Che anno per i tifosi interisti, questo 2021. Scudetto dopo 11 anni di attesa, poi la soddisfazione di vedere alcuni dei propri beniamini conquistare Copa America ed Europeo. In un contesto sociale complesso, reduci da un anno drammatico sotto tutti i punti di vista, diciamo che poteva andare peggio, sportivamente parlando. In queste ultime settimane abbiamo assistito, grazie all'ottimo lavoro di Antonio Conte, alla crescita di un gruppo che ha spazzato via i rimasugli di timidezza e paura di non farcela, conquistando a mani basse un campionato a cui in pochi credevano. L'allenatore salentino ha spinto i suoi ragazzi oltre il limite, convincendoli di essere i migliori, ha concretizzato quello scatto di mentalità che per anni è stato il tallone d'Achille dell'Inter, dove ormai ci si era quasi abituati alla mediocrità e a vivere di ricordi. Dopotutto, Conte è arrivato a Milano anche e soprattutto per trasmettere le proprie convinzioni a un gruppo povero di titoli, con tanti giovani di belle speranze da formare e calciatori esperti da indirizzare.
Oggi il tecnico leccese si gode le vacanze, non ha più un incarico e per lui l'Inter è il passato. Ma la sua eredità continua a produrre ottimi risultati, focalizzandosi su alcuni dei calciatori sui quali ha tangibilmente messo mano durante la propria esperienza nerazzurra. Romelu Lukaku non ha raggiunto l'obiettivo prefissato con il Belgio, ma ha confermato di essere un attaccante migliore rispetto a un anno fa. Glielo riconoscono tutti coloro che vi si imbattono, da alleati o avversari. Al suo arrivo all'Inter c'era chi si chiedeva se valesse l'investimento. Oggi la domanda è: esistono club in Europa che potrebbero permetterselo?
Eppure il belga partiva già da una base importante di esperienze, capacità personali e basi umane. Più facile far scattare in lui la molla dell'evoluzione. Il vero capolavoro è stato prodotto sui ragazzi che hanno continuato a vincere dopo lo Scudetto: Lautaro Martinez, Nicolò Barella e Alessandro Bastoni. L'argentino ha trionfato in Copa America da attaccante titolare della Nazionale argentina. Tre reti nella competizione, tra i protagonisti dell'impresa albiceleste in Brasile. Non male per chi due anni prima era la riserva di Mauro Icardi, del quale si sono ormai perse le tracce in campo internazionale. Lautaro ha ancora 24 anni, ha margini di miglioramento spaventosi e la testa giusta per crescere ulteriormente. Nell'Inter, da attaccante di movimento si è quasi trasformato in un numero dieci, in grado di muoversi sulla trequarti con la stessa disinvoltura mostrata negli ultimi 16 metri. E Lionel Scaloni, così come i suoi compagni in Nazionale, hanno beneficiato dell'ottimo lavoro di Conte al Suning Training Centre.
Copia e incolla per i due azzurri, Barella e Bastoni. La sfrontatezza, l'incoscienza e l'energia della gioventù li hanno portati a difendere con grande impegno e onore la maglia dell'Italia, dal primo all'ultimo atto di un Europeo esaltante. Se il centrale (classe '99, ricordiamolo) ha potuto mettere piede in campo solo contro il Galles annullando un certo Gareth Bale, eclissato da un monumentale Giorgio Chiellini del quale raccoglierà l'eredità in azzurro, una nota di merito spetta al centrocampista. Certo, in finale non ha brillato, dopo un avvio esaltante ha iniziato a pagare la stanchezza di chi da quasi due anni non trova un momento di pausa vera e al contempo non lesina una singola goccia di sudore in campo. Però il fatto che per Roberto Mancini fosse titolare inamovibile di un centrocampo di altissimo livello la dice lunga sul valore di questo ragazzo, arrivato all'Inter con grandi aspettative, superate di gran lunga in brevissimo tempo. Scudetto ed Europeo nel giro di due anni, partendo dal Cagliari, da assoluto protagonista. Con la mano di Conte a indirizzarne le enormi qualità nella direzione giusta. Per la gioia di Mancini e, sicuramente, Simone Inzaghi.
Il vero dispiacere è per Stefano Sensi. Il posto nella rosa azzurra a Euro 2020 lo aveva prenotato da tempo. Il Ct gli aveva confermato la propria fiducia nonostante un'altra stagione travagliata dal punto di vista degli infortuni. Segnale di enorme stima nei confronti di un talento frenato da un fisico fragile. Lo stesso che, sul più bello, prima di imbarcarsi verso l'avventura europea, lo ha costretto ad arrendersi. Come se fosse un inevitabile destino che lo perseguita e da cui non riesce a fuggire. Per capacità e talento, Sensi sarebbe stato benissimo nel centrocampo azzurro e sicuramente il suo spazio se lo sarebbe ritagliato. Invece ha dovuto seguire dalla poltrona l'impresa dei compagni di squadra come qualsiasi tifoso. A un passo dal traguardo, pugnalato alle spalle dal proprio fisico. L'augurio è che possa riprendere il filo del discorso e che riscuota l'enorme credito che ha con la sorte. Ma deve lavorare bene sui propri muscoli. Inzaghi e il suo staff gli tendano quella mano che Conte a un certo punto ha dovuto inevitabilmente sottrarre per il bene del gruppo.
C'è poi Lele Oriali, il filo conduttore tra l'Inter e la Nazionale, colui che ha visto crescere questi ragazzi e diventare eroi per i tifosi interisti e per la propria Nazione. Personaggio mai sopra le righe, un lavoratore instancabile che sfugge ai riflettori, un po' come accadeva in campo. Ma fondamentale, sotto tutti i punti di vista. Chiedere a Conte e Mancini, chiedere a chiunque abbia potuto lavorare con lui, a tutti i giocatori che ha consigliato e protetto quasi da padre o amico. Perdere una figura talmente preziosa, non semplicemente simbolica, sarebbe un grave danno per l'Inter anche se la sensazione è che si vada verso una separazione. La speranza che dopo questo trionfo europeo Lele possa tornare a 'servire' l'Inter e aiutare Inzaghi nel suo arduo lavoro resta intatta, però servirà la disponibilità di tutte le parti in causa. Mai come oggi, sperare è d'obbligo.
VIDEO - "IT'S COMING ROME" E IL BACIO DI BARELLA A BASTONI: FESTA (NER)AZZURRA A WEMBLEY
Oggi il tecnico leccese si gode le vacanze, non ha più un incarico e per lui l'Inter è il passato. Ma la sua eredità continua a produrre ottimi risultati, focalizzandosi su alcuni dei calciatori sui quali ha tangibilmente messo mano durante la propria esperienza nerazzurra. Romelu Lukaku non ha raggiunto l'obiettivo prefissato con il Belgio, ma ha confermato di essere un attaccante migliore rispetto a un anno fa. Glielo riconoscono tutti coloro che vi si imbattono, da alleati o avversari. Al suo arrivo all'Inter c'era chi si chiedeva se valesse l'investimento. Oggi la domanda è: esistono club in Europa che potrebbero permetterselo?
Eppure il belga partiva già da una base importante di esperienze, capacità personali e basi umane. Più facile far scattare in lui la molla dell'evoluzione. Il vero capolavoro è stato prodotto sui ragazzi che hanno continuato a vincere dopo lo Scudetto: Lautaro Martinez, Nicolò Barella e Alessandro Bastoni. L'argentino ha trionfato in Copa America da attaccante titolare della Nazionale argentina. Tre reti nella competizione, tra i protagonisti dell'impresa albiceleste in Brasile. Non male per chi due anni prima era la riserva di Mauro Icardi, del quale si sono ormai perse le tracce in campo internazionale. Lautaro ha ancora 24 anni, ha margini di miglioramento spaventosi e la testa giusta per crescere ulteriormente. Nell'Inter, da attaccante di movimento si è quasi trasformato in un numero dieci, in grado di muoversi sulla trequarti con la stessa disinvoltura mostrata negli ultimi 16 metri. E Lionel Scaloni, così come i suoi compagni in Nazionale, hanno beneficiato dell'ottimo lavoro di Conte al Suning Training Centre.
Copia e incolla per i due azzurri, Barella e Bastoni. La sfrontatezza, l'incoscienza e l'energia della gioventù li hanno portati a difendere con grande impegno e onore la maglia dell'Italia, dal primo all'ultimo atto di un Europeo esaltante. Se il centrale (classe '99, ricordiamolo) ha potuto mettere piede in campo solo contro il Galles annullando un certo Gareth Bale, eclissato da un monumentale Giorgio Chiellini del quale raccoglierà l'eredità in azzurro, una nota di merito spetta al centrocampista. Certo, in finale non ha brillato, dopo un avvio esaltante ha iniziato a pagare la stanchezza di chi da quasi due anni non trova un momento di pausa vera e al contempo non lesina una singola goccia di sudore in campo. Però il fatto che per Roberto Mancini fosse titolare inamovibile di un centrocampo di altissimo livello la dice lunga sul valore di questo ragazzo, arrivato all'Inter con grandi aspettative, superate di gran lunga in brevissimo tempo. Scudetto ed Europeo nel giro di due anni, partendo dal Cagliari, da assoluto protagonista. Con la mano di Conte a indirizzarne le enormi qualità nella direzione giusta. Per la gioia di Mancini e, sicuramente, Simone Inzaghi.
Il vero dispiacere è per Stefano Sensi. Il posto nella rosa azzurra a Euro 2020 lo aveva prenotato da tempo. Il Ct gli aveva confermato la propria fiducia nonostante un'altra stagione travagliata dal punto di vista degli infortuni. Segnale di enorme stima nei confronti di un talento frenato da un fisico fragile. Lo stesso che, sul più bello, prima di imbarcarsi verso l'avventura europea, lo ha costretto ad arrendersi. Come se fosse un inevitabile destino che lo perseguita e da cui non riesce a fuggire. Per capacità e talento, Sensi sarebbe stato benissimo nel centrocampo azzurro e sicuramente il suo spazio se lo sarebbe ritagliato. Invece ha dovuto seguire dalla poltrona l'impresa dei compagni di squadra come qualsiasi tifoso. A un passo dal traguardo, pugnalato alle spalle dal proprio fisico. L'augurio è che possa riprendere il filo del discorso e che riscuota l'enorme credito che ha con la sorte. Ma deve lavorare bene sui propri muscoli. Inzaghi e il suo staff gli tendano quella mano che Conte a un certo punto ha dovuto inevitabilmente sottrarre per il bene del gruppo.
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