Non dovrei essere sorpreso dall'epilogo amaro di questo turno infrasettimanale. Dopotutto l'Inter nelle ultime stagioni ci ha ampiamente abituati a sprecare set point fondamentali per il proprio destino. L'auspicio alla vigilia era quanto meno di mantenere invariata la distanza dalla Roma per continuare a inseguire il sogno Champions, ma ahimé questo sogno rimarrà tale. E la sentenza arriva con un mese di anticipo.
A Genova la prestazione della squadra almeno nel primo tempo è stata più che discreta, solo il caso ha voluto che all'intervallo si fosse ancora sullo 0-0 dopo tre-quattro occasioni gettate al vento dai giocatori in completo bianco. Nel frattempo il Torino svolgeva il suo onesto compito all'Olimpico, mantenendo il vantaggio dal dischetto. Un motivo più che valido per tornare in campo nella ripresa con il coltello tra i denti, perché evidentemente il destino ti sta chiamando per nome a voce alta in quel momento. Invece che accade? Nulla. Proprio nulla, perché l'Inter si sgonfia, agevola la strategia difensiva e contropiedista del Genoa (evito volontariamente di affrontare il tema di Lamanna supereroe) e getta al vento un altro paio di buone opportunità, arrivate però senza quella piacevole pressione offensiva dei primi 45 minuti. Un cambio di atteggiamento inspiegabile e al contempo inaccettabile, soprattutto dopo l'ultima prestazione contro il Napoli.
E se sabato scorso al 'Meazza' la vittoria era stata soprattutto merito delle scelte tattiche e umane di Mancini, stavolta è proprio l'allenatore il primo imputato di questo addio alle armi. Attendere il minuto 73 per effettuare la prima sostituzione, mentre la squadra faticava con la circolazione del pallone e iniziava ad abbassarsi, è stato delittuoso. Eppure di chincaglieria da esporre in panchina ce n'era, eccome. Gente come Eder, Jovetic e Ljajic forse avrebbe potuto cambiare la partita se gettata nella mischia in un momento più opportuno, quanto meno quando l'andazzo lo richiedeva. Invece per i tre c'è stato poco tempo, e i due slavi sono stati proposti addirittura dopo lo svantaggio, come mossa della disperazione. Non ravvedo responsabilità nelle scelte iniziali di Mancini, che puntando sull'undici titolare ha avuto di certo le sue ragioni. Ma il ritardo con cui ha letto la partita, intervenendo solo quando costretto a inseguire, è stato probabilmente decisivo. E lo dico con dispiacere perché credo che si debba ripartire comunque dal Mancio, ma bisogna essere onesti.
Perdere una partita come questa è allucinante, per il semplice fatto che il Genoa ha fatto ben poco per portare a casa i 3 punti. Un episodio nell'area nerazzurra, l'apice di una serata di sprechi e discontinuità, e la frittata è fatta. Con ennesima gioia del mai amato Gasperini. Personalmente, guardando il modo in cui l'Inter stava affrontando la ripresa, mi aspettavo di perdere la partita. Troppi i precedenti che si sono conclusi così, troppa la fatica dei nerazzurri a creare pericoli negli ultimi 20 metri salvo nel finale disperato e confusionario. E mentre a Genova arrivava l'amaro crollo, all'Olimpico un giocatore ormai delegittimato dalla sua società firmava una doppietta dal sapore di Champions League. Questa si chiama personalità, non te la insegnano a scuola. Ed è quella che manca ai nostri giocatori (salvo qualche rara e inefficace eccezione), incapaci di dar seguito alle buone prestazioni e arrivare dritti al traguardo quando è necessario. Non è una questione di gol sbagliati, che arrivano puntuali come una raccomandata di Equitalia. Ma di garra, di caparbietà nell'inseguire l'obiettivo a tutti i costi, di concentrazione (subire 10 reti dopo il 75esimo è allucinante), di continuità partita dopo partita o all'interno della stessa.
Ora è già tempo di bilanci, perché l'obiettivo di vincerle tutte per non avere rimpianti è stato fallito miseramente. Il quarto posto non è ancora una certezza, benché la Fiorentina non sembri averne più. E ad altro ormai non si può più ambire. Per la Champions League, ripassare tra un anno (forse). Questa squadra non ha ancora la forza mentale per guadagnarsi un palcoscenico del genere. Con un andamento da montagne russe è impossibile tenere il passo con chi davanti a te è assai più rodato, serve dare qualcosa di più per superarlo. Ma qui si dà di meno proprio nel momento del grande salto. Onore alla Roma, checché stia maltrattando colui che le ha salvato la stagione. Mea culpa Inter, per tutti. Il nostro campionato è già finito, al netto delle solite frasi fatte da qui alla 38esima giornata. Non resta che programmare la prossima stagione, traendo i giusti insegnamenti da quella ancora in corso. Perciò, buone vacanze a tutti.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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