si costruisce tanto ma si torna a casa a pancia vuota. E forse Spalletti questo messaggio l’ha mandato proprio a se stesso: l’Inter vista in questi sei mesi ha limiti e prospettive chiari e definiti. Il terzo posto è alla portata di questa squadra ed è da raggiungere il più agilmente possibile. Si sono visti sprazzi di bel calcio, ma quello che più interessa è aver ritrovato una solidità mentale che si è dimostrata labile, in questo anno e mezzo: aver chiuso con una vittoria, quando l’anno scorso dopo il Pordenone si erano collezionate solo batoste, è ancora più importante se si considera che l’Inter ha una fisionomia definita, di gerarchie e moduli. Sarà più semplice andare a migliorare alcuni meccanismi o, se ce ne sarà la possibilità, operare sul mercato tenendo a mente quanto visto finora. E le potenzialità future di alcuni giocatori: su tutti, Lautaro Martinez.
LA CLASSE DEL TORO - Ha 21 anni, quindi vivere di prestazioni ondivaghe è la normalità. Ma dopo un inizio di mese difficile, culminato con quella palla gol sbagliata contro il PSV, Lautaro ha continuato a lavorare e si è ritagliato il suo posto in squadra. Il messaggio che il suo ingresso in campo comunica ai compagni è come il trombettio del settimo reggimento: crea scompiglio fra le linee avversarie, fornisce assistenza a Icardi e colleziona palle gol. Fosse entrato nel tacco, avrebbe guadagnato un altro titolo in prima pagina. Per quelli ci sarà tempo, come per vederlo insieme a Icardi dal primo minuto. Per ora l’Inter è a 39 punti, a 8 lunghezze dal quinto posto, con una rosa adeguata ai suoi obiettivi. Come prospettive per il 2019, poteva andare peggio.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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