Così, finalmente, finirà questa sera. Sincerità per sincerità, la stagione che sta andando in archivio non resterà nei miei ricordi. Per fortuna credo di riuscire a dimenticarla in fretta: molto in fretta. Non appartengo alla categoria del… bisogna ricordare per non ripetere gli stessi errori… Anche no, grazie. Non sta scritto da nessuna parte che è necessario rivedere le mirabolanti chiusure difensive o il pressing asfissiante che ha contraddistinto il nostro centrocampo; il reparto avanzato lo escludo, quando Rodrigo ha riacquistato una forma decente ed il dolore lo ha abbandonato i due davanti hanno ampiamente fatto il loro. 

Finirà questa sera, abbiamo detto; con immenso piacere. Erano anni e anni che non vedevo l’ora di chiudere definitivamente il capitolo campionato. Che aspettavo solo il momento, l’ultimo triplice fischio. Non perché è da anni e anni che siamo in pole position o che, comunque, siamo protagonisti di tornei esaltanti. In realtà è dal 2011 che, diciamocelo, tutto è stato sbagliato. Senza una programmazione, senza un senso logico. Acquisti un po’ a casaccio, allenatori sostituiti con la stessa frequenza delle marce di una macchina durante un rally; niente visione del futuro, niente difesa a oltranza delle proprie scelte di fronte alla stampa. Quello mi è poco simpatico, via, dentro il prossimo. Che va pure bene e fa anche sorridere. Non ci fosse il Financial Fair Play

Oggi, sissignori oggi, paghiamo gli anni di divertenti cambi in corsa, dei Forlan e dei Pereira, di cessioni frettolose pur di liberarsi di ingaggi onerosi. Quando, con un minimo di prospettiva imprenditoriale, si sarebbero potuti e dovuti cedere alcuni “grandi vecchi” portando denaro nelle casse societarie. Ma queste ultime considerazioni appartengono al passato e purtroppo ciò che è stato, gestione societaria non ineccepibile (usiamo un eufemismo, va…) compresa, non può essere cambiato. Non esiste la bacchetta magica e non hanno ancora inventato la macchina del tempo. O, almeno, questo raccontano a noi poveri mortali.  

Oggi dobbiamo fare i conti col presente, con quello che c’è, con i giocatori attualmente in rosa, con Roberto Mancini e con una nuova classe dirigente. Ed è a loro che dobbiamo calcisticamente affidarci. Sperando che, loro sì, possano trarre spunto da una stagione fallimentare oltre ogni peggior incubo per il popolo del cielo e della notte. E non solamente parlando di classifica, di posizione, di prestigio. No, qui parliamo dell’abc del gioco del calcio. Di una difesa che ti viene la tremarella ogni volta che l’avversario passa la tua metà campo. Di buchi che, diamine, ci si accorgeva dagli spalti delle praterie lasciate ora a destra, ora a sinistra, per non dire nel mezzo. Ma colpevolizzare, demonizzare sarebbe meglio dire, solo il reparto arretrato avrebbe poco senso. Perché, luogo comune per luogo comune, il calcio è uno sport che si gioca in undici.

Uno sport di squadra. Niente di individuale; no, anzi, di individuale ci sono le giocate dei fuoriclasse, di quelli oltre la media, di coloro che con un colpo, uno solo, risolvono la partita. Ma quel genere di gente lì a Milano, per ora, è impossibile vederla. Perché c’è il Financial Fair Play. Voluto dal signor Platini. Il tizio che ha provato, rimediando una tremenda botta in faccia, a detronizzare sua maestà Blatter senza riuscirci. Non che la cosa mi abbia fatto piacere. La riconferma di Blatter intendo, che sarebbe da pensionare; vorrei tanto capire con quale senso logico venga puntualmente rieletto. Ma vedere la tracotanza dell’ex le roi in qualche modo punita, beh, confesso, mi ha strappato un sorrisino.

Dicevamo che, grazie alla fantasmagorica trovata del presidente UEFA e alla gestione del Club dal 2010 in avanti, a Milano per qualche anno i grandissimi non li vedremo. Però… perché il però va messo. Sì, insomma, Erick ha promesso al Mancio una squadra tosta, pronta per ambire a grandi traguardi fin dalla stagione prossima. Ora, io per grandi traguardi intendo la qualificazione alla Champions League, perché sarei un pazzo a parlare di scudetto. Però, senza coppe, senza giovedì in Ucraina, Azerbaijan, Moldavia, Estonia, Lettonia, Lituania e chi più ne ha più ne metta, il tempo per assemblare una compagine degna di rappresentare i colori che finalmente torneremo a indossare, nerazzurri, ci sarà. Ci dovrà essere. Senza più cambi in corsa, senza scuse e scusette, senza astruse tabelle di possessi palla, senza lamentarsi di posizioni sul campo, senza pianti negli spogliatoi a mo’ di bambini dell’asilo. E senza la via crucis di procuratori che parlano, parlano, parlano… e poi parlano. 

Sì, insomma, il Presidente ha detto che verranno fatti sforzi importanti per riportarci al nostro posto, a quello che ci compete da sempre. Nonostante attacchi in serie, spesso cose dette o scritte per il piacere di farlo, argomenti che si sciolgono il giorno dopo come neve al sole. Ad uso e consumo di chi è dato di sapere. Ma Erick mi sembra uno con le spalle larghe, figurati se possono scalfirlo le chiacchiere da bar e dintorni tipiche dei salotti, nemmeno buoni, dell’italico suolo. Ora, sbilanciarsi su nomi veri o presunti è un esercizio che non mi compete; di certo Mancini ha chiesto un paio di difensori, un centrale e un esterno con fiato, corsa e capace di alzare il pallone oltre il solito metro e mezzo, un paio di centrocampisti e una punta.

In totale cinque/sei elementi che, sommati ai tre arrivati a gennaio, fanno quasi una squadra. Non è poco, se pensiamo alle precedenti annate. Il grosso del lavoro, semmai, sarà in uscita. Mi ripeto, ma l’idea che ho è che molti saluteranno; alcuni senza aver lasciato traccia, roba che tra qualche anno ci chiederemo – ma quello aveva giocato con noi? -, altri forse con un pizzico di commozione e qualche lacrimuccia. Però non potranno essere soddisfatti tutti i tifosi, mettiamocelo in testa. La rosa sarà ridotta in maniera sostanziosa, qualche partenza dolorosa ci sarà per forza. Per adesso siamo chiusi. Per restauri. Non preoccupatevi, torniamo presto. Prima di quanto tutti vi aspettiate.
E buona domenica.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 31 maggio 2015 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
vedi letture
Print