Alessandro Favalli è il primo calciatore italiano risultato positivo al Covid-19. Il 27enne che gioca in Serie C con la Reggo Audace ha parlato al Corriere dello Sport raccontando la sua vicenda. 

Ciao Alessandro, come stai? 
"Sto bene, la febbre è passata, ho solo un forte raffreddore".

Quando ti è stata riscontrata la positività al Coronavirus? 
"Ho fatto il tampone venerdì scorso e ho avuto l’esito domenica mattina. Non ho mai avuto febbre alta: 38 per un paio di giorni, poi stabile 37,5 e adesso non ce l’ho più. Il decorso è stato rapido. Mi è stato detto che posso considerarmi guarito, anche se ora - quando passeranno definitivamente tutti i sintomi - dovrò fare un altro tampone per riscontrare la negatività".  

Fino a venerdì ti sei allenato con la Reggio Audace. Come stanno i tuoi compagni di squadra? 
"Non credo siano stati sottoposti al tampone, ma allenatori, staff, giocatori, sono tutti in autoisolamento fino a venerdì". 

Ti imputi qualcosa? Hai peccato in leggerezza?  
"Da quando è scattata l’emergenza Coronavirus sono sempre stato attento a non frequentare posti affollati. Facevo allenamento e poi andavo a casa, senza fermarmi. L’unica leggerezza è stata quella di una cena con i miei parenti, genitori e fratelli: evidentemente il contagio è cominciato là, anche loro hanno avuto i miei sintomi, anche se certezze non ce ne sono". 

Pensi che il nostro calcio si sia mosso in ritardo? 
"A questo punto fermarsi era la cosa migliore. Però sì, il calcio si è mosso in ritardo. Non bastava chiudere gli stadi, dentro ci siamo noi che ci giochiamo. E siamo persone, con le nostre ansie, con le nostre paure come tutti. Per fortuna è arrivato questo decreto". 
 
Che effetto ti ha fatto - mentre eri in quarantena - vedere i tuoi colleghi della Serie A che si abbracciavano dopo i gol? 
"Ho avuto sentimenti contrastanti. E’ difficile da spiegare. Pensavo che era rischioso, li vedevo e mi veniva da dirgli: ragazzi, fermatevi, non abbracciatevi. Ma allo stesso momento per noi calciatori giocare è vita, quindi li capivo. Capivo la loro voglia di normalità, la verità è che abbiamo tutti bisogno di normalità. Per questo è stato giusto fermarsi". 
 
C’è paura tra voi colleghi?  
"C’è molta ansia, da quando è scoppiata l’emergenza negli spogliatoio non si parlava d’altro. Siamo ragazzi tra i 20 e i 30-35 anni, abbiamo mogli, fidanzate, famiglie, bambini, genitori, amici. Non aveva più senso andare avanti. Ho apprezzato molto le dichiarazioni pubbliche del presidente AIC Tommasi. Personalmente mi sono sentito voler bene da un sacco di compagni, ragazzi con cui gioco qui a Reggio Emilia o con cui ho giocato in passato. Voglio che sappiano che quell’affetto mi ha fatto bene". 

Sezione: Rassegna / Data: Mer 11 marzo 2020 alle 10:45 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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