"L'Italia è arrivata in finale con pieno merito. Perché si è dimostrata più completa di ogni avversario incontrato e capace di gestire diverse situazioni di gioco, sia in fase di possesso che di non possesso palla. Cercando di mantenere sempre una propria idea, identità e stile, ma sapendosi anche adattare alle qualità fisiche, tecniche e tattiche degli avversari, per trovare il modo migliore di ottenere il massimo risultato". Lo scrive Antonio Conte in un lungo pezzo di analisi per La Gazzetta dello Sport, di cui riportiamo qualche altro stralcio.

"A volte ha dominato, altre volte ha mostrato resilienza, carattere e spirito di sacrificio esaltando le qualità collettive e individuali. Il grande merito di Mancini è aver dato alla squadra tante conoscenze che i giocatori dimostrano di aver mandato a memoria - prosegue sulla rosea l'ex tecnico dell'Inter -. Il nostro c.t. deve andarne orgoglioso. Una partita si può vincere o perdere anche per episodi, ma chi studia calcio sa quanto lavoro c'è dietro e la lunga striscia di risultati positivi e l'approdo a questa finale degli Europei hanno radici profonde. Il nostro calcio d’altra parte è sempre stato fatto di studio, applicazione e conoscenze. Ci sarà un motivo se nei grandi tornei siamo quasi sempre arrivati fino in fondo. L’Italia resta una garanzia. Lo dice la nostra storia".

In un altro passaggio, Conte sottolinea che "spesso in Italia vediamo l’erba del vicino più verde della nostra. Ma non sempre è così. Gli allenatori italiani sono tra i più bravi, completi e preparati al mondo. E sanno trasferire le loro conoscenze: la costruzione del gioco dal basso, lo sfruttamento del palleggio con il fine di verticalizzare il gioco e, ormai da diversi anni, anche fare un pressing ultra offensivo lasciando in fase difensiva degli uno contro uno. Ma nello stesso tempo, quando serve, sappiamo abbassarci, chiudere gli spazi, occupare la nostra metà campo, difenderci, ripartire. Nel calcio per vincere bisogna saper fare tutto, in base ai momenti della partita. Se sei bravo solo in una cosa, non sempre basta. I nostri giocatori sono stati allenati a gestire tutte le diverse fasi di gioco. Ci sono momenti in cui pressare alto, altri in cui essere sotto palla sulla trequarti, altri ancora nella propria metà campo. A volte vieni costretto a farlo dall’avversario, ma spesso sono scelte per colpirlo, farlo aprire, sfruttare gli spazi, affondare nei suoi punti deboli. Spesso per descrivere una azione offensiva si usa semplicisticamente il termine ripartenza. Quest’ultima c'è solo ed esclusivamente quando non hai il possesso palla e la rubi agli altri. Se invece la palla ce l'hai tu, non è mai ripartenza, ma costruzione di gioco che può partire dal portiere e dalla difesa, dal centrocampo o nella metà campo avversaria se gli avversari si difendono bassi".
Sezione: Rassegna / Data: Ven 09 luglio 2021 alle 09:00
Autore: Stefano Bertocchi
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