Mario Sconcerti dedica il suo fondo per il Corriere della Sera a Mario Corso, una delle leggende della Grande Inter, scomparso ieri. Non esitando a definirlo "uno dei giocatori migliori che l’Italia abbia mai avuto. Certe sue invenzioni le ha avute solo Maradona. Discontinui sono tutti i giocatori quando vivono cercando il colpo diverso. Perché non sempre viene e nel frattempo perdi tempo. Ma Corso era sempre dentro il campo, vittoria dopo vittoria, spesso decideva lui. Era un titolare fisso nonostante Helenio Herrera non lo sopportasse perché era il cocco della signora Erminia Moratti, aveva paura gli parlasse male di lui. Moratti aumentava lo stipendio a Herrera e si teneva Corso. Ma anche Herrera se lo teneva e lo faceva giocare sempre. Ma quale discontinuo. Era divino ed esatto, un giocatore straordinario che non aveva bisogno di correre quanto gli altri, faceva correre il pallone. Oggi farebbe la differenza nell’Inter, nella Juve e in Nazionale. E nel suo cuore lento aveva anche carattere. Quando Giovanni Ferrari lo escluse dai convocati per il Mondiale in Cile, nel 1962, in fondo a una partita di notte in cui dette spettacolo, Corso lo andò a cercare sotto la tribuna e lo mandò a quel paese col gesto dell’ombrello. Non fu mai più chiamato. Questo è coraggio, è dignità. Sapeva di avere ragione lui. Peraltro l’Italia in Cile andò malissimo".

Sconcerti ricorda anche il colpo più celebre di Corso giocatore: "Le sue punizioni, le chiamarono «a foglia morta». Noi diamo definizioni a tutto quello che non capiamo, serve a normalizzarlo. Ma nessuno in Italia ha mai più battuto punizioni così. Maradona, Mihajlovic, Del Piero, Totti gli davano più forza. Corso era inerzia, pigrizia, esattezza. Una presa in giro. Mi dispiace veramente sia morto in silenzio. Il poco che era la Nazionale di allora non ne ha fatto un giocatore di tutti, solo degli interisti. Ma Corso era infinito e divisivo, era il faro che non vuole essere visto, aveva dentro Coppi e Bartali insieme, l’intera valigia del calcio che portava senza avvertirne il peso, irraggiungibile. Quando nel 1970 andò via Suarez se ne ebbe la conferma. Corso scalò in regia, aveva ormai trent’anni, era completo. E l’Inter riprese a vincere. Il calcio non ha quasi mai memoria, si ricorda solo quello che si vede. Tanti ragazzi mi scrivono per chiedermi se davvero Baggio sia stato come Zico. Ne dubitano, non lo conoscono. Nel calcio vince l’ultimo che ha fatto gol. Per Corso spero avvenga l’opposto. Merita un posto che non gli abbiamo mai dato. È stato limitato dai luoghi comuni di una critica che era l’unica allora ad avere diritto di parola. Ma se riusciamo a capire che è stato decisivo come Pirlo e maligno come Platini, forse gli rendiamo la giustizia che merita".

VIDEO - ADDIO MARIO CORSO, IL PIEDE SINISTRO DI DIO

Sezione: Rassegna / Data: Dom 21 giugno 2020 alle 09:48
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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