Difficile prevedere un risultato peggiore di quello maturato all'Olimpico. In pratica, il 4-0 è il fedelissimo specchio dei valori visti in campo tra Roma e Inter. Nerazzurri mai vivi, quasi impegnati in un ruolo ingeneroso di sparring partner al cospetto di un avversario in grado di giocare a memoria e approfittare dei tanti, evidenti, limiti dei nerazzurri. La sconfitta è innanzitutto tattica, pur avendo entrambe le contendenti giocato a carte scoperte. Scelte quasi obbligate per Claudio Ranieri, che senza Sneijder e Alvarez, i due creativi, punta sul 'suo' 4-4-2 classico. Continuità intoccabile anche per Luis Enrique, che insiste sul 4-3-3 con Totti punta centrale di movimento e due attaccanti rapidi più larghi. Sin dall'avvio si capisce che tipo di partita si vedrà: Roma all'attacco e Inter votata all'attesa e al contenimento, con Milito e Pazzini cercati anche ostinatamente attraverso lanci lunghi, il leit motiv del gioco offensivo degli ospiti.
Possesso di palla, tocchi rapidi, coinvolgimento delle fasce e pressing altissimo sono invece le armi con cui i giallorossi mettono in crisi, anche dopo il vantaggio, l'undici di Ranieri, incapace di costruire gioco in avanti. Ad agevolare la tattica di Luis Enrique è anche l'atteggiamento degli esterni nerazzurri, Obi e Zanetti, che rimanendo troppo bassi facilitano la spinta di Taddei e Josè Angel. Anche i due mediani, Palombo e Cambiasso, soffrono tremendamente la superiorità numerica a centrocampo della Roma e non salgono mai a dovere. Sensazione di impotenza, dunque, quella che desta l'Inter nel primo tempo dell'Olimpico, interrotta solo dopo la mezz'ora quando la squadra, alzando il baricentro, ha messo in difficoltà i difensori giallorossi. Una chimera, durata fino allo svarione difensivo che ha agevolato il raddoppio di Borini.
Nella ripresa, poi, la sostituzione di Ranieri ha chiarito la resa anticipata della truppa interista: un centrocampista in più (Poli) e una punta (Pazzini) in meno hanno palesato l'intenzione del tecnico testaccino, tutt'altro che profeta in patria, di limitare i danni rinforzando la mediana, dove i tre di Luis Enrique spopolavano. Una scelta quasi obbligata, visto che i due attaccanti, salvo uno spunto personale di Milito, non l'hanno in pratica mai vista. Sperare di recuperare, senza armi determinanti provenienti dalla panchina, sarebbe stato pretestuoso. Si spiega così la scelta remissiva di Ranieri, orfano di gente in grado di costruire, necessaria quando il risultato ti punisce.
Ma quello che più sorprende in negativo è l'atteggiamento della squadra, vittima di assenze pesanti e quasi rassegnata a subire, come si di fronte si trovasse il Barcellona. E' bastata una buona Roma, invece, ad abusare di un assetto rinunciatario in partenza, incapace di reagire neanche di fronte alle prime difficoltà. Defaiance tattica, inevitabile vista la lista degli indisponibili, ma anche caratteriale: pur se priva di molti dei suoi giocatori principali, l'Inter poteva dare molto di più e, nello specifico, la difesa avrebbe dovuto comportarsi meglio. Nella Capitale, invece, è stata uno sfacelo, con Maicon e Lucio, in particolare, dietro la lavagna.
Tornando al discorso tattico, pur senza possibilità di variare, Ranieri ha potuto optare per il suo 4-4-2, all'altare di cui ha spesso sacrificato persino Sneijder. E' questo l'assetto, a detta del mister, più equilibrato per questa Inter, che in difesa soffre la presenza contemporanea delle due punte e del trequartista. Se questo però è un assetto equilibrato, figuriamoci quello che altrimenti faticherebbe in difesa... C'è poco da aggiungere, è stata una pessima prestazione e va messa da parte immediatamente. Ma dopo 7 vittorie consecutive siamo alla quarta partita consecutiva senza successi (di cui tre sconfitte) ed è più di un campanello d'allarme.
Sembra che il magic moment sia già terminato e ci si trovi dinanzi all'Inter pre-filotto, quella incapace di costruire qualcosa di buono, vittima dei propri limiti e, di conseguenza, perdente. Per frotuna in settimana Ranieri dovrebbe recuperare alcuni dei big rimasti precauzionalmente a riposo, ma è sulla testa che il tecnico dovrà lavorare: dimenticare subito una scoppola del genere non sarà facile, così come sarà difficile cambiare una mentalità troppo remissiva e impaurita, alimentata anche dal valore dell'avversario ma ingiustificabile per una squadra di blasone come l'Inter.
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