Dunque l’Inter è una cosa seria, senza enfasi e inutili trionfalismi. La prestazione, il risultato e l’aspetto tattico sono quelli di una squadra importante, che sta crescendo di partita in partita.
Spalletti è il vero valore aggiunto, il totem di un gruppo che sta imparando a giocare senza paura e rispettando il valore e la tradizione della maglia indossata.
Il pareggio a reti bianche è parzialmente bugiardo, nonostante il predominio territoriale, il Napoli ha avuto poche chance più dell’Inter per andare in gol.
Verso la mezz'ora del secondo tempo si è persino avuta la sensazione che l’Inter alla fine potesse spuntarla, come non accade da troppo tempo al San Paolo (0-2 nell’ottobre 1997).
Nel primo tempo l’Inter inizia soffrendo il pressing avversario, poi trova qualche spazio per mettere il becco fuori dalla propria metà campo.
Passano i minuti e arriva un’azione pericolosissima dei padroni di casa che Handanovic stoppa prima con le mani, poi con i piedi.
La squadra resta presente a sé stessa e inizia a trovare spazi, grazie soprattutto a Candreva che vince il duello con Hamsik ogni volta che lo punta.
Il Napoli tiene palla ma l’Inter chiude ogni spazio e dopo uno spavento provocato da un inserimento di Insigne, arriva anche l’occasionissima sprecata da Borja Valero, imbeccato da solo in area ma fermato da Pepe Reina.
Il primo tempo si chiude con la sensazione netta di una squadra che cerca di costruire una mentalità da grande squadra.
Nel secondo tempo il Napoli perde velocità e vive di strappi, due in particolare davvero pericolosi, che richiedono l’intervento decisivo di Handanovic.
L’Inter però osa e arriva diverse volte in area avversaria con due occasioni, la più clamorosa in apertura di ripresa con Vecino, il quale fa una straordinaria incursione e costringe Albiol a salvare sulla linea.
La partita prosegue e Spalletti dirige dalla panchina pretendendo e ottenendo concentrazione e personalità fino al termine.
Il triplice fischio finale mette a verbale un pareggio che l’Inter ora ha il dovere di onorare perché, dopo tanto tempo, sta costruendo un’autostima che si rivelerà determinante per arrivare tra le prime quattro.
La verità delle cose non è ancora realizzata ma è finalmente tracciata. Vedere la partenza dell’azione, cercando di evitare l’aggressione sui portatori di palla, evitando giocate senza senso e distribuendo passaggi a terra per Vecino, Gagliardini e Candreva, ha dato il chiaro messaggio di una formazione che finalmente, dopo tanto, troppo tempo, è tornata a pensare da grande squadra, ha tolto il vestito della mediocrità, rinunciando al lancio lungo destinato agli avversari, al passaggio in orizzontale privo di significato, ai passaggi a vuoto, figli di un disinteresse e si è dedicata al pressing alto, all’applicazione tattica, al coraggio delle idee in campo.
L’Inter insomma è tornata ad iscriversi all’albo delle speranze e delle aspettative pretendendo una crescita costante da sé stessa. A partire da Spalletti che ha chiaramente detto di non vedere differenze di forza sostanziali tra i suoi undici giocatori e quelli del Napoli. Al di là della verità oggettiva o soggettiva che ognuno può interpretare a piacimento, è esattamente da quello sforzo di comprensione del materiale umano a disposizione, da quella follia lucida che ti permette di non adagiarti e pretendere molto di più da chi credi abbia fatto già tanto.
E’ questo che rende una squadra grande, più grande delle altre, da quella fame che l’Inter in questi ultimi anni aveva perso a favore di un imborghesimento che veniva anche aiutato da una forma di fatalismo nel giudizio “i giocatori sono questi, non si può pretendere di più”. Ebbene con Nagatomo, D’Ambrosio, Gagliardini e un Miranda con un anno in più, si può avere una squadra tanto competitiva. Pensare che non si potesse ottenere di più era il simbolo della mediocrità a cui i giocatori si erano colpevolmente adagiati.
Ho trovato esaltanti le prestazioni di Candreva, Skriniar, Vecino e Handanovic, veri trascinatori e ancore di una squadra che in loro ha sempre trovato la soluzione di gioco, la profondità, la banca e l’idea per contrapporsi al Napoli.
L’unica vera disgrazia oggi è una rosa troppo corta, in caso di infortuni o in occasioni di partite infrasettimanali, come quella che sta per arrivare contro la Sampdoria, se possibile con un coefficiente di difficoltà altrettanto elevato, considerando il livello della squadra di Giampaolo che col Crotone ha fatto poco più di un allenamento e arriverà a Milano riposata, contro un Inter che avrà speso molto in energie mentali.
Amala.
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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