"Gianni Riotta si divide adesso fra New York (insegna alla Princeton University) e l'Italia. Risponde al telefono che negli USA è mattina presto, i risvegli all'alba fanno parte di quella voglia di conoscere e rimanere aggiornato che ha fatto di lui un giornalista esperto, di quelli veri. Ha scritto, diretto, affrontato la professione in maniera completa. Gli ultimi otto mesi li ha dedicati in gran parte alla sua passione, il nerazzurro, raccogliendo la storia di Javier Zanetti". Così al canale ufficiale dell'Inter, Gianni Riotta spiega la nascita e la crescita del lubro con il Capitano. "Il libro doveva celebrare i quarant'anni del Capitano, all'inizio ho fatto da tramite con la Mondadori, poi è stato lui a chiedermi di scrivere. 'Giocare da uomo' è nato così".

Con il libro, è nata anche questa coppia inedita. Un giornalista e autore di fama, che non se l'è costruita nel calcio, e il Capitano. Otto mesi di lavoro in viaggio fra Argentina e Italia, a cogliere frammenti di vita, ritratti di famiglia, storie di povertà e di impegno. Sorride, Riotta, del primo dialogo con Javier.
"Gliel'avevo detto subito, che la difficoltà di raccontarlo era in quel suo essere integerrimo, niente sesso, droga e rock'n roll. Bello, bravo, buono e cattolico: non ti crede nessuno, gli ho detto. Il racconto parte dal quartiere dov'è nato, a Buenos Aires, per arrivare a narrare una vita intera".

Nel libro, si parla di tutto.
"Man mano gli argomenti venivano fuori, lo spogliatoio visto da lui, i compagni, gli allenatori, quelli con cui si è trovato, quelli con cui non si è trovato, ma anche il razzismo, l'omosessualità, il rapporto con la stampa: è un racconto vero".

Salta fuori anche la pazzia dell'assennato Zanetti.
"Lui così normale, che si ritrova nello spogliatoio di Madrid a parlare con la Champions, le dice a voce alta di quanto l'ha inseguita, persa per poco, finalmente agguantata e non la lascerà più".

Amori da Capitano, mescolati a quelli più 'umani', la famiglia, la Fondacion Pupi.
"Girare per il suo quartiere a Buenos Aires è stata un'esperienza, la Fondazione è lì vicino. Credo che Dock Sud sia una delle aree più pericolose di tutto il Sud America, era sconsigliato muoversi molto, ma a lui non è importato. E tutti gliene erano grati, si sporgevano dagli autobus e dai camion, è stata un'esperienza molto commovente".

 

Sezione: News / Data: Lun 14 ottobre 2013 alle 21:25 / Fonte: inter.it
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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