Dalle pagine de Il Tirreno, Gianfelice Facchetti ha voluto dedicare un ricordo a suo padre Giacinto a undici anni dalla sua scomparsa. Raccontando tra le altre cose anche un aneddoto particolare: "Ho trovato vecchi scatti in cui vestito da cestista Giacinto sfida i giocatori della Simmenthal Milano in una partita amichevole di basket. È immortalato con stile adeguato mentre salta sotto canestro insieme con Massimo Masini ed è difficile credere che quell’incontro tra giganti non sia stato vero. Che fosse in uno stadio, su una pista di atletica o sul parquet di un palazzetto, era in armonia con ciò che stava facendo, sembrava fosse nato per lo sport qualunque esso fosse e in ogni occasione che gli si presentasse davanti, si dedicava con lo spirito puro del principiante, quello di chi non si stanca mai di imparare e migliorarsi. Anche con il tennis era andata così! Dopo aver smesso di giocare a calcio, aveva cominciato daccapo con la racchetta e continuò a giocarlo in ogni stagione dell’anno con curiosità e passione fino a pochi mesi dall’addio.

Gianfelice prosegue: "Fu proprio la voglia di correre sulla terra rossa senza un fastidio al ginocchio, a convincerlo a operarsi: scoprì di avere a che fare con qualcosa di grande perché trovò la pallina più insidiosa di sempre. Della sua ultima estate ricordo i pomeriggi al tennis di Selvino, “buen retiro” di agosto, giocando a carte con la vita, un occhio a denari, coppe e bastoni, l’altro verso i campi pochi metri più in là, sognando di presentarsi al servizio il prima possibile, elegante e pettinato come sempre. Non è solo un’idea forte di calcio quella che ci ha lasciato e di cui è stato testimone fortunato insieme con la sua generazione, papà ci ha messo davanti agli occhi anche un’idea possente di sport visto e vissuto fino in fondo come una delle esperienze più belle e emozionanti che la nostra esperienza terrena possa regalarci. Guardava tutto con stupore e l’ammirazione di chi conosce la fatica per esserci a costo di sacrifici e allenamenti, soffriva e gioiva per la nostra bandiera a un’Olimpiade di atletica o un Mondiale di calcio, si arrabbiava se qualcuno di noi figli si fosse concesso a qualche commento banale da bar. Senza dirlo a parole, rintracciava in tutto lo sport, calcio compreso, qualcosa di sacro, desiderava che anche noi fossimo educati a questo: 'Annusa i fili d’erba, certi giorni profumano di cielo!'".

Sezione: News / Data: Gio 07 settembre 2017 alle 13:32
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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